Da commesso in un supermercato a miglior giocatore undrafted di sempre nella storia della NFL, il campionato professionistico di football americano: questo è il destino che ha visto protagonista Kurt Warner, diventato dopo l'exploit agonistico per ben due volte MVP della lega, campione del Super Bowl e quarterback della Hall of Fame.
Ma come vi raccontiamo nella recensione di Non mollare mai, Kurt ha dovuto sudare sette camicie per coronare il suo sogno. Considerato da molti già troppo vecchio per diventare una stella e vittima egli stesso di decisioni sbagliate e di una generale insicurezza che gli ha tarpato più volte le ali, Kurt ha trovato fondamentale appoggio da parte della compagna Brenda: la donna, madre di due figli avuti da un precedente matrimonio, sarà fondamentale per la sua svolta di carriera, trasformando le sue incertezze in una fede profonda e concreta.
Gli sfavori del pronostico
Il titolo originale è American Underdog e ben si adatta a quanto raccontato in questo film biografico: il termine infatti, poco conosciuto a chi non anglofono, indica la figura dello sfavorito in un contesto sportivo o politico. In questo caso è il mondo del football americano a caratterizzare le due ore di visione, che ripercorrono la vera storia di Kurt Warner, diventato contro ogni previsione un giocatore fondamentale per la sua squadra, i Rams, arrivando a disputare ben dodici campionati tra i professionisti nonostante molti tra gli addetti ai lavori lo avessero etichettato come una promessa mancata. Certo questo ragazzone con il fisico da armadio - e a vestirne i corpulenti panni è quello Zachary Levi ora nelle sale con lo sfortunato Shazam! Furia degli dei (2023) - è inizialmente causa del suo stesso mal e non a caso si piange addosso, fino a quando non ritrova ispirazione nella figura salvifica di Brenda, un'intensa e complementare Anna Paquin.
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God bless America
Non mollare mai ci trascina nel cuore di una nazione figlia dei relativi archetipi, con le stelle dello sport che diventano una sorta di eroi, simbolo di quell'American Dream per il quale anche gli sconfitti possono ottenere la loro rivincita, basta che ci mettano tutto il loro impegno e, perché no, anche un pizzico di fede in Dio, ennesima concessione agli stereotipi che però sono appunto frutto della reale vicenda che ha visto per protagonista il vero Kurt. E poi ancora i catastrofici eventi climatici, con i tornado che sconquassano le varie zone degli Stati Uniti a lasciare indelebilmente il segno sui personaggi, la presenza del figlio ipovedente di Brenda e il passato della donna nel corpo dei marines: sembra opera della penna di uno sceneggiatore hollywoodiano, ma in realtà è tutto accaduto realmente, come ci confermano ulteriormente i filmati di repertorio e le note esplicative a precedere i titoli di coda.
Una messa in scena prevedibile
Vi è anche una breve introduzione alle dinamiche dell'Arena Football League, ovvero il football a 8 che si giocava al coperto in determinate aree: una disciplina considerata come una sorta di seconda opportunità per chi non era riuscito a sfondare nel campionato maggiore, perlopiù sconosciuta al di fuori dei confini a stelle e strisce. Peccato che nelle molteplici riprese agonistiche la regia sia a tratti troppo tecnica, preferendo concentrarsi sulla precisione degli schemi che su un senso dello spettacolo adatto al grande pubblico. Difficile che Non mollare mai possa appassionare uno spettatore non già fan del relativo sport, in quanto di racconti motivazionali a tema si è visto molto di meglio. Lo stile dei fratelli Andrew e Jon Erwin è alquanto convenzionale e priva di guizzi, rendendo fin troppo sterile un'epica sportiva che avrebbe necessitato di un maggior trasporto per conquistare un consenso eterogeneo. D'altronde i registi in carriera hanno firmato diversi titoli assimilabili al filone dei Christian-movie - tra i quali anche l'assai simile Woodlawn (2015), altro bio-pic ambientato nel mondo del football americano - e anche in questo caso la preponderanza religiosa è ben marcata quale costante accompagnamento alla storia di riscatto attraversata dal protagonista, finendo per affievolire quel sano contesto di sfida che avrebbe potuto imprimere maggiore energia alla qui scolastica messa in scena.
Conclusioni
Quando pensava di dover sigillare per sempre il suo sogno in un cassetto, Kurt Warner è riuscito a realizzare le sue ambizioni con un colpo di coda, l'ultimo possibile in una carriera mai realmente iniziata e che sembrava già sul viale del tramonto. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Non mollare mai, questo bio-pic racconta l'incredibile carriera del giocatore di football americano, che è passato dal fare il commesso in un supermercato ad essere eletto miglior giocatore del SuperBowl. Un film motivazionale, tra religione e tipica retorica dell'American Dream, dove le emozioni sono telefonate e l'agonismo è schiavo di alcuni schematismi che penalizzano lo spettacolo a tema.
Perché ci piace
- Anna Paquin brilla in un cast altrimenti anonimo.
- Zachary Levi ha il giusto physique du rôle...
Cosa non va
- ... ma non impressiona in un personaggio ad alto rischio stereotipi.
- Una messa in scena canonica, che si affida a una retorica scontata e tipicamente americana a discapito del sano agonismo di genere.