"Ho realizzato il mio sogno, ossia raccontare questa storia e fare un film con una grande produzione. Non vengo da una famiglia di artisti, quindi camminare nei corridoi della Warner Bros e capire che mi stavano producendo un film non è stato esattamente un evento normale."
A parlare con entusiasmo ed una emozione evidente è Edoardo Leo in occasione della presentazione del suo Noi e la Giulia, terzo film come regista realizzato con l'appoggio della Lucisano Film e di una famiglia cinematografica che lo accompagna dai tempi di Diciotto anni dopo.
Questa volta al centro della sua commedia c'è il romanzo di Fabio Bartolomei, Giulia 1300 e altri miracoli, ed un gruppo di diversamente "falliti" uniti dal desiderio di realizzare il famoso e sempre necessario piano B. A dire la verità, però, Diego, Fausto e Claudio, con l'aggiunta del più maturo Sergio, rappresentano un gruppo di soci poco prevedibili e amalgamabili. Però, come spesso accade nella vita, è proprio nell'assurdo e nell'apparentemente impossibile che nascono le unioni più solide. A metterli imprevedibilmente insieme è un casale immerso nella campagna lucana e il sogno di costruire qualche cosa di concreto. Ma, e nelle migliori storie c'è sempre un ma, a mettere i bastoni tra le ruote ai loro propositi arriva un piccolo esponente della camorra locale mandato a reclamare il pizzo.
Arrendersi e pagare, a questo punto, sembrerebbe essere la scelta più ragionevole ma non per Sergio che, deciso a dare voce alla sua natura di combattente, atterra il malavitoso e da il via ad una serie di avventure/sventure a catena. Nonostante i due sottotesti, ossia la necessità da parte di una generazione di cambiare la propria vita e le difficoltà che si contrappongono a questo desiderio, il film non ha alcuna intenzione di presentarsi come un racconto sociale o lo spaccato di una realtà ma, attraverso il potere taumaturgico della risata vuole raccontare una storia, mettere in ridicolo alcuni sistemi poco leciti come la camorra e riuscire a divertire il pubblico. "Per approfondire alcune tematiche dal punto di vista sociale c'è il così detto cinema d'impegno - spiega Leo - per quanto mi riguarda io sono un commediante e guardo la realtà proprio attraverso la lente deformante della commedia. Non credo che il cinema debba dare messaggi, non ha uno scopo didattico. Almeno io non ho nessun messaggio da lasciare ai posteri. Le commedie hanno il compito di raccontare quello che succede da un punto di vista particolare. Indubbiamente ci tengo a realizzare film che non siano slegati dal momento storico, anche se il mio scopo principale è far divertire. Altrimenti fallisco come commediante."
E a contribuire a questo racconto ironico, che verrà distribuito in sala dal 19 Febbraio, è soprattutto uno dei casting meglio realizzati degli ultimi anni, capace di reggere il confronto con la commedia rivelazione dell'anno scorso Smetto quando voglio. E su questo set ambientato unicamente fuori e dentro il casale, si sono ritrovati proprio Edoardo Leo e l'ex chimico disoccupato Stefano Fresi, questa volta nei panni di un commerciante fallito e sull'orlo del divorzio. I due sono stati raggiunti da Luca Argentero, in versione Clark Kent con tanto di pettinatura composta e occhiali dalla montatura scura, dal barbuto Claudio Amendola dal piglio nostalgico e rivoluzionario, da una Anna Foglietta tatuata e evidentemente in dolce attesa e, per finire, da Carlo Buccirosso nei panni di un mafioso amante della musica classica e delle macchine d'epoca. L'unico problema, a detta dei protagonisti è che, ancora una volta, non si assiste nemmeno ad un bacio. Una critica cui Leo risponde così "Questa è la nostra risposta a Cinquanta sfumature di grigio. Guardate il film e poi fate l'amore invece di guardare altri che lo fanno"
C'era una volta un comunista, un pavido, un coatto e un uomo cortese
Come lo stesso regista ci ha tenuto a precisare, questo è un film di personaggi e, ogni singolo elemento umano rappresenta l'ingrediente indispensabile per modulare una commedia che cede raramente solo a dei piccoli cali "fisiologici". La regola basilare, almeno in fase di scrittura, è mettere insieme dei caratteri profondamente diversi, ma quello in cui Leo riesce perfettamente è nell'individuazione dell'interprete cui affidare il singolo personaggio, piegandolo anche a delle necessità estetiche ben precise. Per questo motivo il dolce e costernato Diego, nonostante le educate e documentate rimostranze di Argentero, esibisce chiaramente una cadenza piemontese "scaccia figa", come l'ha definita lo stesso attore, mentre Anna Foglietta si è messa a disposizione del film nonostante la gravidanza avanzata portando il regista a cambiare la sceneggiatura per lei. Il tutto, naturalmente, prendendosi consapevolmente qualche rischio e portando la commedia un po' oltre.
Tra tutti loro, però, fatta forse eccezione per la "pelata" di Fresi, spicca l'interpretazione di Claudio Amendola nei panni di un uomo che sembra conoscere molto bene, soprattutto per quella sorta di delusione culturale e ideologica che lo accompagna. "Effettivamente Franco non mi è sconosciuto. Conosco il dramma interiore, la rabbia repressa e, soprattutto, le magliette che indossa, visto che sono le mie. Quando Edoardo mi ha fatto leggere il libro ed ho cominciato a confrontarmi con lui mi sono messo a ridere. Era molto simile a me e a molti mie amici con cui, a volte, ci si scambia degli sguardi fatti _di ali e di gabbiani ipotetici, tanto per rubare un'emozione a Gaber. Per questo motivo è stato importante interpretarlo e dotarlo di un'autoironia necessaria per affrontare le delusioni della vita. E poi, grazie a lui ho capito quanto mi sta bene la barba." Da parte sua Leo ha lasciato per se il ruolo di Franco, anzi, Franco Maria per le donne, visto che il gentil sesso sembra gradire un tocco di delicatezza femminile in qualsiasi uomo. Venditore televisivo di Rolex falsi e gradasso di natura, rappresenta l'uomo medio, uno che ha solo tre ideali ma ne ricorda a stento due. "Franco è un insieme di luoghi comuni, compreso il razzismo e l'ideologia di destra che in lui non è nemmeno questo. Quando però viene messo all'interno di una realtà chiusa come il casale e si rende conto che i suoi unici amici sono un comunista, un camorrista e due uomini pridenti, entra in crisi ma riesca a cambiare prospettiva. Perché il problema vero di quest'uomo e dell'intera situazione è l'ignoranza a tutti i livelli."._
L'importanza di avere un piano B
Ma se il cinema non li avesse accolti nella sua costante precarietà, quale sarebbe stato il piano B dei protagonisti di Noi e la Giulia? Per la Foglietta la via di fuga dalle delusioni artistiche era rappresentato dall'università e dalla professione di ufficio stampa per degli eventi live. Pochi giorni dell'inizio di una stage, però, la sua agente viene scelta come protagonista de La squadra. Amendola, invece, ha ammesso che i suoi piani B sono tutti falliti miseramente. "Non sto esagerando, qualsiasi cosa abbia tentato oltre il cinema non è andato a buon punto, anzi, mi ha portato solo a perdere un po' dei soldi che avevo guadagnato. A questo punto lo prendo come un segno dell'universo. Io non debbo diversificare e morirò, il più tardi possibile, come attore." Diverso è il caso di Argentero che, da torinese laborioso, è arrivato alla realizzazione del piano F, come ama dire. "Io ho molti progetti in ballo, una piccola casa di produzione e un brand di abbigliamento ad esempio, che seguo con entusiasmo e grande attenzione. Tutte queste attività, però, sono unite da un elemento comune che è la creatività dei giovani espressa in vari campi." Chiude questa carrellata Fresi, che con la solita ironia scanzonata ammette: "Io sono nel pieno del mio piano B. Considerate che da ragazzini volevo diventare un campione di atletica leggera. Praticamente sono una promessa non mantenuta."