Van Gogh morì povero, e la sua arte fu capita solo dopo. Che questo destino capiti ai pittori è una cosa a cui siamo abituati. Meno per quel che riguarda i cantanti. Nella recensione di Nick Drake - Songs In A Conversation vi parliamo di un film molto particolare, che ci ha fatto conoscere la storia di un cantante che morì senza aver raggiunto il successo, anzi ignorato dai più, per poi diventare piano piano un cult. È capitato spesso con cantanti rock e pop, ma sempre dopo che, comunque, in vita erano già delle star. La storia di Nick Drake ci insegna che si può essere significativi nella vita di qualcuno anche senza essere una star.
Il film di Giorgio Testi, scritto da Roberto Angelini, Domenico Brandellero e Rodrigo d'Erasmo, in onda il 25 novembre su Sky Arte dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma, è girato e costruito con grande cura e, visto quello che è il suo obiettivo, non tenta mai di spettacolarizzare con colpi di teatro, ma va dritto al punto: quello di divulgare. E l'obiettivo è riuscito: una volta visto il documentario avrete voglia di andarvi a comprare i dischi di Nick Drake, tutti e tre, e ascoltarli a lungo.
La trama: Nick Drake, sconosciuto fin che era in vita
Nick Drake, cantautore inglese, è morto il 25 novembre del 1974, dopo soli tre dischi all'attivo. Fino a che era in vita è rimasto praticamente sconosciuto. Si è esibito dal vivo pochissime volte. Eppure, con il passare del tempo, le sue canzoni sono riuscite a vivere, a raggiungere la gente. Pink Moon, il suo terzo e ultimo album, è infatti considerato oggi un disco di culto. Roberto Angelini, cantautore, e Rodrigo D'Erasmo, violinista, hanno deciso di fare un tour e un disco dedicati a Nick Drake. "Ascoltandolo hai la sensazione di essere partecipe alla sua esistenza" raccontano.
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Manuel Agnelli: Nick Drake è l'anomalia, non puoi metterlo in una scatola
A volte una discografia, e soprattutto l'ordine in cui sono usciti i dischi, può dire molto su un artista. Nel film Roberto Angelini ci racconta che, erroneamente, pensava che Pink Moon fosse il primo disco di Drake, acustico e solitario, Five Leaves Left il secondo, più arrangiato e orchestrale, e Bryter Layter il terzo, il tentativo di rivestire le sue canzoni in maniera più pop e lanciarlo verso il successo. In realtà le cose non sono andate così: Five Leaves Left era il primo disco, già arrangiato a dovere e completo, Bryter Layter era il secondo, in effetti il tentativo di lanciare Drake in un mondo più pop. Ma Pink Moon, considerato il suo capolavoro, è in realtà il suo ultimo disco, quello in cui viene fuori la sua depressione, il suo bisogno di stare da solo. "È il disco nudo" racconta Manuel Agnelli. "Nel disco precedente gli arrangiamenti cercano di posizionarlo in qualche modo, ma lui è un'anomalia, non puoi metterlo in una scatola".
I suoni di Nick Drake
Uno dei pregi di Nick Drake - Songs in a Conversation è quello di parlare di musica, cosa che, vi sembrerà strano, i film musicali spesso dimenticano. Roberto Angelini, chitarra alla mano, ci spiega che Nick Drake suonava senza plettro, ma con pollice e indice, e in questo modo "la chitarra era più larga": suonata con due dita, è come se diventassero due chitarre. Piers Faccini ci spiega delle influenze indiane e gospel nella sua musica, in un pezzo come Horn*. Ci mostra, suonando, dei collegamenti con la Gnawa (una musica spirituale nordafricana), e la Hausa (una musica folk della Nigeria e del Niger): suoni e tradizioni che pochissimi di noi conoscono. E la bellezza di questo film sta proprio qui, nel permetterci di conoscere: non solo il mondo di Nick Drake, ma anche altri mondi.
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La musica di Nick Drake, dal vivo, all'aperto, nel verde
La particolarità del film è quella di proporre la musica in cornici spesso poco frequentate. In omaggio al mondo di Drake, che viveva nella campagna inglese, le canzoni sono suonate e riprese sempre nel verde, all'aria aperta. Nella campagna romana dove vive Niccolò Fabi, o al Parco degli Acquedotti a Roma; nella casa di campagna dove è cresciuto Manuel Agnelli, o nel cimitero di Tanworth-in-Arden, dove sono interrate le ceneri di Nick Drake. Siamo lontanissimi da qualsiasi idea di rockumentary, non ci sono palchi, amplificatori, studi di registrazione. E quando uno studio c'è, è quello dove Joe Boyd registrò i dischi di Drake, ed è immerso nel verde della campagna inglese. C'è un'enorme cura nel riprendere queste intense esibizioni intime e bucoliche.
Now we rise and we are everywhere
Adele Nigro considera Nick Drake un cantautore delicato, nonostante la sua inquietudine. E dice di sentirlo comunque vicino, essendo stato un artista attivo già a vent'anni, che è più o meno la sua età. Gli piace quel verso, "Now we rise and we are everywhere" ("e ora sorgiamo e siamo ovunque"), un verso tratto dalla canzone From The Morning, che Adele ha scelto di cantare nel film. La forza di Nick Drake funziona anche perché lascia spazio alle emozioni personali degli artisti intervistati. Se la Nigro sente la vicinanza di Drake, considerandolo un suo coetaneo, così Giovanni Appino degli Zen Circus spiega di essersi avvicinato a Drake nel 1999-2000, quando viveva un periodo difficile, e aveva bisogno della tranquillità e la calma delle sue canzoni. Insieme a D'Erasmo e Angelini canta Parasite, sottolineando la modernità della canzone. Potrebbe essere stata scritta pochi anni fa. E ha ragione: gli accordi hanno qualcosa di beatlesiano, ma anche qualcosa del grunge anni Novanta, potrebbe essere un pezzo dei Nirvana o degli Alice In Chains.
Grazie Chris Blackwell!
E l'accostamento ad artisti tormentati non è casuale. Anche perché parlare di Nick Drake vuol dire anche parlare di un artista che ha proposto la sua musica e ha ricevuto "un educato no da parte del mondo", come racconta Joe Boyd, il produttore dei suoi dischi. Che ci svela un altro retroscena, che ha fatto sì che Nick Drake potesse arrivare fino a noi. È stato Chris Blackwell, il fondatore della Island Records (uno che, non a caso, ha scoperto Bob Marley e gli U2) che ha fatto sì che i dischi di Nick Drake rimanessero in catalogo. È una cosa inusuale, perché i dischi, se non vendono, vengono buttati. È una triste usanza. Ma Chris Blackwell, evidentemente, ha avuto ragione. Nick Drake, alla fine, ha avuto ragione anche lui. E, come dice quel verso di From The Morning, "now we rise and we are everywhere", è salito alla ribalta e ora è ovunque. Nei cuori di migliaia di persone.
Conclusioni
Nella recensione di Nick Drake - Songs In A Conversation vi parliamo di un film girato e costruito con grande cura e con l'obiettivo di divulgare. E l'obiettivo è centrato: una volta visto il documentario avrete voglia di andarvi a comprare i dischi di Nick Drake, tutti e tre, e ascoltarli a lungo.
Perché ci piace
- Uno dei pregi del film è quello di parlare di musica, cosa che i film musicali spesso dimenticano.
- La particolarità del film è quella di proporre la musica in cornici spesso poco frequentate.
- La bellezza del film sta nel permetterci di conoscere il mondo di Nick Drake, ma anche altri mondi musicali.
Cosa non va
- Non è un difetto, ma si tratta di un film per appassionati di musica, che evita ogni spettacolarizzazione.