My name is Sara, presentato, in anteprima mondiale al Giffoni Film Festival 2019 nella sezione Generator +13, prima opera di finzione di Steven Oritt, ha ottenuto il premio Premio "Percorsi Creativi", assegnato dalla giuria CGS - Cinecircoli Giovanili Socioculturali. La pellicola, ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, racconta la vera storia di Sary Guralnik, bambina polacca costretta a negare di essere ebrea per salvarsi dall'Olocausto.
Nel ruolo della protagonista Zuzanna Surowy, esordiente: due occhi che bucano lo schermo e un talento da coltivare. Abbiamo incontrato la giovanissima attrice e Steven Oritt a Giffoni: perché, secondo loro, molte persone oggi negano ancora che l'Olocausto sia realmente accaduto? È quindi importante continuare a film che lo raccontano? "È molto importante raccontare queste storie, ma non è stato il motivo per cui ho fatto questo film" ci ha detto il regista, spiegando meglio "Non l'ho diretto perché penso che sia importante educare le persone. Ovviamente conosco l'argomento trattato e, essendo ebreo, sono connesso al tema, ma ho cercato di concentrarmi sopratutto sul raccontare una buona storia, una storia interessante. Se il pubblico si immedesimerà allora sarà anche un'occasione per imparare qualcosa. Una delle cose di cui sono più orgoglioso è che il film non distingue in bianco o nero: ho cercato di rimanere in una zona neutra. Spesso le persone dicono: se fossi vissuto all'epoca avrei fatto questo o quello, ma la verità è che nessuno sa come avrebbe reagito. Abbiamo cercato di focalizzarci sulle sfumature di una straordinaria storia di sopravvivenza."
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È importante quindi vedere film come My Name Is Sara e studiare la storia? Per Zuzanna Surowy sì: "Credo sia molto importante sapere cosa è successo al tuo paese, come si è formata la tua cultura: sono contenta che le persone lo scoprano raccontando queste storie. È un avvertimento per il futuro: non vogliamo vivere in quel modo. Vedere cosa è successo può aiutare a non farlo accadere di nuovo."
La video intervista a Steven Oritt e Zuzanna Surowy
Odio e social media: oggi le cose sono davvero cambiate?
In My name is Sara vediamo che la protagonista non può fidarsi quasi di nessuno: oggi denunciare una persona sarebbe molto facile, sopratutto grazie ai social, in cui l'odio per chi è diverso, sia per religione, colore della pelle o orientamento sessuale, non è affatto diminuito. La tecnologia si è evoluta, ma la nostra mentalità non è cambiata così tanto. Non abbiamo imparato nulla dalla storia? "È una domanda davvero difficile a cui rispondere" ci ha detto Oritt, proseguendo "Sono ispirato da persone con una mentalità aperta, voglio circondarmi di persone così, lavorare con loro, crescere figli dalla mente aperta, che siano empatici. Purtroppo, nella società di oggi, le persone sono sempre meno empatiche: non si preoccupano della persona dietro lo schermo. I social media sono fantastici, ma per certi aspetti sono anche pericolosi." Per l'attrice invece: "Siamo tutti sui social media, siamo così concentrati su quello che ci mostrano che non lo mettiamo in discussione. Non ci preoccupiamo che sia vero o se sia un bene."
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Fortuna e determinazione: il segreto della sopravvivenza
My name is Sara è sopratutto una storia di sopravvivenza: quanto è determinante la fortuna e quanto invece il carattere di una persona può influire in una situazione di vita o di morte? Per il regista: "Quando ho parlato con Sara, ricordo che diceva sempre di essere stata fortunata: molto dipende sicuramente dalla fortuna, perché è casuale, ma ci deve essere anche una spinta, la volontà di vivere. Sarah aveva questo desiderio di vivere, di seguire le istruzioni della madre per sopravvivere: la sopravvivenza era la loro vendetta, portare avanti il loro retaggio. Ha affrontato il mondo in questo modo e si è creata la sua fortuna." D'accordo Surowy: "Credo che sia un insieme: la fortuna è molto importante, per sopravvivere devi essere nel posto giusto al momento giusto. Ma è molto importante anche chi sei: se Sara non fosse stata così forte, diretta e determinata non sarebbe sopravvissuta. Per sopravvivere è molto importante essere fortunati, ma dipende anche da te."