Da qualche anno i grandi Studios stanno affidando blockbuster importanti ad autori conosciuti soprattutto per il loro cinema indipendente. Pensiamo a Barbie, commissionato a una regista e sceneggiatrice come Greta Gerwig, oppure a Doctor Strange nel Multiverso della follia, diretto da Sam Raimi. Per Mufasa - Il re leone, prequel sia del classico di animazione anni '90 sia del live action di Jon Favreau, Disney ha scelto Barry Jenkins, premiato con l'Oscar alla migliore sceneggiatura per Moonlight (anche miglior film del 2017, ormai entrato nella memoria collettiva soprattutto per il clamoroso errore che ha visto la statuetta andare da La La Land all'opera di Jenkins).
Arrivato in sala, il film racconta la storia del giovane Mufasa, che, al contrario di quanto potessimo immaginare, non è stato sempre destinato a diventare re. Anzi. Questo è il viaggio di un leone che si è guadagnato sul campo il diritto di essere un leader. Lo vediamo infatti separato dalla sua famiglia d'origine e poi adottato da quella di Taka, suo coetaneo, figlio di un capobranco, Obasi.
La sceneggiatura di Jeff Nathanson ci suggerisce che, proprio perché non educato da Obasi, ma dalla leonessa Eshe, Mufasa ha imparato a rispettare tutti, a vivere in armonia con la natura e a rendersi utile. Nella nostra intervista Barry Jenkins ci parla di questo e del Cerchio della vita, qui messo in discussione proprio dagli antagonisti.
Mufasa - Il re leone: intervista a Barry Jenkins
Il re leone compie 30 anni proprio in questo 2024: l'apertura con il sole e la colonna sonora di Hans Zimmer è, per chi l'ha vissuta, una delle esperienze più belle e memorabili in una sala cinematografica. Anche per Jenkins è stato così? E quanto ha influenzato il suo Mufasa: Il Re Leone?
Il regista: "È interessante: non ricordo di quando ho visto il film per la prima volta. Mi ricordo meglio il periodo in cui l'ho visto più e più volte mentre facevo da babysitter ai miei nipoti e li controllavo. Il cerchio della vita, sì, era così bello. Ma mi ricordo di averli osservati di più mentre guardavano la scena dopo la carica della mandria, in cui Simba si avvicina a Mufasa e ho capito quanto fossero complesse le emozioni che questo film stava facendo provare a dei bambini. Questo è ciò che ricordo di più".
I villain di Mufasa - Il re leone
Si dice che più il cattivo è riuscito, più la storia è riuscita. In questo caso Mufasa - Il re leone può contare su ben due villain: il più evidente, Kiros (doppiato nella versione originale da Mads Mikkelsen), capo degli outsider, leoni albini, e uno più insidioso, Taka, che almeno inizialmente considera Mufasa un fratello. Kiros dice che il cerchio della vita è una bugia. È davvero così?
Jenkins: "Non so se sono d'accordo con lui, ma penso che abbia una prospettiva e che questa prospettiva derivi dalla sua esperienza di vita. Mads Mikkelsen ha fatto un ottimo lavoro, simile a quello di Jeremy Irons nel film originale: ovvero portare questa ferita, questa amarezza, questo dolore nella sua interpretazione di Scar. In questo film abbiamo la possibilità di esplorare quella stessa ferita, quell'amarezza, quel cuore spezzato anche con Taka. Mads è Kiros, il leader degli outsider, che sono ostracizzati perché hanno un aspetto diverso dagli altri leoni. Hanno un'anomalia genetica che crea un manto più chiaro. Per questo motivo, sono costretti a uscire dal cerchio della vita. La sua opinione al riguardo è: se non posso farne parte, non dovrebbe esistere. Penso che sia un punto di vista molto interessante da interpretare per un attore: dà una motivazione molto complessa del perché questo gruppo di leoni, questi outsider, si siano evoluti in dei cattivi".
Mufasa - Il Re Leone, recensione: il tocco di Barry Jenkins e la forza di un ottimo live action
Essere un buon leader
Un tema importante del film è cosa renda tale un buon leader. Obasi insegna a Taka che i maschi proteggono i branco mentre dormono, questo è il vero potere. E quindi manda Mufasa a cacciare con le femmine, pensando sia qualcosa di umiliante. Invece è proprio così che il giovane leone diventa un adulto pieno di risorse. È così che si diventa migliori, cercando di apprendere da tutti?
Barry Jenkins: "In questo film, attraverso il viaggio che Mufasa compie, si crei, almeno secondo me, un'immagine davvero meravigliosa di ciò che rappresenta, di ciò che sia un grande leader. Ma sai una cosa? Vado oltre Mufasa: pensiamo a Eshe, che in realtà è la madre di Taka, ma adotta Mufasa. Il modo in cui gli insegna a essere un tutt'uno con gli elementi, a rispettare la vita di tutti gli animali... Credo che l'idea di imparare dai propri antenati, imparare dal proprio ambiente e non porsi al di sopra di nessun altro, sia una rappresentazione meravigliosa della leadership. Il motivo per cui Mufasa può crescere fino a diventare l'adulto che abbiamo incontrato nel film originale del 1994 sono proprio gli insegnamenti ricevuti da questa famiglia acquisita, da cui ha appreso come essere utile, il potere di vivere in armonia con tutti gli altri elementi e gli altri animali".
La conoscenza femminile
E, come dicevamo, una conoscenza importante viene proprio dalle leonesse: che non hanno il titolo di capobranco, ma, di fatto, sono quelle che svolgono le mansioni pratiche per la sopravvivenza del gruppo. Per il regista questo è un aspetto cruciale: "Questo è molto importante nel film. È stata una delle cose che mi sono piaciute di più del progetto, quando l'ho letto per la prima volta. Il Re Leone è sempre stato incentrato sull'idea di padri e figli. È ancora molto importante anche in questo film. Anche se in questo caso, a volte, si tratta di una cattiva educazione da parte del padre: pensiamo al modo in cui Obasi interviene nella vita di Taka. Ma mi piace che qui si possa ampliare il discorso: il patriarcato è ancora importante, ma le matriarche sono altrettanto importanti".
Rafiki, il visionario
Forse il personaggio più interessante di tutti in Mufasa - Il re leone è Rafiki: la scimmia, che qui finalmente chiarisce di non essere un babbuino, come tutti pensavamo, ma un mandrillo, ha il ruolo di storyteller: è lui che racconta a Kiara, figlia di Simba e quindi nipote di Mufasa, la storia del nonno. Tra le tante battute memorabili che ha c'è questa: "Non è importante ciò che si vede, ma ciò che si sente". In quanto regista, e quindi narratore a sua volta, Barry Jenkins concorda con Rafiki?
L'autore: "Sì, ho visto così tante possibilità nella sceneggiatura, così tante piccole frasi, dette soprattutto da Rifiki. L'altra che dice e che adoro è: non è quello che eri, ma quello che sei diventato, che penso sia davvero meraviglioso, perché Mufasa manifesta il proprio destino. Io lavoro con i sentimenti. Indipendentemente da ciò che sto creando, lavoro sempre a partire dal sentimento. Cerco di uscire dal mio cervello e di entrare nel mio cuore, nella mia pancia. Sento sempre che questo è un modo più diretto per accedere a ciò che è in me e può essere utile per creare immagini e raccontare queste storie".