Il weekend; la tv accesa; ed è subito WWE e il magnate Mr. McMahon. Per molti della generazione millenial il volto di Vince McMahon va oltre la natura di meme. Era l'immagine di una parte di infanzia, di lotte tra fratelli, o amici, di divani disfatti e di icone come John Cena, Undertkaer, Eddie Guerrero, o The Rock. Ma dietro quel filo di malinconica nostalgia per un'infanzia lasciata alle spalle, e messa a ko dallo smackdown del presente, vive qualcosa di ombroso, oscuro, che Chris Smith nella docu-serie firmata Netflix, Mr. McMahon, intende portare a galla.
"Sembra Succession in salsa wrestling"
Nel wrestling tutto è premeditato: le botte sono parti di una coreografia preparata a menadito. Eppure lo spettacolo è reale: generato da improvvisazioni e fuori programma, ciò che si offre al pubblico è il risultato di una girandola di puro caos, parti di una torre di jenga pronti a cadere all'improvviso. E anche la realizzazione di Mr. McMahon sembra paradossalmente replicare i dettami essenziali posti alla base di una lotta di WWE. Tutto parte come una raccolta di interviste inedite, atte a tracciare le fasi essenziali di una ascesa come quella di Vince.
Le parole, i racconti e gli sguardi in camera di famigliari, nemici, ex star della WWE si alternano alla riproposizione sia di momenti storici e iconici del programma, che di filmati di repertorio, alcuni dei quali del tutto inediti. Tutto perfetto, tutto controllato. Ma una volta spente le telecamere, ecco che la notizia prende largo, lo scandalo ingloba tutto come uno tsunami su una costa tropicale. È l'improvvisazione, l'evento che non ti aspetti, il colpo assetato di sorpresa che ti porta a riprendere il documentario per integrarlo dei nuovi scandali che hanno coinvolto McMahon, spingendolo addirittura alle dimissioni da capo della WWE.
Mr. McMahon e il più grande spettacolo wrestler del mondo
Abusi sessuali, somministrazione di sostanze stupefacenti e di steroidi: ogni tassello inizia a cadere nella torre di avorio costruita da McMahon, e ogni impatto sul suolo corrisponde a un'indagine approfondita, sostenuta da una dovizia di dettagli e testimonianze da parte di Chris Smith. È lo spettacolo che incontra la cruda realtà; il grande imbonitore che tenta di celare lo sporco sotto il tappeto del ring. Per un personaggio come McMhaon tutto diventa spettacolo: che sia l'apparizione in tribunale per una condanna, la diretta di un nuovo programma, oppure la partecipazione a un documentario deciso a scavare nella sua carriera, l'uomo non si tira indietro, ma si getta a capofitto nella speranza di uscirne vincitore. Il punto di forza del documentario firmato Netflix è proprio la volontà di lasciare la natura di intrattenimento e puro spettacolo alle sole immagini di archivio. Il resto viene affidato a un'analisi oggettiva dei fatti, all'ascolto di ogni parte in causa, lasciando ai propri spettatori la possibilità di formulare un pensiero personale circa una figura così mefistofelicamente interessante, quanto respingente.
Il wrestling come proiezione dello spirito americano
Basato su storyline semplici, nelle mani di Vince McMahon il mondo del wrestling diventa una soap opera dalla trama meno contorta. Un microcosmo dove tutto è possibile, e i vizi e virtù di una società come quella statunitense vengono decontestualizzati e riproposti sotto nuove forme. Fortemente radicato nella cultura americana "fuori dall'ordinario e composta da grandi storie", il wrestling ne diventa proiezione metaforica, come dimostrano i momenti televisivi selezionati dal regista. Tra urla e boati, quelle selezionate da Smith sono inquadrature di insieme, o primi piani, attenti a cogliere ogni tipo di reazione da parte degli spettatori presenti sugli spalti, così da confermare le intuizioni di una mente vincente, e pronta a tutto, pur di accedere al successo, come quella di Vince McMhaon.
Mr. McMahon e una vita in sei episodi
Vivere da wrestler non deve essere facile. Sempre in equilibrio tra realtà e finzione, presti il tuo corpo ai colpi da subire e attutire, e la tua mente a una parte da restituire con fare naturale e "aggressivo". Ecco perché la scelta di seguire gli studi di un ex lottatore, adesso neuroscienziato, sulle conseguenze dei traumi cranici riportati dai wrestler (soprattutto alla luce del caso Chris Benoit) risulta alquanto vincente e interessante: significa non lasciare nulla per scontato, ma tutto accuratamente indagato. Un argomento che forse meritava più spazio di analisi, ma che finisce ben presto nel dimenticatoio, a beneficio di tanti, forse troppi, racconti, a volte inutili.
Quella compiuta da McMhaon nell'universo del wrestling è una corsa su una montagna russa attivata e mai fermatasi da quasi quarant'anni. Un legame profondo dal sapore di soldi, scandali e controversie legali impossibile da riassumere in pochi episodi. Sei episodi sono pertanto un buon compromesso, sebbene il running time di alcune puntate risulti alquanto eccessivo, sopratutto perché destinato a nozioni ed eventi che potevano essere affrontati in maniera molto più celere. Sono attimi sacrificati sull'altare dell'ambizione personale, e che vanno a intaccare un ulteriore sacrificio: quello dell'excursus personale del protagonista stesso. Da dove viene Vince? Quali sono i suoi difficili trascorsi? Quanto hanno intaccato gli abusi subiti da bambino nell'intimità della proprio contesto famigliare? Sono tutte informazioni suggerite, ma mai veramente affrontate, perché soppiantate dal racconto dei suoi successi e insuccessi.
Potrebbe essere ricordato come il genio dietro la nascita e i successi della WWE, ma l'opera di Smith riesce a rifuggire dalla facile agiografia, rivelando senza timori le azioni deplorevoli che offuscano i traguardi raggiunti da Vince McMahon. Una visione obiettiva, sostenuta da testimonianze da parte di chi lo ha amato, odiato e di chi lo ha seguito con fare sincero e giornalistico, senza mai divinizzarlo, ma lasciandolo cadere dal suo instabile piedistallo. Una caduta, quella di Vince, eseguita come un perfetto tombstone, senza traumi cranici, ma con molti danni personali.
Conclusioni
Mr. McMahon non intende presentarsi nelle vesti di un racconto elegiaco a beneficio del magnate della WWE, Vince McMahon; tutt'altro. Quello compiuto da Chris Smith è un viaggio in sei puntate lungo gli attimi e i momenti che hanno portato all'ascesa e finale caduta del protagonista. Un racconto eseguito con fare obiettivo e sincero, sostenuto dai racconti di chi McMahon l'ha amato, odiato e attanagliato con fare giornalistico. Ognuno partecipa liberamente, senza forzature o imbarazzi. Ciò che ne consegue è un ritratto tridimensionale di un uomo che ha venduto l'anima al dio dei soldi e del wrestling.
Perché ci piace
- La partecipazione di chi deve molto a Vince, e chi invece lo colpevolizza.
- L'uso dei materiali di repertorio, posti a stretto contatto con la portata mnemonica delle testimonianze rilasciate.
- Il desiderio di tracciare un ritratto quanto mai onesto e completo di Vince McMahon.
Cosa non va
- La durata di certi episodi che finiscono per risultare lunghi e inutili.
- Il non sfruttare certi argomenti, preferendoli ad altri già trattati o del tutto inutili ai fini del racconto.
- Non aver dato spazio a personalità come John Cena, o a eventi come la morte di Eddie Guerrero.