Quasi in contemporanea con l'uscita della nuova trasposizione del classico Assassinio sull'Orient Express, diretto e interpretato da Kenneth Branagh, la produzione letteraria di Agatha Christie gode di una rinnovata fortuna al cinema anche con un altro adattamento: quello di un romanzo, Crooked House (noto in Italia con il titolo È un problema), che fino a oggi non era ancora approdato sullo schermo (uno dei rarissimi casi per i libri della "regina del giallo").
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Produzione britannica per la regia del francese Gilles Paquet-Brenner (La chiave di Sara), e distribuito in Italia in anticipo su tutto il resto del mondo, Mistero a Crooked House rientra perfettamente nell'ambito del cosiddetto "giallo all'inglese", di cui restituisce pure le tipiche atmosfere dal gusto vintage: un'ambientazione nel secondo dopoguerra (il romanzo era stato pubblicato nel 1949) e lo scenario circoscritto di un maestoso ed elegante maniero nella campagna londinese, teatro dell'omicidio di rito e delle indagini del detective di turno.
Assassinio nella "casa sbilenca"
Il detective in questione è Charles Hayward, giovane detective privato con il volto di Max Irons (figlio di Jeremy Irons), che riceve l'improvvisa visita di Sophia Leonides (Stefanie Martini): un'affascinante socialite conosciuta quasi due anni prima al Cairo, e della quale si era innamorato, salvo essere poi abbandonato senza spiegazione. Sophia ha ora bisogno di Charles per un compito estremamente delicato: indagare sulla morte del suo ricchissimo nonno Aristide, anziano e dispotico patriarca della famiglia Leonides e possibile vittima di un avvelenamento. Ma chi, fra i bizzarri inquilini dell'immensa tenuta di Aristide, ha commesso il delitto? Con il beneplacito di Scotland Yard e dell'ispettore capo Taverner (Terence Stamp), Charles farà il suo ingresso nella crooked house del titolo, non tardando a rendersi conto della fitta rete di rivalità, di tensioni e di odio che lega fra loro i Leonides.
Sullo schema del più canonico whodunit, Gilles Paquet-Brenner costruisce dunque un murder mystery perfettamente bilanciato in base al proprio pubblico di riferimento: gli appassionati dell'opera di Agatha Christie. E in questa prospettiva, Mistero a Crooked House dispone di tutti gli elementi per farsi apprezzare da quella specifica categoria di spettatori: un intreccio accattivante, per quanto decisamente tradizionale; il consueto corredo di sospetti, false piste e colpi di scena; un'efficace ricostruzione d'epoca, sottolineata dai giochi di luci e ombre della fotografia di Sebastian Winterø; e soprattutto una variopinta galleria di potenziali assassini. Sebbene, a tal proposito, sarebbe stato lecito attendersi una migliore definizione dei numerosi comprimari in gioco: la pellicola, al contrario, riduce molti personaggi a figure stereotipate e fin troppo sopra le righe, penalizzando perfino attori come Gillian Anderson (qua ridotta a pura macchietta) e Christina Hendricks.
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Un giallo 'classico' senza grandi sorprese
Da questo punto di vista, in compenso, a conquistare l'attenzione e a rubare puntualmente la scena - e come poteva essere altrimenti? - è la sarcastica Lady Edith de Haviland, cognata di Aristide, interpretata da un'impeccabile Glenn Close (quest'anno, fra l'altro, la Close e Max Irons hanno recitato insieme anche in un altro film di prossima uscita, l'acclamato dramma The Wife). Alla resa dei conti, insomma, Mistero a Crooked House si attesta al di sopra della media delle riduzioni cinematografiche dei libri dell'autrice, rispettando più o meno i presunti obiettivi di partenza di una simile operazione. Ma da un'altra prospettiva, tale fedeltà al ben preciso paradigma del "giallo alla Christie" costituisce pure il limite invalicabile di una pellicola che non solo non si assume alcun rischio, ma non si smarca neppure per un attimo dalle convenzioni del proprio filone di appartenenza.
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Una scelta consapevole? Probabilmente sì, ed è innegabile che per gli standard del genere Mistero a Crooked House funzioni più che dignitosamente. Ma resta un certo rimpianto verso una sceneggiatura, firmata a sei mani da Paquet-Brenner con Tim Rose Price e Julian Fellowes (la penna dietro la serie TV Downton Abbey e il giallo altmaniano Gosford Park), che si attiene al percorso prestabilito senza mai tentare di regalarci uno scarto dalla norma, una suggestione più profonda, uno sforzo per infondere un barlume di modernità nel testo e nella sua messa in scena. È pur vero, d'altronde, che se di solito i romanzi della Christie ben si prestano ad essere rappresentati su un palcoscenico o su uno schermo, quasi mai hanno fornito il materiale per realizzare qualcosa che si avvicinasse al capolavoro; e non è un caso se l'unico ad esserci riuscito in pieno, esattamente sessant'anni fa, con quella meraviglia di film dal titolo Testimone d'accusa, è stato un signore che di nome faceva Billy Wilder...
Movieplayer.it
3.0/5