"Abbiamo scelto di dare alla serie un look un po' alla Mrs. Maisel, abbiamo rischiato" spiega in apertura di conferenza Miriam Leone, che dà il volto alla giornalista nella serie Miss Fallaci, presentata alla Festa del Cinema di Roma, e prossimamente su Rai1. "Non stavamo consegnando la Oriana che in tanti si sarebbero aspettati. Speriamo che il racconto della forza della sua gioventù possa ispirare le nuove generazioni a pensare di poter realizzare i propri sogni con le proprie azioni".
"Si è trattato di calarsi in un'epoca lontana per tutti, gli anni Cinquanta, e riuscire a trasportare quel mondo qui da noi" spiega invece Luca Ribuoli, regista della serie insieme ad Alessandra Gonnella e Giacomo Martelli. "È una storia che ha anticipato i tempi e in cui crediamo che i giovani possano identificarsi". La vicenda di Miss Fallaci inizia negli anni Cinquanta e arriva fino ai primi Settanta. Ma potrebbe continuare con altre stagioni. "Ci sono dei progetti per dare un seguito alla serie" rivela Gianluca Curti, produttore insieme a Diego Loreggian. "La vita di Oriana Fallaci è stata così lunga e importante che c'è lo spazio per nuove stagioni: non solo una seconda, ma anche una terza e una quarta. C'è un progetto: nei prossimi mesi ne parleremo". E questa è una notizia.
Miss Fallaci nasce da un corto, A Cup Of Coffee With Marilyn
Miss Fallaci ha una storia produttiva che viene da lontano. "Il progetto nasce dal cortometraggio di Alessandra Gonnella, A Cup Of Coffee With Marilyn" rievoca Miriam Leone. "Aveva 24 anni e mi aveva chiamato da Londra dicendo che voleva fare un corto sull'intervista che la Fallaci cercava di fare a Marilyn Monroe. Sono rimasta affascinata: ho voluto dare fiducia a questa ragazza giovane perché ai giovani la fiducia non la dà nessuno". "Il racconto della mancata intervista a Marilyn, di questa giovane italiana in America lo sento molto vicino" aggiunge Alessandra Gonnella, ora tra i registi della serie. "Anche io abito all'estero, a Londra, da 10 anni e conosco cosa significhi essere una giovane ragazza, che sta cambiando, vivere all'estero e barcamenarsi in un ambiente molto ostico, quello del cinema, tra false promesse e falsi miti. Tutto questo era incarnato nella figura di Marilyn Monroe. Era un breve racconto alla ricerca della diva per raccontare l'indole di Oriana, che nel fallimento ha deciso di mettersi al centro del racconto". Quel corto poi, presentato al MIA, il Mercato Internazionale dell'Audiovisivo, è stato premiato e ha attirato finanziamenti, con l'ingresso in campo di Paramount+.
Miriam Leone: "Ho cercato di trasformare il fallimento in qualcosa di buono"
Quell'intervista mancata a Marilyn Monroe - che è al centro del primo episodio della serie - diventa qualcos'altro, la storia dell'inseguimento alla star, che poi è il racconto di un mondo. E ci fa capire che un fallimento non è mai tale, se si trova il modo di ripartire da lì. "Ho avuto diversi fallimenti nella vita" riflette Miriam Leone. "Solo che anch'io ho cercato di trasformare la frustrazione in qualcosa di buono per migliorare me stessa. Se una cosa non è arrivata a me in quel momento vuol dire che non ero pronta. Non bisogna vedere il fallimento come una sentenza definitiva. Devi sorprendere tu la vita in qualche modo. Non ti devi lasciare abbattere". "Da quando ha ricevuto uno schiaffo dal padre durante la guerra, Oriana Fallaci non ha più pianto" continua. "Le ragazze non piangono, dice. Ma nelle sue pagine c'è tutta l'indagine spietata di cosa è essere umani: un conflitto continuo, sconfitte e vittorie".
Miriam Leone: "Oriana Fallaci era dura con se stessa e con il prossimo"
Miriam Leone entra a suo modo nel personaggio. "Nella serie indaghiamo dei dolori privati di Oriana, dolori forti e faticosi" confida l'attrice. "Nella seconda parte della serie, che abbiamo girato nel periodo in cui sono rimasta incinta, raccontavamo l'aborto della Fallaci: per questo con lei ho avuto un rapporto molto forte. Ha vissuto un crollo psicologico, emotivo e fisico. Non ho la presunzione di dire perché sia diventata più dura dopo. Credo che l'ingiustizia della guerra, il fatto che la vita fosse conflitto sia una delle grandi problematiche della sua vita: Oriana diceva che la guerra è un aborto rimandato di 20 anni, perché si mandano a morire i propri figli in guerra. Aver perso quell'innocenza, perdendo il bambino e il suo amore folle, per cui non era preparata, l'ha resa così".
"Era molto dura verso se stessa e verso il prossimo: lei non permetteva a nessuno di essere meno di un eroe, onesto fino al massacro" continua. "Era dura con un mondo ostile, che le perdonava il fato di essere una femminista solitaria, il fatto di essere un'autrice internazionale e il fatto di essere una donna. E anche una donna che non rinunciava alla sua femminilità. Che non era un vezzo, era qualcosa che era in lei: faceva il piccolo punto, ricamava. La sua penna era così precisa anche se così chirurgica. Oriana era un'eroina romantica che non permetteva vie di mezzo a nessuno".
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Luca Ribuoli: "Oriana Fallaci è l'inventrice dell'intervista"
Rivedere oggi la storia di Oriana Fallaci è rivivere anche quella di un giornalismo che non c'è più. "È evidente che sia cambiato" riflette Luca Ribuoli. _"Quello che ci ha interessato è che Oriana è un'anticipatrice di un certo tipo di giornalismo. È l'inventrice dell'intervista. il fatto che la registrasse, la rivedesse, che continuasse a elaborarla nel tentativo di smascherare il potente, fa parte di quel tipo di scrittura che aveva d'istinto imparato ma che, arrivando in America, ha trovato in altri giornalisti.
Oltre a lei, gli unici scrittori che mettevano la prima persona negli articoli a quei tempi erano Tom Wolfe e Truman Capote. Questo la dovrebbe portare in alto nella considerazione in Italia, ma proprio perché ha combattuto da sola la sua lotta, come donna in mezzo agli uomini, ha pagato". Su quello che è stata Oriana Fallaci torna Miriam Leone. "La rabbia e l'orgoglio ha creato una damnatio memoriae su Oriana. Che invece a è stata una grande intellettuale del Novecento, un personaggio che ha creduto fino in fondo in quello che diceva. E lo diceva con grande studio e attenzione. Non vestiva panni che non le appartenessero. Anche se vestiva sempre un elmetto"_.