Quando ci si misura con un'icona come è stato ad esempio Mike Bongiorno si scoprono necessariamente moltissimi aneddoti di cui non si era a conoscenza. Si studia tanto, proprio come hanno fatto il regista Giuseppe Bonito e i protagonisti Claudio Gioè, Elia Nuzzolo e Valentina Romani, dovendosi misurare con una figura quasi leggendaria come Mike, la miniserie in due parti presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024 e il 21 e 22 ottobre in prima serata su Rai1 in due parti. Li abbiamo incontrati per raccontarci che cosa gli ha insegnato l'uomo dietro l'icona.
Mike: intervista a Claudio Gioè, Elia Nuzzolo, Valentina Romani e il regista Giuseppe Bonito
Non potevamo non iniziare la nostra intervista chiedendo loro la prima cosa che gli veniva in mente nominando Bongiorno. Risponde per primo Elia Nuzzolo che in queste settimane si sta misurando anche con un'altra icona, ovvero Max Pezzali nella serie Hanno ucciso l'Uomo Ragno: "Dato che non l'ho vissuto in prima persona, mi vengono in mente i racconti dei miei genitori di questa figura della tv italiana, uno dei migliori presentatori di tutti i tempi". Gli fa eco per vicinanza anagrafica Valentina Romani, che invece è Daniela Zuccoli, la seconda moglie che rimarrà con lui fino alla fine: "Le memorie di questa figura che era il protagonista della nostra televisione".
La palla passa all'interprete del Mike adulto, ovvero un'incredibile trasformista Claudio Gioè: "Essendo del '75, il mio primo ricordo risale ai primi anni '80 con Superflash. Durante le mie serate da bambino, quando i miei uscivano e io rimanevo a casa, in compagnia naturalmente, Mike era un appuntamento imperdibile". Più curioso il ricordo del regista Giuseppe Bonito, oramai abbonato alla serialità dopo Bang Bang Baby e Brennero: "Essendo più vicino per età a Claudio lo percepisco come una figura quasi di famiglia, ma nel particolare ho memoria di un'intervista ai Depeche Mode che mi colpì all'epoca senza conoscerli, poi da fan mi è rimasta impressa ancora di più".
Questione di eredità
Si dice che non ci sono più i conduttori di una volta, e Bongiorno come sappiamo ha letteralmente scritto la storia della radio e della tv italiane. Qual è il suo più grande lascito? Gioè ricorda un aspetto fondamentale nella miniserie Rai: "La differenza forse è che Mike si è conquistato il suo ruolo nel mondo, lottando con grande fatica. Oggi invece sembra tutto più facile, che paradossalmente è quello per cui è stato molto criticato. Lo consideravano un uomo fortunato che aveva avuto tutto in modo facile, una vita piena di lustrini e paillettes. Grazie anche a questa fiction capiremo quanto ha invece lottato concretamente per realizzare il sogno della sua professione".
Per Nuzzolo invece uno dei motivi del successo del celebre conduttore di 'Allegria' è da imputare al suo desiderio di comunicare qualcosa alle persone, a qualunque costo.
Mike, la recensione: l'uomo dietro l'icona per un biopic che tenta di superare la didascalia
Bongiorno: vita privata vs vita professionale
Mike - tratta dalla biografia scritta a quattro mani dallo stesso presentatore insieme al figlio Nicolò - mostra il suo dualismo identitario, questo essere costantemente diviso tra Italia e Stati Uniti, il padre e la madre, la guerra e la ricostruzione, la vita sentimentale e quella lavorativa. Forse ci ha lasciato un insegnamento anche su questo, su come riuscire a bilanciare questi aspetti della vita quotidiana.
Dice la Romani: "La serie esplora un aspetto umano molto forte ed importante, che forse è anche una chiave che ha permesso il successo di Mike, ovvero questa sua capacità di entrare nelle case delle famiglie italiane e di parlare ad un pubblico più vasto, dai più giovani ai più anziani, una sorta di comunicazione universale".
Continua poi: "Parimenti mi ha colpito quest'amore nato perché era destinato ad esserci, in punta di piedi, in modo gentile, che ha permesso poi a Daniela di diventare un punto di riferimento per Mike, e viceversa. Un amore custodito anche gelosamente fuori dai riflettori, perché credo che un aspetto importante della vita privata sia riconoscere le proprie forze e tenersele per sé. Oggi invece si tende sempre a voler far vedere e dimostrare. Mi ci rivedo in quest'atteggiamento, perché anche io sono molto gelosa del mio privato".
Aggiunge Bonito: "Per me è stata una ricognizione su qualcuno che pensavo di conoscere già. Invece si è rivelata una scoperta continua la vita di Mike. Oggi parliamo di uno specifico televisivo, di un linguaggio codificato, ma bisogna pensare che prima di lui non esisteva, è stato un inventore in questo senso. Una parola chiave del suo modo di fare tv è sicuramente l'accessibilità: si esprimeva in un ottimo italiano e eppure compiva il miracolo di arrivare a tutti".
Sulla questione lavoro e quotidiano, chiosa: "L'idea di separare mentre oggi si tende a mischiare, a fondere il proprio vissuto con l'immagine pubblica, nel caso di Mike era una scissione totale. Ecco perché ci sono tanti aspetti della sua storia che non sono per niente conosciuti al grande pubblico e che magari questa fiction aiuterà a svelare. Eppure tutti abbiamo la convinzione di conoscerlo bene, come fosse uno di famiglia".