La storia di Mignonnes si sviluppa in quello spazio che si trova tra due culture diverse e in contrasto, quello spazio in cui si vive la sua piccola protagonista Amy, spinta dalle tradizioni culturali della sua famiglia senegalese da una parte e le pressioni sociali di un mondo libero e frenetico dall'altra. Tra questi opposti si inserisce il racconto della regista Maïmouna Doucouré, che abbiamo raccontato in quel di Berlino in occasione della presentazione del film Netflix alla kermesse tedesca. Una chiacchierata in cui ci siamo fatti raccontare sia l'ispirazione del suo film che il lavoro sul set con le sue giovanissime interpreti.
Tra due culture
Da cosa nasce l'idea per il film?
L'ispirazione per Mignonnes è la mia infanzia, il fatto di essere cresciuta con due madri e mio padre in una famiglia poligama in Francia. L'essere una donna tra due culture è stata fonte di grandi riflessioni per me. Ma nasce anche da alcune ragazzine che ho visto ballare come quelle del film, mi sono chiesta se fossero consapevoli della valenza di quel tipo di ballo e per un anno e mezzo ho incontrato tante ragazzine da cui mi sono fatta raccontare cosa voglia dire essere una ragazza nella nostra società, tra social media, scuola e vita quotidiana. Mi ha aiutato a scrivere il film.
È più difficile oggi il processo di crescita, con le pressioni della società moderna?
Sì, era tutto molto diverso quando io avevo quell'età. Anche noi ballavamo in modo sensuale, anche se non come nel film, e c'erano delle pressioni a scuola nei rapporti con gli amici che potevano essere difficili, ma oggi è tutto diverso con i social media. Tutto è portato a un altro livello, perché puoi essere amato da milioni di persone e odiato da milioni di persone il giorno dopo. Molte persone vivono in depressione per questo, cercano costantemente di capire se siano apprezzati perché hanno tanti like o non lo sono perché non ne hanno abbastanza, facendo confronti con gli altri e chiedendosi se siano meglio per i loro vestiti, per l'espressione o per altro. Può essere difficile oggi, con i social media, mantenere la fiducia in se stessi.
Mi sembra di scorgere due diversi temi nel film: da una parte l'adattarsi a differenti contesti sociali e culturali; dall'altra diventare una donna e crescere sempre più rapidamente. Sono collegati tra loro?
Sì, lo sono, perché l'ispirazione viene dalla mia vita e ho provato quelle sensazioni. All'inizio del film vediamo Amy nel suo contesto familiare fatto di poligamia e pressioni culturali. Ci viene spontaneo pensare che è bene che vada fuori dove può ballare ed essere più libera. Ma è una vera libertà? Questa è una cosa da chiedersi.
Mignonnes, la recensione: Crescere, tra pressioni culturali e sociali
Il lavoro con le protagoniste
Come hai scelto le ragazze? Il processo di casting è stato molto difficile?
È stato difficile e molto ampio. Nessuna di loro aveva già recitato e abbiamo visionato settecento ragazzine per trovare quelle giuste. Il mio lavoro con loro è stato di creare qualcosa di vero. Ho lavorato senza lo script, perché quando lavori con persone così giovani non sai mai come lo impareranno e ho preferito raccontare loro la storia man mano che lavoriamo. Per creare i loro personaggi, ho associato a ognuno di loro un animale. La protagonista, Amy, per la sua evoluzione è una gattina, che diventa un gatto e poi una pantera nera, e lo si può notare dal modo in cui balla, per come si pone e parla. Tutto in linea con l'animale che la rappresenta.
Quindi anche la coreografia dei balli è stata ispirata agli animali?
Sì, ognuna di loro aveva il suo tipo di movimenti. Per esempio Angelica era un serpente, mentre Jess, la ragazza bionda, era un cervo, ben piantata per terra e aggressiva. Invece Coumba, la ragazza di colore, è un cane e Yasmine una scimmia.
Visto questo tipo di lavoro fatto con le ragazze, avete improvvisato molto sul set?
Il concetto è che uno script c'è, ma loro non lo avevano. Nemmeno però mi limitavo a dir loro cosa dire, non volevo che diventasse un lavoro schematico nel ripetere le battute quando era il proprio turno. Volevo che sentissero la situazione. Le prove servivano proprio a questo, a capire il contesto. Non mi interessava se a volte si sovrapponevano nel parlare, nella vita reale succede. Cercavo proprio questa autenticità. Anche nei movimenti in scena, non volevo che seguissero la camera, era piuttosto la camera a dover seguire loro. Ovviamente davo loro delle indicazioni e ho creato anche un lessico basato sul cibo per commentare quello che succedeva in scena. Per esempio non usavo i classici "azione" e "stop" e se volevo che si fermassero per dir loro qualcosa dicevo "chips" (patatine) e "hamburger" per riprendere dopo aver dato le mie indicazioni, oppure "grape" (uva) se avevo bisogno che ripetessero una battuta o ancora "What a melon" se mi serviva più energia in quello che stavano facendo.
Mi sono piaciute molto alcune immagini, come la ragazza nascosta sotto il letto o l'altra che si stira i capelli. Sono immagini pensate in fase di scrittura o mentre al lavoro sul set?
Tutto il film è stato scritto, tutto è presente nella sceneggiatura. Se la leggi, è molto simile al risultato finale. C'è stata improvvisazione solo nel lavoro con le ragazze, per poter ottenere quell'autenticità necessaria in ogni frase.
Il futuro nello streaming
Parlando di cinema e streaming, pensi che le nuove piattaforme siano un'opportunità?
Penso che oggi ci sia un grande cambiamento e sia necessario che cinema e piattaforme streaming debbano lavorare insieme. E possono farlo tranquillamente, perché c'è un nuovo modo per vedere e creare film. Sono felice che Mignonnes esca al cinema in Francia e su Netflix nel resto del mondo, penso che sia ideale per il mio film ed è una soluzione praticabile in molti casi. Penso che sia raro oggi trovare qualcuno che non abbia Netflix ed è un modo molto efficace per raggiungere tante persone in giro per il mondo.