Sono centinaia, e spesso sono personali: ciascuno ritrova in una serie qualcosa che lo ispira, magari tanto da fargli capire ciò che gli serve in quel preciso momento della sua vita. Proprio come i libri e i film, anche le serie TV sono fonti d'ispirazione, e possono esserlo a prescindere dal genere: dalle sitcom agli horror, ciascuno può trovare uno stimolo a migliorarsi, uno spunto di riflessione che scioglie un nodo, un'idea che si applica al momento che si sta vivendo.
A prescindere dal genere, dicevamo, perché tutto questo succede non grazie a una storia, bensì grazie ai personaggi. Sono sempre loro le grandi fonti d'ispirazione. Vengono ideati, o scritti - se si tratta di personaggi tratti dalla realtà - appositamente per funzionare come fonte d'ispirazione per il pubblico. Nascono sullo schermo grazie a precise tecniche di sceneggiatura: mostrano le proprie fragilità ma anche la grande determinazione che permette loro di superarle, di reagire alle avversità, di mostrare coerenza e valori morali che possano coinvolgere emotivamente gli spettatori, fino al punto di fornire loro un esempio da imitare.
Anche metaforicamente: quando una liceale apparentemente un po' superficiale si trova a doversi sacrificare - più volte - per un bene superiore, il bene della collettività, salvando il mondo, anche da una serie che mescola teen drama, horror, fantasy e comedy possiamo trarre qualche insegnamento. Buffy (Sarah Michelle Gellar) cresce davanti ai nostri occhi, stagione dopo stagione, diventando sempre più coraggiosa e affrontando momenti - come quello della morte della madre - che tutti possiamo comprendere, condividere, capire profondamente. Avvicinandoci al personaggio. Facendo il tifo per lei. Immedesimandoci nel suo dolore.
Linguaggio universale
In questo modo si ottengono i risultati: mettendo i personaggi al centro di situazioni universali, facendoli confrontare con sentimenti e ostacoli che tutti sperimentiamo. A prescindere da dove viviamo, dalla nostra cultura, dalla lingua che parliamo. L'universalità del linguaggio permette ai personaggi delle serie TV di raggiungere ciascuno di noi, colpendoci in base alle esperienze che condividiamo con quei personaggi, ai dolori, ai traumi, a quei sentimenti umani che riguardano tutti.
Ecco perché l'ispirazione è un fatto così personale, ed ecco perché i personaggi che attraversano il maggior numero di esperienze comuni diventano un punto di riferimento e una fonte d'ispirazione. Pensate a This Is Us: nella famiglia - altamente disfunzionale - dei protagonisti, fra presente e passato, c'è davvero tutto. Dall'amore travolgente che si scontra con la realtà alle dipendenze, dal bullismo alla discriminazione, dal l'abbandono alla rinascita, dalla malattia al lutto. Tutto ciò che riguarda la vita di una persona, in qualsiasi parte del mondo, prima o poi viene rappresentato anche sullo schermo. Per questo motivo, This Is Us è una serie così difficile: commuove, ispira e fa riflettere. Non è puro intrattenimento, come può esserlo una vecchia sitcom tradizionale, in cui i personaggi non cambiano mai. Non davvero, almeno.
Potremmo parlare di centinaia di esempi, per ore. Invece faremo riferimento ad alcune serie appartenenti a quelle che definiamo come "macro-categorie" dell'ispirazione.
Prima, però, vediamo nel dettaglio i meccanismi di scrittura che la rendono possibile.
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Identificazione: nei tuoi panni, o con te
Film e serie TV possono portare a due diversi tipi di identificazione dello spettatore con il protagonista, o con uno dei personaggi principali. Possiamo affezionarci a quel personaggio, facendo il tifo per lui, soffrendo quando soffre e finendo per gioire per i suoi successi come se fossero i nostri. S'impara ad amare un personaggio come se fosse un amico, o addirittura una persona di famiglia. Succede spesso con le serie di lunga durata, con le quali abbiamo avuto un appuntamento fisso per tanti anni (o stagioni). Pensiamo a Star Trek: difficile identificarsi con personaggi del futuro che vivono nello spazio e visitano pianeti sconosciuti, facilissimo affezionarsi a loro e alle loro incredibili avventure.
E poi c'è l'identificazione vera e propria: ci sentiamo talmente coinvolti dalle vicende e dall'atteggiamento di un personaggio da "diventare" lui, naturalmente solo per il periodo di tempo che trascorriamo in sua compagnia sullo schermo. Finito l'episodio, resta l'affezione ma l'identificazione scompare. A meno che - e per questo abbiamo pensato di riflettere sull'argomento - non ci ispiri a fare qualcosa di nuovo nella nostra vita, ad affrontare un problema come ha fatto lui, a capire meglio qualcosa che ci è successo o ci sta succedendo grazie alle sue parole e alle sue azioni. Ogni donna si è identificata in una delle protagoniste di Sex and the City - o in più d'una, in momenti diversi - rivivendo una storia d'amore simile alla propria.
Ciascuno di noi si è identificato con i personaggi di Friends nei loro amori, nei loro rapporti con gli amici o i genitori, nei loro percorsi lavorativi. Abbiamo vissuto l'esperienza di Lost affezionandoci ai personaggi, ma senza identificarci con loro: erano universali i sentimenti, non la situazione. Al contrario, siamo diventati per un attimo uno dei ragazzini di Glee, preso di mira per il suo modo di vestire o di parlare; siamo stati nel pronto soccorso di E.R. - Medici in prima linea come pazienti o come medici, in base al nostro vissuto, diventando quei personaggi mentre eravamo intenti a rivivere un'esperienza di vita fin troppo realistica; ci siamo trasformati nei personaggi di The Office - versione UK o USA - assimilando la nostra esperienza lavorativa o il nostro rapporto con i colleghi a qualcuno costretto a conviverci in una serie TV. E via dicendo: gli esempi, non ci stanchiamo di ripeterlo, sono centinaia. Ma la distinzione fra i due tipi d'identificazione - entrambi efficaci per l'ispirazione - è chiarissima.
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L'eroismo quotidiano
Un altro elemento fondamentale nella stesura di una sceneggiatura per agevolare il processo d'ispirazione degli spettatori è l'eroismo. Facilissimo metterlo in mostra quando si raccontano le storie di poliziotti, medici o vigili del fuoco. Più difficile, ma altrettanto importante, inserirlo nelle battaglie quotidiane che tutti noi affrontiamo, proprio come i personaggi di una sitcom. Perché gli eroi possono trovarsi perfino lì. Pensate a una delle più amate e premiate di sempre, Modern Family. Ci sono tanti esempi d'eroismo quotidiano nella serie. Gli sforzi di Mitchell (Jesse Tyler Ferguson) per vincere le proprie ritrosie a manifestare affetto in pubblico, dovute alle prese in giro di quand'era giovane e all'atteggiamento apertamente omofono - almeno nei primi anni - del padre. Le lotte di Claire (Julie Bowen) per accettare la presenza di Dylan (Reid Ewing) nella vita di sua figlia Haley (Sarah Hyland).
I personaggi vengono scritti, ripresi - anche il linguaggio visivo ha una grande importanza - e raccontati (per esempio attraverso la musica della colonna sonora) per mostrare i loro lati più attrattivi. Un po' come accade quando gli sceneggiatori ci mettono dalla parte dei cattivi, con i meccanismi di sceneggiatura di cui abbiamo parlato in occasione della celebrazione dei "mostri" (a questo proposito qui potete leggere il nostro approfondimento).
Quando abbiamo a che fare con personaggi positivi, o semplicemente "umani", e quindi imperfetti, l'ispirazione scatta grazie all'universalità del linguaggio. Così anche le situazioni devono essere universali, a prescindere dal contesto in cui ci vengono raccontate (possiamo mettere in atto un tipo d'identificazione anche con un alieno, con le giuste attenzioni).
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Le macro-categorie: generi, personaggi e ispirazioni
Le serie che ti cambiano la vita sono quelle che ti fanno riflettere. Sulla tua vita, la tua, a partire da eventi o riflessioni che riguardano personaggi fittizi, o di reale ispirazione ma portati sullo schermo da attori professionisti. Sono queste le serie che ti cambiano la vita: quelle che ti parlano. Che parlano solo a te, come se fossero state scritte e pensate proprio per te.
Un grande classico sono le serie incentrate sull'argomento più vasto e affascinante che i personaggi sullo schermo possano esplorare: la vita e la morte.
Six Feet Under, che è una sorta di compendio a riguardo, ci offre una famiglia con diversi punti di vista e possibilità d'identificazione, ricordando come l'identificazione (sia essa vicinanza o temporanea personificazione) non dipenda affatto dal genere, dall'età, dalla provenienza, dall'aspetto fisico... sono i pensieri, il carattere, l'atteggiamento, i valori e la morale di un personaggio ad attrarci. Se ripensate a Six Feet Under e siete donne, nulla v'impedisce di identificarvi con Nate (Peter Krause).
L'ispirazione che viene dal capolavoro di Alan Ball è sia concreta - la morte per un'agenzia funebre è molto, molto concreta - ma anche ideale, perché quando a colpire la famiglia è un lutto come la morte del padre, tutto viene rimesso in discussione e ciascuno si confronta con ricordi, sensi di colpa, rimorsi... magari arrivando anche a vedere il defunto, parlandoci. Succede, nella vita reale, di "vedere" una persona che non c'è più in un passante, per strada. Succede continuamente.
E ancora: la poesia - a suon di parolacce e insulti, sì, anche - di After Life finisce per coinvolgere chiunque abbia subito una perdita come quella di Tony (Ricky Gervais, anche creatore, autore, produttore e regista). The Good Place ci ricorda come, una volta giunti nell'aldilà, sia troppo tardi e ci ispira a comportarci bene, a essere brave persone, qui e ora.
In fondo basta fare attenzione anche solo alle piccole cose quotidiane. E le serie che di questo si occupano sono grande fonte d'ispirazione quando troviamo un personaggio che abbia qualche affinità con noi e compia qualche gesto - o riflessione - che ci stimola a riflettere e a trasferire sulla nostra vita quelle riflessioni. Sono le serie più diffuse e più variegate, da The Office (in entrambe le versioni, originale UK o remake USA) che ci può aiutare per imparare a convivere con i colleghi più fastidiosi, o almeno a capire come comportarsi con loro, fino a Glee e a come la musica possa ispirarci per sfuggire a tutto ciò che di orrendo il liceo e l'adolescenza portano con loro. Nel suonare uno strumento, nel cantare o semplicemente nel lasciarsi andare a passi di danza più o meno improvvisati, tutti noi possiamo trovare conforto.
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Nel caso di Glee, i protagonisti trovano riscatto, amicizia, comprensione, amore. Ciò che tutti cerchiamo, soprattutto quando siamo particolarmente giovani e fragili. Glee è stata di grande ispirazione a moltissime persone, toccando anche argomenti delicati e portando avanti quella tradizione dei teen drama inaugurata nei lontani anni '90 da Beverly Hills 90210, che per prima trattò i temi della dipendenza, dell'approccio al sesso, delle incomprensioni con i genitori. Fornendo anche, come ricorderanno coloro che erano adolescenti quando la serie arrivò in Italia, degli strumenti (rivolti ovviamente al pubblico USA) come punti di riferimento per chi si sentiva in pericolo o semplicemente cercava aiuto nella comprensione di determinate problematiche.
Un'altra grande fonte d'ispirazione viene dalle serie che, con il pretesto di una storia, portano i personaggi a cercare ciò che l'uomo cerca da sempre: il senso della vita.
The Leftovers ci spiazza con l'improvvisa sparizione di metà della popolazione (l'ultima generazione la conosce come uno schiocco di dita, noi ci siamo arrivati prima) e ci spiega come ciascuno dei personaggi cerchi un approccio valido alla sopravvivenza successiva. Perché ci sono perdita, rabbia, dolore, ma anche senso di colpa, paura, disorientamento. Ognuno cerca la propria strada mentre noi, emotivamente devastati dagli eventi, assistiamo agli episodi incapaci di non pensare a cosa, per noi, sia davvero importante. Magari al punto di capirlo per la prima volta, e di cambiare le nostre vite di conseguenza.
Ci sono tantissimi modi e approcci per riflettere sul senso della vita. I fan di Star Trek non sono solo affascinati dalla tecnologia, dai viaggi spaziali e dall'esplorazione di strani, nuovi mondi. Il successo mondiale di Star Trek si deve soprattutto alla filosofia di vita che propone: gli integerrimi rappresentanti della Flotta Stellare, una serie (e un film) dopo l'altra, fanno i conti con ingiustizie, lutti, attacchi, bugie, tradimenti... mentre li affrontano ci mostrano come l'ingiustizia faccia parte della vita stessa e come un mondo in cui il denaro è stato abolito funzioni comunque meglio. Infinitamente. Rectify, The Newsroom, Black Mirror... non sono altro che riflessioni sul senso della vita. E sul modo per convivere con ciò che ne fa parte.
In mezzo alla quotidianità, alle riflessioni sulla vita e la morte e al senso della vita, c'è lei: la malattia. Innumerevoli le serie che affrontano le malattie più disparate, dai medical drama - che come in E.R. danno spazio e attenzione sia al personale sanitario che ai pazienti del pronto soccorso - alle serie incentrate sul modo in cui il protagonista affronta la malattia.
Il professor Walter White (Bryan Cranston) quando scopre di avere un cancro terminale si preoccupa di lasciare alla sua famiglia tutto ciò di cui avrà bisogno, spingendosi verso i confini del crimine e poi, come sappiamo, superandoli. Breaking Bad offre un punto di vista, non certo un'ispirazione. Al contrario, The Big C - "la" serie sulla malattia - e la straordinaria Laura Linney nei panni di Cathy Jamison, colpita da un melanoma maligno e in stadio avanzato, sono di grande ispirazione. Ci raccontano delicatamente le fasi della malattia, dalla scoperta al rifiuto, fino alla depressione e all'accettazione, e via dicendo. Ci raccontano gli strumenti che Cathy usa per provare a far fronte alla paura, trovando conforto in altre persone che condividono il suo destino o negli affetti più cari. Ci ispirano forza e coraggio, ma ci spiegano anche che sentirsi fragili, terrorizzati e disorientati è del tutto normale. E chi ci è passato, o ancora ci convive, lo sa benissimo.
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Il Bene e il Male che si affrontano in Buffy - L'ammazzavampiri, X-Files, NYPD Blue, House of Cards, Band of Brothers, Oz, dimostrano come a prescindere dal genere una serie possa regalarci personaggi che vivono storie in grado di ispirarci. Ci fanno capire cosa conta davvero per noi, cos'abbiamo sbagliato, che non siamo soli. Magari ci faranno capire cosa vogliamo fare da grandi. Nella seconda metà degli anni '90 le iscrizioni alle facoltà di medicina negli USA si triplicarono grazie al cosiddetto "effetto E.R.", ispirando migliaia di giovani con le eroiche - ma anche quotidiane, normali, "doverose" - gesta dei personaggi.
Ted Lasso, Friday Night Lights, e tutte le altre serie che trattano (anche) di sport sono grandi fonti d'ispirazione per darsi una mossa, lottare per raggiungere i propri obiettivi, continuare a rialzarsi ogni volta che si cade.
Perché alla fine, tutto ciò che vogliamo è vivere le nostre vite nel modo migliore che ci è consentito. E se siamo costretti a letto dalla malattia, soffriamo per un grave lutto o siamo soli, il modo migliore può nascondersi fra le parole e le azioni di un personaggio "finto", nello spazio o su un campo da calcio, che ci parla. Parla proprio con noi. Al nostro cuore, alle nostre emozioni, a quel "clic" che scatta quando l'ispirazione raggiunge la sua destinazione.