Un amico mi ha chiesto perché pensavo di aver potuto dirigere film per trent'anni e non avevo alcuna risposta. È un'industria molto difficile e macina il talento senza pietà.
È un veterano infaticabile, Stephen Frears: un regista che ha mosso i primi passi nell'industria cinematografica nei lontani anni Sessanta e, da allora, si è cimentato con una quantità incalcolabile di progetti fra grande e piccolo schermo, senza lasciarsi 'macinare' dalle asperità di questo settore. Nato a Leicester, nel cuore dell'Inghilterra, il 20 giugno 1941, Frears passa la sua gioventù nell'ambiente del Free Cinema, imparando il mestiere in qualità di assistente di registi quali Karel Reisz e Lindsay Anderson; debutta dietro la macchina da presa nel 1969, dirigendo episodi di alcune serie televisive, mentre il suo primo film è Sequestro pericoloso, interpretato da Albert Finney nel 1971. Da allora, passeranno una dozzina d'anni - e una quantità sterminata di lavori per la TV - prima che Frears rientri nel mondo del cinema, per affermarsi fra i più importanti registi britannici della sua generazione.
Dopo il crime drama Vendetta, del 1984, sono titoli come My Beautiful Laundrette e Prick Up, biografia del drammaturgo Joe Orton, ad imporlo tre le nuove firme della scena inglese, permettendogli da lì a qualche anno di approdare a Hollywood. "Non so scrivere, non penso di essere nemmeno particolarmente bravo a dire a uno scrittore cosa va bene e cosa manca", ammetterà Stephen Frears, che si è sempre affidato a copioni altrui: "avere qualcuno che sa farlo è una manna dal cielo". E la grande abilità di Frears è proprio quella di sapersi adattare ai copioni più diversi: opere drammatiche (Piccoli affari sporchi) e commedie dall'accentuata vena ironica (Alta fedeltà); film decisamente cupi alternati a pellicole eleganti e "in punta di forchetta", filone a cui si è dedicato soprattutto in tempi più recenti (Chéri con Michelle Pfeiffer, Florence con Meryl Streep).
Reduce dalle riprese di The Lost King, con Sally Hawkins e Steve Coogan, il neo-ottantenne Frears non ha perso insomma la sua passione per il set, una passione che lo accompagna ormai da mezzo secolo. Di seguito abbiamo deciso dunque di ripercorrerne il lungo itinerario cinematografico con una rassegna, in ordine cronologico, dei migliori film di Stephen Frears, quelli che più gli hanno permesso di veder riconosciuti la sua versatilità e il suo talento.
1. My Beautiful Laundrette
È nel 1985, con My Beautiful Laundrette (suo terzo lungometraggio per il grande schermo), che Stephen Frears conquista finalmente l'attenzione di critica e pubblico, grazie a una commedia a sfondo sociale destinata a diventare un cult del cinema britannico. Scritto dal noto romanziere de Il Budda delle periferie, Hanif Kureishi, My Beautiful Laundrette offre il vivido spaccato di una Londra proletaria e multietnica adottando il punto di vista di Omar Ali (Gordon Warnecke), un giovane pakistano che vive nei sobborghi londinesi occupandosi di gestire la lavanderia di famiglia. In una città divisa fra tradizioni culturali e desiderio di emancipazione, il film prende un'improvvisa svolta romantica attraverso la relazione omosessuale fra Omar e l'amico d'infanzia Johnny Burfoot (Daniel Day-Lewis, qui in uno dei suoi primi ruoli di rilievo). Due anni più tardi, Frears e Kureishi torneranno a raccontare i fermenti della Londra dell'età thatcheriana in Sammy e Rosie vanno a letto.
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2. Le relazioni pericolose
Ingaggiato per la prima volta per una produzione negli Stati Uniti, nel 1988 Stephen Frears dirige quello che rimarrà il suo capolavoro, oltre che il suo film in assoluto più celebre: Le relazioni pericolose, adattamento del magnifico romanzo epistolare di Pierre Choderlos de Laclos, sceneggiato da Christopher Hampton. L'affresco di un'aristocrazia cinica e decadente nella Francia di fine Settecento viene dipinto da Frears mediante una messa in scena meticolosa, in grado di valorizzare appieno uno straordinario gruppo di attori: dal libertino Visconte di Valmont di John Malkovich alle sue 'vittime' designate, la giovanissima Cécile de Volanges (Uma Thurman) e la morigerata Madame de Tourvel (Michelle Pfeiffer), passando per il ritratto della Marchesa de Merteuil, antagonista ambigua e luciferina, offerto da una maestosa Glenn Close. Vincitore di tre premi Oscar, Le relazioni pericolose è giustamente considerato una delle più riuscite trasposizioni di un classico della letteratura sul grande schermo.
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3. Rischiose abitudini
A due anni dal successo de Le relazioni pericolose, Stephen Frears dirige un altro dramma incentrato sugli ambigui legami di un piccolo gruppo di personaggi corrotti: Rischiose abitudini, tratto dal romanzo I truffatori di Jim Thompson. Prodotto da Martin Scorsese, il film è un folgorante thriller che mescola al suo interno elementi del noir classico e della tragedia greca, con un sottofondo ironico (tipico del regista) che tuttavia non intacca il senso di tensione e di minaccia in cui è immersa la vicenda. John Cusack presta il volto a Roy Dillon, un giovane truffatore che vive a Los Angeles e si ritrova conteso fra due donne: Myra Langtry, sensuale dark lady interpretata da Annette Bening, e l'implacabile Lilly, madre del ragazzo e agente al soldo della malavita, affidata alla raggelante performance di Anjelica Huston. Distribuito nelle sale nel 1990, Rischiose abitudini resta una delle punte di diamante del genere neo-noir di fine millennio.
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4. The Queen
Nel 2003 Stephen Frears aveva girato per la TV britannica The Deal, pellicola dedicata all'ascesa di Tony Blair nel Partito Laburista e al suo rapporto con Gordon Brown; nel 2006, sempre su una sceneggiatura di Peter Morgan, Frears racconta invece un altro capitolo della parabola politica di Blair (impersonato da Michael Sheen) con The Queen. Concepito all'inizio per il piccolo schermo, il film approderà invece al cinema sull'onda degli enormi consensi ricevuti, relativi in gran parte alla splendida interpretazione di Helen Mirren, premiata con l'Oscar come miglior attrice per il ruolo di Elisabetta II. The Queen si concentra infatti sulla settimana successiva alla morte di Lady Diana, sulla difficoltà della sovrana di comprendere e gestire la portata di tale evento e sul confronto a distanza con il suo Primo Ministro, ben più capace di intercettare l'umore collettivo del popolo.
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5. Philomena
Già diretta da Stephen Frears nel 2005 nella commedia Lady Henderson presenta, nel 2013 la mitica Judi Dench si cala nel personaggio eponimo di Philomena, altro titolo apprezzatissimo della filmografia del regista inglese, ispirato alla vera storia di Philomena Lee: un'anziana donna contattata dal giornalista Martin Sixsmith (Steve Coogan) per indagare sulla sorte del figlio, che le era stato sottratto subito dopo la nascita. Imperniato sulla scandalosa realtà delle Case Magdalene, istituti femminili britannici gestiti con pugno di ferro dalle suore cattoliche, Philomena sviluppa una storia decisamente drammatica con un ammirevole equilibrio fra rigore narrativo, spunti umoristici e la suspense di un'atipica investigazione, affidata a una "strana coppia" di detective.
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