Alto, elegante, affabile. Coi suoi lunghi capelli bianchi e l'aria cool, Mick Garris sembra più una rockstar che un cineasta. A vederlo aggirarsi per le vie di Lucca, ospite del Lucca Film Festival ed Europa Cinema, è difficile credere che il suo legame con l'horror provenga dai suoi trascorsi da outsider, come racconta lui stesso: "Mi sento legato al lato oscuro fin da quando sono nato. I miei genitori hanno avuto una relazione tempestosa, si sono lasciati quando ero molto piccolo, non andavo d'accordo coi miei fratelli. Ho sperimentato momenti brutti, ho perso entrambi i genitori, i miei fratelli e una delle mie sorelle. Non sono mai stato popolare a scuola, mi sentivo lontano dagli standard della società. Le persone che hanno questa sensibilità si sentono più vicine al lato oscuro".
Per chi non conoscesse il nome di Mick Garris, basta evocare Masters of Horror, la serie di culto in onda dal 2005 al 2007 che raccoglieva il fior fiore dei maestri del terrore. Garris è la mente del progetto che ha riunito, tra gli altri, Dario Argento, John Carpenter, Joe Dante, John Landis e Tobe Hooper. Ma il regista, sceneggiatore, produttore, giornalista ed ex cantante è anche colui che ha diretto più adattamenti di Stephen King, dalle miniserie L'ombra dello scorpione, Mucchio d'ossa e The Shining a I sonnambuli, Riding the Bullet e Desperation.
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Primi passi nel cinema
Da buon outsider, Mick Garris è entrato a Hollywood dalla porta di servizio iniziando a lavorare come receptionist per George Lucas e la sua neonata Star Wars Corporation e poi come sceneggiatore e story editor delle Amazing Stories di Steven Spielberg. In quegli anni ha diretto i making of di cult come L'ululato, Videodrome, La cosa, I Goonies, respirando cinema sui set dei suoi maestri. Ricordando l'esperienza, Garris confessa di aver imparato "quanto sia difficile, costoso e impegnativo fare il regista. Sul set, in realtà, non impari molto sul mestiere di regista perché i film si fanno prima, devi sviluppare lo script, fare lo storyboard, devi parlare con gli attori... la conoscenza che hai del film durante le riprese è superficiale. E' una fase caotica, per una scena di due minuti a volte impieghi un giorno intero, tutti devono essere sulla stessa lunghezza d'onda e il regista deve saper mettere d'accordo tutti. Per questo quando lavoro voglio che la mia crew sia meglio di me. Il regista è il direttore d'orchestra che armonizza tutti gli strumenti".
Nel 1990 Mick Garris è chiamato a dirigere Anthony Perkins in Psycho IV, un'esperienza indimenticabile per un autore ancora alle prime armi: "Tony aveva diretto Psycho III, che si è rivelato un flop. Le recensioni erano terribili e lui non ha più potuto dirigere Psycho IV come avrebbe voluto. Dopo aver lavorato con Orson Welles, Alfred Hitchock e William Wyler, si è trovato a essere diretto dal regista di Critters 2. Ci siamo incontrati ed è stata una bella esperienza. Lui conosceva Norman Bates meglio di chiunque altro, era un tipo eccentrico, molto tosto, mentre io avevo poca esperienza. Quando gli ho mostrato il film finito gli è piaciuto, è stato difficile, ma gratificante".
L'incontro fatidico con Stephen King
Il nome di Mick Garris comincia a circolare negli ambienti che contano e nel 1991 Columbia Pictures lo contatta per proporgli I sonnambuli, basato su una sceneggiatura originale di Stephen King. "Amavo molto i suoi lavori" ricorda Mick Garris "abbiamo un background molto simile, stessi gusti, stessa generazione. L'incontro con i produttori è andato molto bene, ma c'era un altro regista in ballo. Hanno affidato il lavoro a lui, ma ha cambiato tutto e Stephen King ha minacciato di togliere il suo nome, così dopo un mese e stato licenziato e sono stato richiamato io. Non non ho incontrato Stephen King fino a che non l'ho diretto nel cameo con Clive Barker e Tobe Hooper, ma ci sentivamo via telefono o fax. Sul set è stato solo due ore, ha girato il suo cameo e poi è ripartito. L'ho rivisto quando gli ho mostrato il montaggio de I sonnambuli in una sala di montaggio a New York. Eravamo solo io, lui e sua moglie Tabitha. Stephen rideva, urlava, si è divertito molto così qualche tempo dopo mi ha chiesto lui di dirigere L'ombra dello scorpione".
Romanzo fiume, L'ombra dello scorpione è, insieme a It, il capolavoro di Stephen King. Trasformarlo in una miniserie di quattro episodi, per Mick Garris, è stata un'impresa titanica: "La buona notizia è che Stephen aveva scritto personalmente la sceneggiatura. Abbiamo girato soprattutto in Utah, a New York e Pittsburgh, ma avevamo 95 location, 126 ruoli parlanti, una scena ambientata a Las Vegas con 600 comparse da girare, e poi animali, effetti speciali, tutto in 100 giorni di riprese. La miniserie è ambientata in un mondo in cui gli esseri umani sono quasi tutti morti, ma fuori dalla mia inquadratura c'erano treni, automobili e persone, tutto era incredibilmente complicato. La domanda giusta da fare sarebbe cosa non è stato difficile".
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Da L'ombra dello scorpione a Shining
Altrettanto impegnativa la sfida con Shining, che ha spinto Mick Garris a misurarsi con l'adattamento di Stanley Kubrick tanto osteggiato da Stephen King. E' stato proprio King a premere per realizzare una nuova versione del suo romanzo dopo gli scontri con Kubrick e anche stavolta lo scrittore ha voluto Garris dietro la macchina da presa. Commentando la delicata questione, il regista ricorda: "Adoravo Shining, uno dei più spaventosi di King. Ho visto il film due giorni prima dell'uscita, nel 1980. Ero eccitato, ma ne sono uscito deluso, all'epoca le recensioni furono terribili. Mi ci sono voluti anni per capire che Shining era un grande film di Kubrick, ma un terribile adattamento. Avrei dovuto capirlo prima, Stephen King è uno scrittore coinvolgente ed emozionante, Kubrick è un regista freddo e clinico, sono troppo diversi. Kubrick ha preso le idee che gli piacevano e ha fatto il suo film, che aveva poco a vedere col romanzo".
Tra gli adattamenti dal Re del Brivido non suoi più riusciti, Mick Garris cita Stand by me - Ricordo di un'estate, Misery non deve morire, Carrie - Lo sguardo di Satana e La zona morta. E se dovesse tornare a dirigerne un altro lui stesso? "Non vorrei rifare qualcosa che è già stato fatto, il caso di Shining è stato un'eccezione. Mi piacerebbe dirigere The Outsider. In realtà l'opera che vorrei adattare maggiormente è Il gioco di Gerald, e l'avevamo quasi fatto. Avrei dovuto produrne una versione diretta da King in persona, ma il progetto si è arenato. Mike Flanagan ha fatto un gran lavoro per Netflix, ma avrei davvero voluto farlo io. Ogni volta che ho lavorato con Stephen King è stata un'esperienza fantastica, perciò farei qualsiasi cosa".
I trascorsi di Stephen King come regista si limitano a un unico film, Brivido, B-movie mal riuscito, le ragioni ce le spiega Mick Garris: "Io e King ne abbiamo parlato. Non è un segreto che lui è un ex alcolista, e all'epoca abusava di sostanze. Non sul set, ma ne era comunque influenzato. In più Brivido è prodotto da Dino De Laurentis e King si è trovato a dirigere una troupe interamente italiana dove nessuno parlava inglese, quindi doveva avvalersi di traduttori. Non erano le condizioni migliori per fare un buon film".
Masters of Horror: il dream team dell'horror al servizio di una serie tv
La vetta professionale di Mick Garris arriva nel 2005 con la serie tv Masters of Horror. "Non riesco ancora a credere di essere riuscito a mettere insieme un dream team come quello" ammette il regista con trasporto. "E' stata la miglior esperienza lavorativa della mia vita e tutto è nato da una serie di cene con i migliori registi horror dell'epoca. Alle cene parlavamo di quanto sia frustrante non riuscire a fare ciò che amiamo, delle difficoltà nel mettere insieme i soldi, nel convincere gli studios. Da lì ho avuto l'idea di fare una serie di film da un'ora per la tv dove ognuno di noi avrebbe avuto la massima libertà creativa. Alcuni autori erano amici miei, altri hanno aderito perché l'idea gli è piaciuta. Non avevamo tanti soldi né tanto tempo, ma tutti hanno avuto controllo creativo totale".
Tra i Masters of Horror mancavano all'appello Wes Craven e George Romero, impegnati in altri progetti, ma c'era il nostro Dario Argento per cui Garris ha solo parole entusiastiche: "Dario non parla bene inglese, ma amavo il suo lavoro. Quando l'ho chiamato e gli ho proposto Jenifer, scritto e interpretato da Steven Weber, lui l'ha amato. Adoro Dario, ha una visione unica e insieme abbiamo lavorato benissimo. E' molto affettuoso, quando gli ho proposto la stagione 2 era entusiasta di tornare". Il risultato dei Master of Horror ha conquistato tutti per l'originalità del progetto e per l'efficacia di alcuni episodi. Come ricorda Garris, "l'episodio di Takashi Miike non è stato trasmesso su Showtime perché era troppo spaventoso, ne abbiamo fatto due stagioni. E' stato fantastico, come avere i malati alla direzione del manicomio!". Quali sarebbero oggi i Masters of Horror del futuro per Mick Garris? "Ci sono tanti registi giovani che stimo: Ari Aster, Coralie Fargeat, Andre Ovredal, ma non li chiamerei 'masters of horror', non sono ancora un brand come erano Landis o Carpenter. La mia speranza è che Nightmare Cinema, l'horror antologico presentato qui a Lucca, diventi una serie tv per potere coinvolgere registi e registe di diverse nazionalità".