Per l'incontro con Michael Nyman alla Festa del Cinema di Roma la sala non è gremita come per altri talent che abbiamo avuto il gran piacere di ascoltare. Forse è un nome che richiama meno il pubblico, eppure l'uomo occhialuto che ci si sta per parare innanzi ha firmato alcune delle più belle ed emozionanti colonne sonore degli ultimi decenni. Infatti l'incontro è preceduto da una serie di clip tratte da film che lui ha musicato: Lezioni di piano, I misteri del giardino di Compton House, Gattaca - La porta dell'universo, Fine di una storia. Insolito "sparare tutte le cartucce" all'inizio e non usare questi spezzoni per intervallare i suoi interventi.
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Conduce l'incontro Mario Sesti, che presenta Nyman come uno dei più grandi esponenti del Minimalismo musicale al cinema. "Ci vorrebbe l'intera notte per definire nuovamente il minimalismo", sentenzia il compositore, e subito mette in chiaro che non è qui per parlare della sua musica, bensì dell'attività di regista.
Filmare l'uomo comune
Nyman comincia il suo lungo racconto. Da tempo se ne va in giro portando sempre con sé una piccola macchina da presa e riprende le persone comuni, intente nelle loro attività, che in qualche modo lo colpiscono.
"Due giorni fa ero nella mia stanza d'albergo. Ho guardato fuori e c'era un tipo che puliva le finestre. Ho iniziato a filmarlo. La mia stanza era al terzo piano, lui era sospeso, con un cavo metallico, era molto meticoloso. Aveva uno straccio, la sua borsa, e ognuna delle parti della vetrata veniva pulita nello stesso modo. Puliva la sua vetrata come io faccio il mio lavoro. Più o meno, tenendo la macchina fissa, ho seguito la sua attività. A un certo punto ci siamo salutati. Il processo di trasformare questo filmato in un film consiste semplicemente nel fatto che ho aggiunto dei titoli e una colonna sonora".
E così via per tutta la durata di questo incontro, con il pubblico un po' deluso in verità, con Mario Sesti che tenta di riportare il discorso all'attività che ha reso grande Nyman e che gli ha fatto meritare tre nomination ai Golden Globe.
"Non ho intenzione di parlare dell'industria cinematografica o delle colonne sonore che ho realizzato per altri registi", ribadisce il compositore chiaro e tondo.
Palese il disappunto di chi ha pagato il biglietto: sul programma della Festa c'è scritto a chiare lettere: "incontrerà il pubblico della Festa per parlare dello stretto legame che unisce cinema e musica", ma è evidente che abbiamo davanti un tipo a dir poco caparbio, che vuole approfittare del microfono per parlarci dell'altra sua attività, quella che resta in ombra.
"I film che faccio io hanno come soggetti degli esseri umani che fanno delle cose molto naturali, come quella del lavavetri. Ero sul treno da Varsavia a Berlino", prosegue con i suoi racconti, "e arriva un tipo ubriaco che cerca di vendermi la sua cravatta. Erano solo le 7 del mattino. Mi sono seduto nel vagone ristorante, lui era poco più in là. Ho notato che stava cercando di annodarsi la cravatta che voleva vendermi. Ho continuato a fare colazione, ma intanto l'ho filmato. Non mi sarebbe venuto in mente di filmare un ubriaco che tenta di farsi il nodo alla cravatta". E in effetti, nemmeno a noi sarebbe mai venuto in mente che durante questo incontro avremmo dovuto ascoltarne la storia.
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Minimalismo da videoarte
"Dentro il minimalismo c'è tutto un insieme di storie. A me piace spiegare cosa c'è all'origine di un film, ma ciò non significa che i contenuti rendano necessariamente buono un film". Si fa sempre più criptico il monologo di Michael Nyman, nonostante tenga in ostaggio il microfono, stravaccato sulla poltrona come se si trovasse da solo a casa sua davanti al televisore, e non di fronte a una platea pagante che voleva ascoltare tutt'altro.
"Di colonne sonore ne ho scritte molte nel corso della mia vita. A volte è stato facile, come nel caso di Wonderland. Altre volte, come per Lezioni di piano, ho seguito delle istruzioni, prima che il film venisse girato". Questa è una delle poche concessioni che ci fa, parlando delle sue composizioni. "Scrivere una colonna sonora richiede molto tempo. A volte il regista, con tutto il rispetto, non capisce un accidente di ciò che davvero gli serve per il suo film".
I cortometraggi che ci mostra sul grande schermo, come Privado e The Witness, sono oggetti a dir poco interessanti, ma molto più vicini alla videoarte che al cinema. Starebbero bene se proiettati in un museo di arti contemporanee - e in questo caso magari il MAXXI - e non in un cinema. Ma a questo punto ha un senso chiedergli come li sonorizza, come ne sceglie suoni e musiche.
"A volte uso i suoni del luogo in cui giro, altre volte uso la mia musica, altre volte uso suoni disponibili su iTunes. Sono decisioni che prendo in 25 secondi e poi non c'è mai un ripensamento".
Dopo altri lunghi racconti assolutamente aneddotici, si pone da solo la domanda: "Mi sono chiesto come mai non riesco a essere un compositore più fantasioso come lo sono per la regia". A dire il vero, noi ringraziamo che sia l'inverso.