Due anni dopo che il marito - nonché collega tra la fila dell'esercito - ha perso la vita in un'esplosione mentre combatteva sul fronte in Afghanistan, Michelle Miller presta servizio nel reparto di chirurgia d'emergenza presso l'ospedale Mercy; la donna, che non è riuscita a dimenticare quel drammatico lutto da lei vissuto in prima persona, cresce amorevolmente il figlioletto Bobby.
Come vi raccontiamo nella recensione di Mercy, Ryan Quinn, fratello del potente boss irlandese Patrick "Paddy" Quinn, si trova sotto scorta da parte dell'FBI quando, durante un trasferimento, il fratello Sean, a capo di una banda di uomini armati, assalta il convoglio. Uno degli agenti riesce a sopravvivere e guida fino all'ospedale con il testimone gravemente ferito, con Michelle che sarà lì a occuparsene in prima persona in un intervento delicatissimo. Nel frattempo l'anziano gangster arriva nei pressi della struttura con l'intento di far visita al figlio, ma alcune schegge impazzite tra i suoi uomini e lo stesso Sean, che ha qualcosa da nascondere, complicano ulteriormente la situazione. Michelle dovrà allora affidarsi alle sue abilità maturate in guerra per evitare un massacro di innocenti.
Questione di scelte
Passi per vecchie glorie del cinema che prendono parte a produzioni di serie B nelle vesti di funamboliche guest-star: basti pensare a Robert De Niro o Al Pacino, tra i tanti, che hanno spesso interpretato ruoli in pellicole non certo memorabili. Non sorprende perciò la presenza di Jon Voight nelle vesti di anziano gangster, per una performance che gli è valsa il razzies come peggior attore all'ultima edizione dei premi antitetici agli Oscar. Meno giustificabile è invece la deriva che ha preso la carriera di Jonathan Rhys Meyers, che ha letteralmente dilapidato la fama che si era procurato agli inizi del nuovo millennio, tra il Match Point (2005) di Woody Allen e l'Elvis (2005) televisivo per la BBC, che gli valse anche un Golden Globe. Dal ruolo di Re Enrico VIII nella serie cult The Tudors, l'attore irlandese ne ha azzeccate veramente poche, spesso riciclandosi in film di cassetta senza arte ne parte come questo The Mercy di cui vi parleremo. Il ruolo della protagonista è invece affidato all'attrice canadese Leah Gibson, certamente meno famosa dei suoi succitati colleghi nonostante abbia preso parte a produzioni blockbuster di un certo peso, ma quasi sempre alle prese con personaggi secondari.
Non chiamatelo sesso debole
Ci troviamo davanti ad un'operazione risibile, che ricicla l'ennesimo topoi dell'action-hero d'un pezzo pronto a tutto pur di risolvere la situazione nel momento del bisogno, appunto affidando il cuore dell'azione a questa "eroina americana", come definita dai stessi dialoghi: ex membro dell'esercito, questa moderna Soldato Jane dal passato tormentato si diletta anche in saluti militari d'ordinanza in sequenze totalmente scollegate dalla realtà, in una tronfia retorica stelle e strisce che lascia quanto meno perplessi. Ma inverosimiglianze a parte, nel corso degli ottanta minuti di visione non funziona quasi nulla, a cominciare dalla gestione dei vari personaggi, sia principali che di contorno: basti notare la forzatura adoperata per inserire la figura del figlioletto di Michelle, che per buona parte del racconto se ne sta nascosto in un armadietto dell'ospedale salvo poi essere scoperto nel più stupido dei modi.
Tutto già visto
Non mancano naturalmente le bombe da disinnescare all'ultimo secondo - con tanto di situazione che si ricollega al "drammatico" flashback d'apertura - e i tradimenti all'interno della stessa banda criminale, dove la "saggezza" dei vecchi viene messa in discussione dai nuovi virgulti pronti a emergere, nella speranza di succedere a quel potere malavitoso così accecante e assimilante. Ecco perciò che le crudeltà nei confronti dei civili si sprecano, mentre l'FBI e la polizia ovviamente brancolano nel buio, lasciando spazio libero a quella protagonista implacabile. Tutto come previsto per un action come tanti, che non ha paura di scadere nel ridicolo involontario e pochi problemi si fa nel gestire una sceneggiatura riciclante archetipi immemori, classico titolo da cestone del supermercato.
Conclusioni
Un ospedale quale luogo sensibile della resa dei conti tra la combattiva protagonista, ex soldatessa con esperienza in terra mediorientale, e la banda facente capo a un potente patriarca del crimine irlandese, che deve vedersela con le ignorate ostilità fra i suoi figli e potenziali successori. Un b-movie che scade spesso nel ridicolo involontario questo Mercy, tronfio e sensazionalista nel suo richiamo a quel sentimento retorico tipicamente "americano", con un'eroina pronta a incarnare i valori della madre patria a stelle e strisce, con i pro e - soprattutto - i contro del caso.
Perché ci piace
- La breve durata.
Cosa non va
- Un cast mal assortito, tra guest star d'eccellenza e una protagonista poco carismatica.
- Sceneggiatura ricca di inverosimiglianze.
- Messa in scena anonima e priva di suspense nella gestione dell'azione.