Nella fiction hanno a che fare ogni giorno con eventi carichi di sofferenza e angoscia, dove se non si sta attenti la tragedia è dietro l'angolo. Forse è per questo che il folto cast di Terapia d'urgenza, nuovo serial ospedaliero in onda da venerdì 29 agosto in prima serata su Raidue, si è scatenato durante la conferenza di presentazione; tanto che in alcune occasioni l'atmosfera sembrava più consona alle derive parodistiche di uno Scrubs (o dell'imminente Medici Miei) piuttosto che a questo tradizionale medical-drama tendente alla soap, mutuato dal format spagnolo di successo Hospital Central. A farne le spese soprattutto Max Pisu, che nella serie interpreta l'infermiere buontempone Rocco Cannizzaro, divenuto durante la conferenza affettuoso bersaglio delle frecciatine di colleghi e collaboratori. "Certo, va un po' a scapito del realismo della serie la presenza di medici e infermieri così avvenenti" esordisce il Direttore di rete Antonio Marano. "Per fortuna che c'è Max Pisu che abbassa la media", gli fa subito eco il capostruttura di Rai Fiction Francesco Nardella. E poi, via a un fuoco di fila di battute ai danni del povero Tarcisio ("abbiamo avuto difficoltà a inquadrarlo", chiosa uno dei registi), che però dimostra di sapersi ben vendicare contro Cesare Bocci: non appena l'affascinante primario prende la parola, Pisu lo interrompe facendo squillare sul telefonino la sigla della serie tv. Insomma, ogni formalità legata ai compassati riti delle conferenze stampa tradizionali va subito a farsi benedire, e ad emergere è piuttosto l'affiatamento nato tra gli interpreti della fiction, un variopinto gruppo composto tra gli altri da Rodolfo Corsato, Antonella Fattori, Milena Miconi, Sergio Muniz, Daniela Scarlatti, Marco Basile e Alessia Barela. Ma c'è spazio anche per un momento di commozione, che si consuma quando la troupe ricorda con un caldo applauso lo stuntman Nicolò Ricci, scomparso tragicamente durante le riprese.
I direttori, i produttori, i registi (Gianpaolo Tescari, Lucio Gaudino e Carmine Elia) e gli attori hanno approfondito le caratteristiche del serial, mettendone in evidenza soprattutto lo sforzo produttivo (tre anni di preparazione e nove mesi di riprese per una stagione composta da 18 puntate di 100 minuti ciascuna) e l'inedita realizzazione nella sede di Milano (per l'occasione è stato costruito un teatro di posa di 1500 metri quadri che riproduce fedelmente un ospedale).
Come giudicate l'esperienza di produzione milanese? Francesco Nardella: Credo che uno degli aspetti più innovativi legati alla realizzazione di questa serie sia il fatto di aver aperto la strada a una produzione milanese, dal momento che è da 27 anni che la Rai non produceva una fiction nel capoluogo lombardo (per la precisione dall'epoca dello sceneggiato La storia di Anna, diretto da Salvatore Nocita, datato 1981). Sarebbe necessario valorizzare meglio questo polo produttivo, tecnico e artistico e mi auguro che a partire da questa esperienza apripista venga realizzato un nuovo centro industriale.
Cesare Bocci: L'esperienza milanese è stata una vera e propria scoperta, si percepiva l'entusiasmo di chi sperimentava cose nuove. Ci tengo ad aggiungere che abbiamo potuto contare su un gran numero di attori e caratteristi locali, molti dei quali provengono dal teatro lombardo, estremamente validi, ma che purtroppo per questioni logistiche sono poco sfruttati dalle fiction nostrane, in genere realizzate nella Capitale.
Quali aspetti sono stati privilegiati nella realizzazione delle storie?
Anna Mittone (coordinatrice degli sceneggiatori): Abbiamo tratto ispirazione da episodi realmente accaduti. Il nostro interesse si è concentrato soprattutto sugli aspetti umani prima ancora che medici. I casi clinici al centro di ogni episodio sono scelti perché riflettono aspetti della vita e del carattere dei protagonisti. E, cosa più importante, le storie devono possedere un forte appeal umano. Ogni malato è considerato soprattutto in quanto essere umano unico, con le sue diversità e le sue sfaccettature psicologiche.Cosa vi ha convinto a puntare su un progetto così imponente e a investire ingenti risorse in una serie lunga senza realizzare prima una puntata pilota? Francesco Nardella: Come per Un medico in famiglia uno dei fattori che ci ha spinto a credere nel progetto è l'enorme successo del format originale spagnolo, Hospital Central, che ha raggiunto su Telecinco una media del 25% di share diventando la prima serie nazionale. Un investimento così ragguardevole in termini produttivi (la scenografia e gli studi sono molto più elaborati dell'originale spagnolo) non poteva essere speso per girare solo una puntata pilota, ma doveva essere ammortizzato con la realizzazione dell'intera serie. Del resto anche gli americani, che complessivamente buttano via circa 300 milioni di euro l'anno per piloti di serie non andate a buon fine, ultimamente stanno tentando di modificare questa prassi.
Qualche anticipazione sugli intrecci amorosi dei protagonisti? Milena Miconi: Il personaggio che interpreto, il medico Laura Costa, vive una sorta di triangolo amoroso tra il vecchio fidanzato Valerio Santamaria e l'affascinante medico spagnolo Nicola Palumbo. Ma pian piano capisce che Nicola non è la persona adatta a lei. Fondamentalmente Laura è una donna insicura, non sa ancora bene cosa vuole dalla vita.
Sergio Muniz: Impersono il chirurgo Nicola Palumbo. Il mio ruolo dal punto di visto sentimentale è quello dello sfortunato cui non riesce nessuna ciambella col buco. Ci prova, si impegna al massimo per coronare le sue storie d'amore, ma fallisce sempre. Meglio non anticipare altro, preferisco che guardiate tutti gli episodi.Max Pisu: Io sono l'unico che non fa sesso con nessuno, anche perché sono già tutti impegnati! È rimasto libero solo lo specializzando Michele Cesari, magari provo a copulare con lui.
Daniela Scarlatti: Interpreto l'infermiera caposala Giulia Graziosi. Posso solo dire che avevo sempre sentito parlare dei flirt che spesso si consumano tra capisala e primari. Nel mio caso questo pettegolezzo è pienamente confermato! Ne vedrete delle belle.
Rodolfo Corsato: Il sono il chirurgo Riccardo Malosti, tutor degli specializzandi. Un po' alla Dr House: Medical Division, sono il classico burbero dal cuore tenero. Mi arrabbio con tutti, ma alla fine lo faccio per il bene dei miei allievi e dei pazienti. Anche io avrò una storia d'amore con un altro personaggio, ma al momento non posso rivelarla...
Antonella Fattori: Il mio personaggio incarna nell'immaginario collettivo la chirurga per eccellenza. Cristiana Gandini è una bella donna, umana, emotiva quando serve e razionale quando serve. Insomma, come dovrebbero essere tutti i chirurghi.
Alessia Barela: Io invece sono la più fortunata di tutte perché ho deciso di lasciare in pace tutti i bei maschi del cast e di dirigermi su altri lidi...
In che modo si alternano i registi durante la lavorazione? Gianpaolo Tescari: Secondo un semplice criterio aritmetico; io ho diretto la prima puntata e gli altri due registi mi hanno seguito a ruota. Abbiamo continuato a seguire lo stesso turno, interrompendolo solo per criteri logistici. È stato fondamentale l'apporto del direttore creativo che ci ha assistito durante la lavorazione per armonizzare lo stile di regia ed evitare scelte artistiche incoerenti.
Lucio Gaudino: In molte altre serie lunghe (come La Squadra) sono coinvolti fino a cinque o sei registi complessivamente. Nel nostro caso c'è stato un forte affiatamento che ci ha permesso di interagire gli uni con gli altri e di realizzare un prodotto il più possibile omogeneo. Per me è stata un'enorme esperienza formativa, perché mi ha permesso di andare al di la del mio orticello e di imparare da altri colleghi.
Che difficoltà hanno incontrato gli attori nel rapportarsi a registi differenti?
Antonella Fattori: Il rapporto che si instaura tra un attore e il suo regista è sempre molto intenso, tanto che io lo paragono sempre a una storia d'amore. In questo caso si trattava di gestire tre storie d'amore contemporaneamente, compito non certo facile! È stato faticoso riuscire a sintonizzarsi allo stesso modo con tutti i registi, almeno all'inizio. Forse il valore aggiunto è la possibilità di sperimentare il personaggio in direzioni e aspetti diversi.Alessia Barela: Per me il fatto di dover interagire con registi diversi è stimolante. Fare affidamento su più di una persona consente di tirar fuori maggiori risorse artistiche e di approfondire al meglio le sfaccettature del personaggio.
È già in lavorazione una seconda stagione di Terapia d'urgenza? Antonio Marano: Attualmente è già avviata la fase di scrittura della seconda stagione. Confidiamo nel buon esito di queste 18 puntate, nonostante la prima serata di venerdì sia molto difficile (ma era l'unico giorno possibile per la programmazione). Tuttavia credo che la nostra formula editoriale sia quella vincente. La Rai ha curato un'ottima campagna promozionale e penso si possa, se non replicare il successo spagnolo, raggiungere un buon risultato.