L'eccezione alla regola che vuole i divi di Hollywood "belli e dannati" è Mark Ruffalo. Per essere bello, il divo del Wisconsin lo è senza dubbio, ma di una bellezza poco appariscente, da vicino di casa per cui si potrebbe avere una cotta. Certamente, però, Ruffalo non è maledetto. Difficilmente si può incontrare un attore più umile, cortese e amichevole dell'interprete di Hulk. A differenza del supereroe da lui incarnato, Mark Ruffalo sembra incapace di arrabbiarsi. La sua dolcezza, l'entusiasmo e il talento gli hanno permesso di conquistare un posto speciale nel cuore del pubblico. La sua capacità di indignarsi viene incanalata nelle decine e decide di cause sociali che lo vedono schierato in prima linea, fervente liberal, ambientalista, nemico delle discriminazioni e difensore delle fasce più deboli.
Anche nel privato Mark Ruffalo è ciò che ci aspetteremmo. Marito devoto di Sunrise, padre orgoglioso di Keen, Bella e Odette, l'attore nelle cui vene scorre sangue italiano ammette di essere un po' sbadato e di sentirsi perso senza l'incantevole moglie. Colpa, forse, della malattia che lo ha colpito dieci anni fa - un tumore benigno al cervello di cui non fa mistero - o semplice distrazione? Sta di fatto che di recente Ruffalo ha diffuso per sbaglio in live streaming un lungo frammento di Thor: Ragnarok durante la premiere losangelina del film. Dopo aver inviato immagini del red carpet in diretta sui social, l'attore si è accomodato sulla sua poltrona dimenticandosi di interrompere il collegamento e l'audio di una lunga porzione di film è finito in rete. E come dimenticare le simpatiche gaffes dell'attore che in più di una occasione si è lasciato sfuggire spoiler più o meno sostanziosi per poi impallidire e implorare la comprensione di Marvel? Mark Ruffalo è così, affascinante e sbadato, fragile e rassicurante. Giunto alla fatidica soglia dei 50 anni, non possiamo non celebrare l'importante traguardo per l'interprete che amiamo proprio perché non teme di mostrare le proprie debolezze.
Leggi anche: Mark Ruffalo a Giffoni "Se mi vorrete ancora, sarò un Hulk ingrigito"
Il nostro attore non protagonista preferito
Provenendo dalla working class del Wisconsin, realizzare il sogno di recitare è costato fatica a Mark Ruffalo che, dopo aver studiato presso lo Stella Adler Conservatory, ha lavorato per oltre 10 anni in un bar per mantenersi mentre fondava la propria compagnia teatrale, la Orpheus Theatre Company, in cui ha fatto di tutto, dal regista al tecnico luci. Sacrificio e abnegazione hanno permesso all'attore di diventare uno dei volti più apprezzati del cinema indie, ma il passepartout per accedere al grande schermo glielo ha fornito Kenneth Lonergan che, dopo averlo scoperto e diretto nella pièce This Is Our Youth, lo ha voluto nel ruolo del fratello ribelle di Laura Linney in Conta su di me. Da lì in poi la sua carriera è decollata nonostante lo stop dovuto al tumore che lo aveva colpito, costringendolo a rinunciare al ruolo di co-protagonista in Signs, ruolo andato poi a Joaquin Phoenix.
Niente cerchi nel grano per l'attore, che si è rifatto alla grande interpretando l'interesse sentimentale di Gwyneth Paltrow in Una hostess tra le nuvole. I due attori si ritroveranno a frequentarsi (sullo schermo) dieci anni dopo in Tentazioni (Ir)resistibili, dramedy incentrato su ossessioni e dipendenze, e la statuaria Gwyneth è senza dubbio una dipendenza comprensibile. In questo periodo Mark Ruffalo passa di cult in cult, ma sempre in ruoli da comprimario di lusso. Dal cupo In the cut allo struggente Se mi lasci ti cancello, passando per il nichilista Collateral fino ad approdare al ruolo dell'Ispettore David Toschi in Zodiac di David Fincher. Mark Ruffalo è un poliziotto, un tecnico, un tuttofare. Il suo aspetto poco appariscente gli permette di calarsi in qualsiasi ruolo, ma è il suo talento straordinario a farlo divenire un punto di riferimento per i registi tanto da essere paragonato a un giovane Marlon Brando. Tra un set e l'altro, nel 2010 Ruffalo trova anche il tempo per mettersi dietro la macchina da presa realizzando Sympathy for Delicious, manifesto indie che gli frutterà il Premio Speciale della Giuria al Sundance.
Leggi anche: Thor: Ragnarok, 10 cose che potreste non aver notato
Anche gli Avengers hanno un cuore
Il 2012 segna l'appuntamento con Hulk e i Marvel Studios. Appuntamento rimandato perché già quattro anni prima Louis Leterrier avrebbe voluto Ruffalo nel ruolo di Bruce Banner, ma la Marvel aveva posto il veto preferendo Edward Norton. Il connubio non è andato troppo bene e gli attriti tra Norton e Marvel hanno finalmente aperto la strada a Mark Ruffalo. L'ingresso in un franchise così popolare ne ha sancito il passaggio da attore indie a superstar. Dopo anni di insicurezze, la fama del divo gentile ha raggiunto vette stellari, lo dimostrano le reazioni isteriche dei fan di fronte alle numerosi apparizioni pubbliche legate agli eventi promozionali Marvel. Pur essendo approdato in un universo cinematografico amatissimo e incredibilmente lucroso, Mark Ruffalo non esita a dismettere i verdi panni di Hulk per scendere in piazza tra la folla a sostenere cause ambientali o sociopolitiche. Il tutto nonostante il personaggio dell'iracondo gigante verde lo abbia reso una stella di prima grandezza.
Vedremo mai un solo su Hulk? Difficile a dirsi. Per anni è stata negata perfino l'ipotesi di un lungometraggio dedicato a Hulk visto che il personaggio funziona così bene insieme agli altri Avengers, ma ora che il team di supereroi originario sta per disintegrarsi per Hulk si potrebbero aprire nuove possibilità. Nel frattempo, dopo che Joss Whedon ha scelto di mostrare il lato sentimentale di Banner imbastendo una relazione tra lui e Black Widow, Thor: Ragnarok ha scelto di dare un restyling al personaggio spingendo sul pedale della commedia e rinsaldando il rapporto con Thor e Loki. Resta da capire se Hulk uscirà indenne dalla Infinity War e se il suo interprete avrà ancora voglia di giocare a fare la star dei cinecomic.
Leggi anche: Mark Ruffalo perde il portafogli nella neve, ma lo ritrova con Twitter
Non solo Hulk
"La sceneggiatura è tutto ciò che i film indie hanno ed è molto importante per loro. I personaggio sono delineati meglio, le storie sono più precise e l'esperienza sul set è migliore che con i film degli studios in cui talvolta ultimano la sceneggiatura mentre stanno girando". Con dichiarazioni come queste è chiaro che, pur divertendosi - e incassando milioni su milioni - nei panni di Hulk ciò che sta a cuore a Mark Ruffalo è l'arte. Così, tra un comic movie e l'altro, il divo ci ha regalato una manciata di performance strepitose che gli hanno permesso di conquistare tre nomination all'Oscar. Naturalmente sempre come miglior attore non protagonista. La prima volta che l'Academy si è accorta di lui, Ruffalo interpretava il sexy donatore di sperma che sconvolge il ménage della coppia composta da Julianne Moore e Annette Bening in I ragazzi stanno bene, manifesto indie gay. Lo stesso attore interpreta magnificamente un omosessuale nel toccante The Normal Heart, film tv sulle origini della diffusione dell'AIDS.
La seconda nomination arriva nel 2015, con la mimetica trasformazione di Mark Ruffalo nel lottatore David Schultz in Foxcatcher - Una storia americana, dramma sportivo ispirato a una storia vera. Niente motion capture in questo caso, ma trucco prostetico e un'intensa preparazione fisica che gli permettono di scomparire nel personaggio praticando lo sport che lo aveva accompagnato durante gli studi. La sua passione per le cause sociali lo aiuterà l'anno successivo a interpretare l'appassionato giornalista investigativo del Boston Globe Mike Rezendes, motore dello Spotlight team che ha portato alla luce decine di casi di molestie sessuali ai danni di minori da parte di preti insabbiate Chiesa Cattolica di Boston. Ancora l'Academy non ha premiato Ruffalo, ma è solo questione di tempo. Nel frattempo l'attore si è concesso un divertissement romantico in una chicca come Tutto può cambiare in cui lo vediamo perfino suonare il basso, altra sua grande passione di gioventù. C'è qualcosa che Mark Ruffalo non sa fare?