Il 5 agosto del 1962, Marilyn Monroe veniva ritrovata senza vita, a causa di un'overdose di barbiturici, nella sua casa di Helena Drive a Brentwood, Los Angeles. A trentasei anni, Norma Jean Baker sarebbe andata via tra sospetti mai dimostrati e un grande rammarico per chi non riuscì ad apprezzarla come meritava, lasciando un vuoto incolmabile nella Hollywood la cui Golden Age era ormai finita.
Cresciuta lontana dalla madre durante un'infanzia molto difficile, a dieci anni Norma entrò in orfanotrofio. Qui iniziò a coltivare il sogno della recitazione e delle luci della ribalta, anche perché la sua presenza non passava inosservata già ai tempi della scuola. Sposatasi per la prima volta a sedici anni con l'operaio ventunenne Jim Dougherty, Norma venne un giorno notata da un fotografo che doveva realizzare un servizio da inviare alle truppe impegnate in guerra. I suoi scatti giunsero fino al tavolo di uno degli uffici hollywoodiani, e fu così che ebbe inizio il suo percorso da fotomodella: un nuovo lavoro che le spalancò diverse opportunità e la portò a divorziare per la prima volta. Dopo un periodo di apprendistato, scelse il proprio nome d'arte e ottenne i primi contratti, che però non le davano alcuna certezza economica.
Con l'intercessione del talent scout e agente cinematografico Johnny Hyde, che l'aveva conosciuta alla festa di Capodanno del 1949 (organizzata dal produttore Sam Spiegel) innamorandosi di lei, Marilyn ottenne due ruoli: uno in Giungla d'asfalto, prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer; l'altro in Eva contro Eva, realizzato dalla 20th Century Fox diretta da Darryl F. Zanuck, che non intravedeva particolare talento drammatico nella Monroe ma non ne poteva non riconoscere il fascino. Successivamente, il co-fondatore degli Studios, Joseph Schenck, le fece siglare un accordo settennale, che avrebbe condizionato l'intera carriera dell'attrice, nel bene e nel male.
Di seguito con una selezione dei suoi migliori film, vogliamo riscoprire il percorso cinematografico di Marylin Monroe, rendendo omaggio, a sessant'anni dalla sua scomparsa, a una donna e un'artista assolutamente unica: sfortunata a causa della sua esistenza tormentata, ma iconica per quello che ha saputo regalare al pubblico.
1. Gli esordi: Giungla d'asfalto ed Eva contro Eva (1950)
Prima fidanzata di un avvocato corrotto, poi aspirante attrice che vorrebbe sostituire sul palco teatrale la protagonista Margo Channing (interpretata da Bette Davis): non sono le prime partecipazioni assolute di Marilyn sul grande schermo, ma certamente le prime due rilevanti, anche per essere stata diretta da due registi come John Huston e Joseph L. Mankiewicz.
Nonostante non fosse particolarmente apprezzata ai piani alti della Fox, Marilyn si preparava continuamente per ottenere dei ruoli che le dessero quanto più risalto, tanto da frequentare gli Actors' Studio e cambiare continuamente maestri di recitazione dai quali apprendere la tecnica recitativa e con cui affinare le proprie inclinazioni. Purtroppo, la relazione con Hyde e le attenzioni di Schenck gettarono in cattiva luce l'ancora molto giovane Monroe, in qualche maniera danneggiata dai pettegolezzi che la precedevano. Il disastroso epilogo del suo rapporto con Hyde provocò in lei una grave reazione nervosa, tanto da spingerla a prendersi la responsabilità della scomparsa dell'uomo e costringerla a dover affrontare uno scandalo pubblico per la prima volta nella sua carriera, destabilizzandola a tal punto da tentare un gesto estremo, poi fortunatamente evitato.
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2. Il magnifico scherzo (1952)
Il chimico Barnaby Fulton, collaboratore di una grossa società industriale, crede di aver raggiunto una grande scoperta: l'elisir dell'eterna giovinezza. Nel frattempo, accade qualcosa di impensabile: approfittando di un momento di calma, lo scimpanzé Rodolfo, del quale Fulton si serve per i suoi esperimenti, si siede al tavolo da lavoro e inizia a mescolare filtri e contenitori, per poi versare il liquido ottenuto nel serbatoio dell'acqua potabile. Successivamente, rientrato in laboratorio, Barnaby beve un bicchiere di quell'acqua modificata e si trasforma in un ragazzo esuberante, scatenato e irrefrenabile. Il nuovo ritrovato verrà così utilizzato da molte altre persone, portando a regredire tutti i malcapitati alla loro infanzia...
Diretto da Howard Hawks, scritto da Ben Hecht, Charles Lederer, I.A.L. Diamond da un soggetto di Harry Segall, Il magnifico scherzo è il primo film dove la presenza di Marilyn Monroe è considerevole. Accanto a Cary Grant, Ginger Rogers, Charles Coburn e Hugh Marlowe, il ruolo di Lois Laurel sarà quello che confermerà la vocazione per la commedia dell'attrice, che però sentiva di essere pronta anche per personaggi inseriti in un contesto drammatico. L'occasione giungerà presto.
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3. Niagara (1953)
Polly e Ray Cutler decidono di trascorrere un periodo di vacanza presso le cascate del Niagara. È, in realtà, la loro luna di miele, che consumeranno a tre anni di distanza dal matrimonio. Giunti sul luogo, troveranno però lo chalet occupato da un'altra coppia, quella formata da Rose e George Loomis, apertamente in crisi coniugale. L'uomo, infatti, sospetta che la moglie abbia un amante. I suoi dubbi sono fondati: insieme a quest'ultimo, Rose sta addirittura architettando di uccidere il marito, ma non ha considerato affatto i rischi e le conseguenze di un'eventuale scoperta del piano da parte di George...
Diretto da Henry Hathaway e scritto da Charles Brackett, Walter Reisch e Richard L. Breen, Niagara fu il film che affermò definitivamente Marilyn Monroe a Hollywood. Una provocante moglie adultera che organizza un piano diabolico: sensuale e malvagia allo stesso tempo, sulle note del brano Kiss, e per la prima e unica volta in carriera in un noir dalle forti tinte melodrammatiche. Nel cast anche Joseph Cotten, Jean Peters, Denis O'Dea, Don Wilson, Max Showalter e Richard Allan.
4. Gli uomini preferiscono le bionde (1953)
Gus Esmond (Tommy Noonan), rampollo di buona famiglia, si innamora della ballerina Lorelei Lee, tanto da decidere di sposarla. Ma il padre di Gus, severo e ancorato alle tradizioni, non intende far dilapidare il patrimonio al figlio, e blocca così la partenza che quest'ultimo aveva programmato per l'Europa e il conseguente matrimonio. Ma Lorelei non farà sprecare i biglietti: partirà comunque, insieme alla sua amica Dorothy Shaw (Jane Russell).
Durante la traversata, le due ragazze non lasceranno nulla di intentato e, anzi, con ancora più gusto, poiché sanno che il vecchio Esmond ha messo sulle loro tracce un investigatore privato, Ernie Malone (Elliott Reid), incaricato di raccogliere prove che possano infangare la reputazione di Lorelei e convincere così Gus a lasciarla definitivamente. Dopo essere giunte a Parigi, Dorothy e Lorelei saranno protagoniste di alcune vicissitudini, e coinvolgeranno sia Ernie - nel frattempo innamoratosi della Shaw - che un Lord in cerca di avventure...
Diretto da Howard Hawks e scritto da Charles Lederer da un soggetto di Anita Loos, Gli uomini preferiscono le bionde lanciò sia Marilyn Monroe che Jane Russell nell'olimpo hollywoodiano, rendendole due icone degli anni Cinquanta. Indimenticabile l'intermezzo teatrale parigino, durante il quale si esibiranno come ballerine: qui, Marilyn canterà Diamonds Are A Girl's Best Friend, un brano entrato nell'immaginario collettivo, sia per la performance della Monroe che per le numerose nuove versioni che verranno successivamente realizzate. Si ricordano quelle di Madonna, di Beyoncé e di Christina Aguilera, ma soprattutto quella di Nicole Kidman in Moulin Rouge (2001).
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5. Come sposare un milionario (1953)
Pola Debevoise (Marilyn Monroe), Loco Dempsey (Betty Grable) e Schatze Page (Lauren Bacall) sono tre affascinanti indossatrici presso una casa di moda di New York. Riunitesi nello stesso appartamento utilizzando i propri risparmi, decidono di passare all'azione: trovare in ogni modo tre mariti milionari. In realtà, pur essendo molto determinate, le giovani modelle non riescono a raggiungere l'obiettivo che si erano prefissate: qualcosa, nei loro piani, non va mai per il verso giusto, tra disavventure e imprevisti. Sia Schatze che Loco hanno puntato le loro mire rispettivamente su mister Hanley e su mister Brewster, ma saranno piuttosto ricambiate da due giovanotti spiantati quanto estremamente gentili; Pola, la più sbadata e imprevedibile del gruppo, cerca invece di non fermarsi dinanzi agli ostacoli, sebbene il suo problema sia piuttosto evitarli, essendo affetta da una grossa miopia che non vuole dare a vedere, tanto da non utilizzare mai gli occhiali di cui avrebbe tanto bisogno...
Diretto da Jean Negulesco e scritto da Nunnally Johnson, Zoe Akins, Dale Eunson e Katherine Albert, Come sposare un milionario è uno dei classici più celebri a cui prese parte Marilyn Monroe nella parte centrale della propria carriera. Una straordinaria dimostrazione delle qualità da attrice brillante delle quali era dotata: irresistibile ma goffa, apparentemente ingenua ma estremamente tagliente nelle sue battute candide quanto pungenti.
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6. La magnifica preda (1954)
Matt Calder (Robert Mitchum) vive con il figlio in una fattoria vicino al confine canadese. Un giorno, mentre si trova vicino al fiume, si imbatte in una zattera cha sta andando alla deriva: a bordo vi è una coppia, composta da Harry (Rory Calhoun) e Kay Weston (Marilyn Monroe). Dopo averli salvati, Matt scoprirà che l'uomo è un avventuriero che intende recarsi al più presto in città, lì dove riscattare una miniera d'oro che ha vinto al gioco. Per raggiungere il suo scopo, Harry arriverà a costringere Matt a eseguire i suoi ordini, abbandonandolo alla fattoria con May e il figlio, poco prima dell'arrivo di un'incursione di nativi americani...
Diretto da Otto Preminger e scritto da Frank Fenton e Louis Lantz, La magnifica preda consentì a Marilyn di cimentarsi nel western, uno dei generi più importanti per la Fox. In realtà, l'attrice si pentì successivamente di aver preso parte al film, riflettendo sul fatto che la casa di produzione intendesse valorizzarla più sul piano fisico che attoriale. Anche per questa ragione, Marilyn provocava spesso le ire della Fox, poiché era questa la causa principale al rifiuto di diverse sceneggiature che le venivano proposte in quel periodo.
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7. Quando la moglie è in vacanza (1955)
New York. Richard Sherman (Tom Ewell) è un dirigente editoriale caratterizzato da una fervida immaginazione. Durante il periodo estivo, la moglie Helen e il figlio Ricky partono verso il Maine in vacanza, lasciando Richard a casa a Manhattan, impegnato al lavoro. Un giorno, incontra per caso una ragazza (Marilyn Monroe) che ha preso in affitto l'appartamento sopra il suo: un'affascinante modella e attrice di spot pubblicitari. Nel frattempo, Sherman si sta dedicando alla lettura di un libro dello psichiatra Brubaker: in esso, si parla della teoria secondo cui gli uomini, giunti al settimo anno di matrimonio, sarebbero spinti a cercare delle relazioni adultere. Richard, che è effettivamente sposato da sette anni, inizia a fantasticare, anche perché attratto inevitabilmente dalla sua nuova vicina, che non rimane mai abbastanza alla larga...
Diretto da Billy Wilder e scritto dal regista con George Axelrod, Quando la moglie è in vacanza è tratto dall'opera teatrale The Seven Year Itch, presentata nel 1952 dallo stesso Axelrod. Un film nel quale si possono ritrovare la genialità di Wilder, anche nell'efficace critica a una certa borghesia americana che spesso si rifugiava nell'ipocrisia quando si parlava di desiderio sessuale, e la bellezza leggiadra di Marilyn, qui evidenziata dalla regia straordinaria del cineasta americano.
Il personaggio senza nome ma vestita di bianco sovverte i canoni, poiché convincerà il fedifrago protagonista a raggiungere nuovamente moglie e figlio, tra realtà e immaginazione. In sostanza, non si consuma alcun tradimento, e Marilyn non è più la svampita che il pubblico si aspetta, ma un'irraggiungibile presenza che si sottrae allo stereotipo di donna da conquistare come fosse un trofeo. Non più a caccia di milionari, ma nemmeno inevitabile oggetto del desiderio. La sera del 10 agosto 1954, all'incrocio tra la 51esima strada e Lexington Avenue a New York, si girò la celeberrima scena del passaggio dei treni della metropolitana, che con lo spostamento d'aria fanno sollevare la gonna di Marilyn. A presidiare il set un enorme plotone di sicurezza, necessario per salvaguardare quello che sarebbe divenuto uno dei momenti più iconici della storia del cinema, tra arte ed elegante erotismo. L'unico a non condividere l'entusiasmo era Joe Di Maggio, a quel tempo marito della Monroe: un secondo matrimonio che durò appena un anno, a causa della gelosia del campione del baseball e dei suoi continui rimbrotti verso l'attrice. Di Maggio sarebbe comunque rimasto molto affezionato a Marilyn, anche dopo la sua scomparsa. Di seguito un estratto dalla versione italiana del film, con l'attrice doppiata dalla straordinaria Rosetta Calavetta.
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8. Fermata d'autobus (1956)
Beauregard "Bo" Decker (Don Murray) è un giovane cowboy del Montana che conduce una tranquilla vita rurale, immerso tra la natura e la passione per i cavalli, e non pensa affatto all'amore. Insieme all'amico Virgil Blessing (Arthur O'Connell) si mette in viaggio verso Phoenix, lì dove si svolge un rodeo annuale. L'intenzione dell'uomo è di avvicinare Bo all'universo femminile, affinché possa emanciparsi. Una sera, nella locanda del Drago Blu, Bo incontra un'affascinante cantante, Chérie (Marilyn Monroe), dai modi gentili e molto timida. Durante la sua esibizione, Decker resta travolto dal fascino della ragazza, tanto da chiederle di sposarlo. Tra Bo e Chérie iniziano così delle schermaglie: lui insiste e la insegue, lei tenta di respingerlo e fargli capire che non ha intenzione di seguirlo. Finché, giunti alla fermata dell'autobus, non si imbarcheranno entrambi per il Montana. Ma la loro avventura non sarà affatto conclusa...
Diretto da Joshua Logan, scritto da George Axelrod e tratto dalla commedia di William Inge, Fermata d'autobus è un film dall'impostazione molto teatrale, che soltanto in alcune sequenze si svolge al di fuori dagli ambienti chiusi. Eppure, la presenza di Marilyn Monroe è sufficiente per illuminare la scena: attorno a lei, tutto prende colore e comincia ad animarsi, come il sole del mattino tra le montagne. La sua interpretazione è tra le più compiute della propria carriera, anche grazie a una sceneggiatura che riuscì ancora una volta a valorizzarla come meritava.
In questo periodo, l'attrice si legò sentimentalmente al drammaturgo Arthur Miller, con il quale avrebbe convolato a giuste nozze nel luglio del 1956. Il fatto che l'autore fosse sposato e che avesse lasciato la moglie per Marilyn suscitò l'ennesimo scandalo nella bigotta e moralista società americana, e Hollywood continuò a essere severa nei suoi confronti, tanto da negare puntualmente i riconoscimenti che avrebbe meritato: incredibilmente, la Monroe non otterrà mai neppure una nomination all'Oscar. Ma l'unione con Miller rappresentò un passo che Marilyn inseguiva da tempo: poter condividere con qualcuno la propria passione per la recitazione e vedere apprezzato il proprio talento, purtroppo riconosciuto da ben poche persone all'interno degli studi hollywoodiani.
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9. Il principe e la ballerina (1957)
Londra, 1911. All'incoronazione di Giorgio V accorrono numerosi sovrani e principi. Tra di essi vi sono il Granduca Carlo, reggente del regno di Carpazia, suo figlio Nicola, erede al trono, e la Regina Madre. Dopo aver assistito a uno spettacolo di rivista, il Granduca ordina che all'ambasciata venga invitata Elsie Marina, una delle ballerine che si sono esibite e che ha attirato la sua attenzione. Quest'ultima sogna un'avventura romantica con il nobile reggente, ma non immagina che verrà accolta piuttosto freddamente dal Granduca, restio a lasciarsi andare nonostante l'attrazione...
Diretto e interpretato da Laurence Olivier e scritto da Terence Rattigan, Il principe e la ballerina fu il primo e unico film britannico cui prese parte Marilyn Monroe, che aveva concluso il suo contratto di esclusiva con la Fox e aveva deciso di produrre la pellicola, successivamente distribuita da Warner Bros. Pictures. Nonostante la possibilità di lavorare in una commedia elegante e al fianco di un monumento come Olivier, il periodo delle riprese del film rappresentò l'inizio della fase più critica dell'esistenza di Marilyn, che non riusciva a realizzarsi sul piano familiare e le cui fragilità di gioventù erano riaffiorate, anche per non sentire attorno a sé di essere amata quanto desiderasse. Mentre Miller aveva iniziato a scrivere per lei una sceneggiatura di un prossimo film, la convinse ad accettare la proposta di tornare a lavorare con Billy Wilder. Sarebbe stato l'ultimo grande successo.
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10. A qualcuno piace caldo (1959)
Chicago, 1929. Durante l'epoca del proibizionismo, il sassofonista Joe (Tony Curtis) e il contrabbassista Jerry (Jack Lemmon) assistono per caso alla "strage di San Valentino", condotta dalla banda del gangster Al Capone. Per evitare di restare uccisi non hanno altra scelta che fuggire, e trovano la maniera di farsi assumere in un'orchestra composta da sole donne che si sta dirigendo verso la Florida: ovviamente, dovranno camuffarsi sotto le mentite spoglie di due musiciste jazz, facendosi chiamare Josephine e Daphne.
Durante il viaggio, Joe e Jerry conosceranno tutte le componenti del gruppo, fra cui la bellissima Zucchero Kandinsky (Marilyn Monroe), una suonatrice di ukulele che beve un po' troppo e sta cercando un milionario da sposare. Giunti a destinazione, Joe cercherà il modo per far cascare Zucchero tra le sue braccia, essendosi innamorato di lei al primo sguardo. Si fingerà un ricco magnate in vacanza a Miami, ma nel frattempo non dovrà farsi scoprire; così come dovrà fare Jerry, ovvero Daphne, su di cui ha posto le proprie attenzioni un vero milionario, che lo crede però una donna...
Diretto da Billy Wilder e scritto dal regista con I.A.L. Diamond, da un soggetto di Michael Logan e Robert Thoeren, A qualcuno piace caldo è una delle migliori commedie di sempre, nella quale la firma del regista statunitense è assolutamente inconfondibile. Il trio di protagonisti era in stato di grazia: una gara di bravura e talento tra Jack Lemmon, Tony Curtis e Marilyn Monroe che, nonostante le difficoltà personali e le continue paturnie sul set, qui tornò a splendere per fascino e umorismo (cantando I Wanna Be Loved By You) in un personaggio che per certi versi richiamava quelli interpretati nei primi anni Cinquanta, ma che Wilder riuscì a rendere innovativo quanto i doppi ruoli dei due attori principali.
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11. Facciamo l'amore (1960)
Il miliardario Jean-Marc Clément (Yves Montand) è venuto conoscenza del fatto che a Broadway si stia preparando uno spettacolo nel quale la sua figura viene presa di mira con toni parodistici, tra rievocazione del suo stile di vita e ironia sulle sue fobie. Così, si reca a teatro per cercare di capire se sia tutto vero.
In platea, rimarrà affascinato dall'esibizione di Amanda Dell (Marilyn Monroe), la ballerina protagonista, e cercherà di avvicinarla. Verrà però scambiato per un aspirante attore e verrà sottoposto a un provino. Jean-Marc rimarrà nell'equivoco per capire dove lo porterà tutta questa strana storia. Il paradosso è che gli verrà assegnata la parte di sé stesso ma, in compenso, potrà stare vicino ad Amanda...
Diretto da George Cukor, scritto da Norman Krasna e Hal Kanter con la collaborazione di Arthur Miller, Facciamo l'amore non fu un grande successo di pubblico e critica. Durante la lavorazione, inoltre, le difficoltà di Marilyn apparivano sempre più evidenti, tanto che si arrivò a dire che Gregory Peck avesse rinunciato al ruolo del protagonista per evitare le continue crisi emotive delle quali l'attrice era continuamente affetta. Una fragilità che nemmeno l'intervento di Miller sulla sceneggiatura seppe mitigare, ma la presenza di Yves Montand e della moglie Simone Signoret furono un toccasana per Marilyn, e forse l'unica ragione per cui portò a termine il film. Sul set, visse un'avventura amorosa proprio con l'attore, alla quale la Signoret non si oppose e anzi, quasi comprendendola. Eppure, le scene di esibizione sul palcoscenico con calze a rete, tacchi a spillo e body nero rappresentarono gli ultimi, grandi momenti iconici di Marilyn sul grande schermo, nonostante la gioiosa naturalezza di qualche anno prima fosse ormai svanita.
12. Gli spostati (1961)
Roslyn Taber (Marilyn Monroe) ha da poco divorziato. Bellissima e spiccata di naturale sensibilità, tramite l'amica Isabelle (Thelma Ritter) conosce due uomini, profondamente diversi come carattere: il cowboy Gay Langland (Clark Gable), anch'egli in attesa del divorzio, e Guido (Eli Wallach), un rude meccanico.
Dopo aver respinto le avances di quest'ultimo, Roslyn sente come stia nascendo un sincero affetto per Gay, il quale peraltro ricambia la simpatia e ne apprezza i modi garbati. Tutto sembra procedere per il meglio tra i due finché Guido non invita Gay a partecipare a una caccia ai cavalli selvaggi. La tragicità del rodeo e le gratuite violenze perpetrate ai danni degli indifesi animali scuotono Roslyn, che resta coinvolta emotivamente dopo aver anche assistito a un incidente che provoca delle ferite a Perce Howland (Montgomery Clift), un concorrente della gara. La donna adesso guarda con occhi diversi Gay, credendo che in fondo anch'egli non sia migliore di quei rozzi uomini che la circondano...
Diretto da John Huston e scritto da Arthur Miller, Gli spostati (titolo originale The Misfits, ovvero "i disadattati") raccontava un West contemporaneo dove non c'era più spazio per l'epica ma solo per una decadente realtà in un'America che cambiava, probabilmente in peggio. Se il western revisionista, di lì a poco negli anni, avrebbe sovvertito la prospettiva sui racconti che avevano spopolato negli anni e celavano la drammatica guerra che i "nuovi americani" avevano perpetrato ai danni dei Nativi, Gli spostati concentrava l'attenzione su quegli stessi americani ma della nuova generazione degli anni '50, e sulla crudeltà che li pervadeva profondamente, come se non avessero più alcuna umanità e avessero dimenticato che la natura, la terra e gli animali fossero un patrimonio prezioso da difendere. Inoltre, i rapporti umani sembravano non avere più importanza, come se l'amore e l'amicizia avessero perduto il loro valore e quella che appariva come un'evoluzione della società di quel tempo non era che un ritorno allo stato brado dei sentimenti, incapaci come appaiono i protagonisti di provare empatia l'uno per l'altro, avendo l'illusione di possedere tutto ma senza avere in realtà nulla tra le mani.
Il personaggio di Roslyn esprime un senso di purezza e libertà, come un fiore appena sbocciato che non va toccato. Una donna come fulcro della vicenda tra tanti uomini cancellò la narrazione machista e impose un nuovo modello narrativo, come soltanto i grandi film sono in grado di fare. Fondamentale, oltre a regia e sceneggiatura, il contributo del cast, dal quale spiccarono le due forti personalità di Marilyn Monroe e Clark Gable. Entrambi inconsapevolmente alla loro ultima interpretazione, insieme furono straordinari per intensità drammatica, consegnandosi al mito in un'ultima scena estremamente significativa, con Roslyn e Gay in cerca di un'agognata liberazione da logiche sociali ormai inaccettabili.
Nonostante forti frizioni tra Miller (che aveva scritto il film appositamente per la moglie) e Marilyn, quella ne Gli spostati sarebbe risultata una delle prove attoriali più importanti per la Monroe, che eppure non riuscì a godersi appieno di aver raggiunto il suo grande obiettivo di consacrarsi come attrice drammatica. La situazione personale, sempre più precaria, l'avrebbe presto trascinata verso difficoltà psicologiche insormontabili, evidenti anche durante le riprese di Something's Got To Give, quello che avrebbe dovuto essere il film successivo a Gli spostati. Ancora diretta da George Cukor, nel primo mese Marilyn apparve sul set appena in dodici occasioni. Ormai era una donna matura, consapevole di sé stessa, ma sempre tremendamente sola a combattere contro i fantasmi del passato e con quella sensazione di sentirsi incompresa. La mattina del 5 agosto 1962 gli psicofarmaci l'avrebbero portata via troppo presto, ma la luce che emanava non si sarebbe spenta. Infatti, brilla ancora adesso. Nell'olimpo delle stelle.