Da quell'entrata in scena deflagrante che è stato The Wolf of Wall Street, e dal suo film successivo, Focus - Niente è come sembra, ho capito subito una cosa di Margot Robbie. La sua bellezza è anche avere tutto rivolto all'insù. Quegli occhi verdi da gatta hanno le estremità rivolte verso l'alto, così come gli angoli della sua bocca quando sorride. Il nasino è all'insù. E anche i suoi seni, piccoli e aggraziati, sembrano essere rivolti all'insù, nel momento in cui si presenta, completamente nuda, davanti a Jordan Belfort/Leonardo DiCaprio alla fine del loro primo appuntamento in The Wolf Of Wall Street. La sua trasformazione in Tonya, il film di Craig Gillespie in cui è Tonya Harding, la famosa pattinatrice americana che negli anni Novanta era stata al centro del caso dell'aggressione alla rivale Nancy Kerrigan, parte proprio da qui, da rendere il suo volto esattamente il contrario di come lo abbiamo visto finora.
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Pronta a mordere
Violenza, grettezza, aridità morale. E povertà. Economica, ma anche di spirito. Tonya Harding è cresciuta in mezzo a tutto questo. È come uno di quegli animali abituati a graffiare, a mordere, perché si sono dovuti abituare subito a difendersi. La Tonya di Margot Robbie è così, in una perenne posizione di difesa, in un continuo soffiare, o ringhiare, contro chi ha accanto. Guardatela bene: la sua bocca è sempre serrata in una smorfia, le sue labbra sono ritratte, tese, quasi assottigliate. Si stringono sempre fra loro, nervose, con quel movimento che mostra imbarazzo. Il labbro inferiore è sempre davanti a quello superiore: Tonya sembra sempre pronta a mordere. E non sono solo le labbra chiuse a negarci quel sorriso che tendeva sempre verso l'alto: c'è anche l'apparecchio per i denti a dividerci da lui, e a creare un quadro completo di chiusura.
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Romeo And Juliet
Il lavoro strepitoso di Margot Robbie sulla bocca è la punta di diamante di un intero lavoro sul corpo, con l'aiuto di truccatori e costumisti. Margot doveva diventare volgare, grezza. E doveva diventare una pattinatrice. I suoi capelli biondi dovevano essere mortificati: e allora ecco il taglio corto e cotonato della sua vita da ragazza, il momento in cui conosce il suo futuro marito, Jeff Gilhooly, e inizia la sua discesa agli inferi, mentre in sottofondo parte, beffarda e ironica, Romeo And Juliet dei Dire Straits. Ecco i capelli delle scene dell'intervista, lunghi, sfibrati, scoloriti, involgariti da dozzinali meches, della Tonya quarantenne. Per completare la confezione serve l'involucro, che i costumisti hanno riprodotto meticolosamente osservando i filmati degli anni Novanta: i criticatissimi costumi da gara, come l'abito viola e giallo che indossa nella sua prima competizione, sulle note degli ZZ Top, o quello celeste della famosa scena del suo primo triplo axel.
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Così potente, così fragile
Quanto al fisico, Margot Robbie è diventata una pattinatrice. Si è allenata per almeno quattro mesi, è caduta, si è riempita di lividi. Certo, le scene delle evoluzioni più complesse sono state ricreate con controfigure ed effetti speciali, ma su quel ghiaccio lei c'era. Ed è così che ha trasformato il fisico. Che è proprio quello di una pattinatrice, con le gambe toniche, possenti, muscolose ma non troppo definite, e i glutei di un'atleta. La sua Tonya è imponente, e allo stesso tempo è tremendamente fragile. Guardando il film viene immediatamente in mente Charlize Theron, e il suo percorso iniziato con Monster: diventare brutta per dimostrare di essere brava. La trasformazione della Theron era più evidente, chili in più e trucco prostetico; Margot Robbie non usa protesi e i chili sono solo di muscoli. Un lavoro più sottile. E, detto fra noi, nonostante tutto questo lavoro Margot non riesce a essere mai davvero brutta.
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Una figura tragica
Il senso del lavoro di Margot Robbie ci appare evidente in un momento ben preciso. È il primo piano davanti allo specchio, al trucco, prima della gara più importante della sua vita, quelle Olimpiadi di Lillehammer a cui arriva stremata, nei nervi e nel fisico. Gli occhi sono vuoti, quelli di un fantasma. Le labbra sono ancora più chiuse, quasi inesistenti. Il trucco è pesante, insistito, eccessivo. Ecco, la Tonya di Margot Robbie è una maschera. Nel senso teatrale del termine, la maschera che serve a rivelare e non a nascondere. E Margot Robbie ha preso la storia di una ragazza goffa e dal viso un po' buffo e ne ha fatto un personaggio tragico, alto, universale, eterno. E noi la capiamo, entriamo in empatia con lei. E sì, forse le vogliamo addirittura bene.
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Tonya è rock
Tonya è un personaggio tragico. È una di quelle perdenti che il cinema ama raccontare. Ma perde solo perché, come in una tragedia greca, è il destino che lo vuole. Tonya è anche un personaggio rock, per come entra in scena con quegli occhi spiritati e indiavolati (gli occhi della tigre, direbbe qualcuno), per come si mangia la pista da ghiaccio, per come aggredisce quello che è il suo palcoscenico. È perfetta per muoversi sulle note degli ZZ Top, che sceglie per un'esibizione, o su quelle di Iggy Pop (The Passenger, nella versione di Siouxsie And The Banshees) che il regista sceglie per i titoli di coda, dove vediamo in azione la vera Tonya. È rock per come sfida il perbenismo americano che vuole ancora le "donne perfette" rimaste negli anni Cinquanta. Per come urla e stringe i pugni per esultare dopo quel famoso triplo axel. E per come si rivolge alla giuria di una gara, dicendo semplicemente la nuda verità. "Dobbiamo rappresentare la perfetta famiglia americana e tu ti rifiuti di stare al gioco". "Io non ho una perfetta famiglia americana".