Il primo interrogativo che viene in mente allo spettatore di Máquina: il pugile, la miniserie creata da Marco Ramirez, prodotta da Searchlight Television e disponibile su Disney+, è cosa abbia fatto il protagonista interpretato da Gael García Bernal per meritarsi un soprannome del genere oltre alla facile metafora sportiva. La risposta della serie è "non lo so, non mi ricordo", ma in realtà un po' tutta la narrazione si basa su questo concetto.
Il titolo è infatti un'intera destrutturazione della figura canonica del boxer intensa come protagonista del corrispondente immaginario audiovisivo di matrice statunitense. La serie vive di quell'immagine e ci si relaziona ripercorrendo l'idea di altri testi che hanno deciso di creare delle grandi metafore sulla decadenza del maschio del Novecento attraverso il suo rapporto con la fine e tutto ciò che ne comporta.
Gli echi dello show sono però soprattutto legati al suo essere un prodotto messicano, dove il più nobile tra gli sport da combattimento ha un suo peso specifico, sia nell'immaginario popolare che nella dimensione politica. Questo è soprattutto affidato ai personaggi che circondano il protagonista, interpretati da Eiza González e, soprattutto, Diego Luna, ovvero quanto di meglio il cinema del Paese sudamericano ha da offrire tra i suoi volti più pop.
La Máquina: una miniserie divisa in round
Esteban Osuna (Bernal), detto "la Máquina", somiglia più ad una rockstar che ad un pugile: ha un'infanzia terribile, un passato di alcool e droghe, un mentore inarrivabile e il capriccio per abitudine. Le sue fortune sono rappresentate dal fatto che il suo manager rifatto, Andy (Luna), è anche il suo migliore amico, che la sua ex moglie, Irasema (González), lo tratta ancora come fosse il terzo dei loro due figli e che ci sia sempre qualcuno pronto a farsi in quattro per trovargli il tamarindo della marca giusta prima di salire sul ring.
L'unica cosa che sà fare da solo è portare a casa risultati sportivi, sui quali però aleggia, sempre più minacciosa, una data di scadenza sulla quale non si ha sempre l'opportunità di avere il controllo. Sarebbe una pretesa impossibile com'è impossibile avere quella di mantenere un controllo sul tempo, specialmente da parte di qualcuno che il tempo lo ha sempre subito, pensando ci fosse sempre spazio per un altro round.
La sua famiglia è invece allo sfascio, la sua mente e il suo fisico cominciano a vacillare e i suoi limiti pregressi sono tutti lì, quelli di un uomo che alla fine della fiera è stato in grado di vedere solamente il ring nel suo destino, schiacciato da un'eredità lasciatogli da qualcun altro, forse ancora più limitato di lui. Sul ring Esteban si è ogni volta salvato, affidandosi a la Máquina, ma se anche la sua storia sul quadrato improvvisamente cominciasse a vacillare? Allora toccherà ad Esteban provare a salvarsi, a patto che sia disposto riguardarli tutti, i suoi limiti.
Máquina: il pugile e la fine dell'uomo Peter Pan
L'immaginario di riferimento nella mente di Ramirez per Máquina: Il pugile è ovviamente quello della saga di Rocky, ma nella misura in cui immagina una dimensione che ne ribalti il senso epico per provare a rivedere un'icona e renderla umana. L'icona ha il volto di Gael García Bernal, uno tra i più umani del cinema sudamericano, tant'è che la sua interpretazione è totalmente mirata al racconto intimo e al dramma privato. Il suo è un personaggio che ha il compito di uscire da se stesso per esplorare maniere allegoriche e visionarie per raccontare tutti i suoi limiti.
Alla parte politica ci pensa invece Eiza González, la figura materna che vede oltre e combatte contro il destino e il suo corpo armato, ovvero voci senza volto che manipolano da dietro le quinte tutto ciò che accade, riscrivendo storie e alterando vite a loro piacimento. Ad unire le due dimensioni, invece, il terzo protagonista, interpretato da un Diego Luna in forma strepitosa, che da un senso anche a quella patina kitsch che vuole fondere look anni '80 e social media. Lui è il volto truccato di una generazione di Peter Pan che con la loro incapacità di ribellarsi decidono di stringere con un esso un accordo sconveniente per tutti i loro cari. Uomini che non accettano il tempo che passa e dunque non possono neanche diventare papà.
Máquina: il pugile è il racconto di queste figure attraverso uno sport che come pochi altri al cinema è stato in grado di farsi teatro efficace per la messa in scena di storie di riscatto e redenzione o, come in questo caso, di declino e accettazione. Una messa funebre dolce, ma mai propriamente consolatoria riguardo i suo protagonisti per una miniserie interessante e intrattenente, seppur derivativa in diverse sue soluzioni.
Conclusioni
Su Disney+ è disponibile Máquina: il pugile, la miniserie creata da Marco Ramirez con il cast messicano più rappresentativo tra i volti popolari del cinema mondiale: Gael García Bernal, Eiza González e Diego Luna. Un triumvirato di incredibile qualità che riesce, nel lavoro corale, a portare in scena una buona storia su di un boxer / rockstar a fine corsa. Una destrutturazione di un maschio Peter Pan che si ritrova a dover fare i conti con i primi limiti per riuscire a superare la sfida del tempo. Nulla di nuovo, né di così originale, ma comunque una variazione sul tema apprezzabile e intrattenente.
Perché ci piace
- Le prove degli attori, soprattutto Diego Luna.
- La serie ha un buon ritmo e buoni spunti d'intrattenimento.
- La destrutturazione del pugile e la funziona narrativa della boxe.
Cosa non va
- Nulla di originale a livello di arco narrativo.
- L'idea vive in constante relazione con un immaginario altrui.