Era notizia dell'anno scorso che la settima e ultima stagione di Mad Men sarebbe stata spalmata in due anni dalla rete AMC, com'era già successo per Breaking Bad. Pertanto, è difficile imbastire un discorso critico che dovrebbe essere un consuntivo di un'esperienza della serialità televisiva americana, forse tra le più irripetibili. Chi avrebbe scommesso nel 2007 che, nell'allora piccola AMC, che stava tentando di rinnovare il proprio palinsesto, sarebbe nato un fenomeno di culto destinato a riformulare gli standard della TV di qualità? Eppure questo è accaduto e, dopo sette anni, siamo qui a commentare il passo che porterà Mad Men alla conclusione.
Dove eravamo rimasti?
Nella sesta stagione si è consumata la caduta libera del protagonista, quella annunciata da sempre fin dalla sigla di apertura: dopo un anno sabbatico in cui aveva cercato di regolarsi (corrispondente alla quinta stagione), Don Draper era tornato a dissipare il proprio talento (ormai sempre più un lontano ricordo) tra una distruttiva relazione extra-coniugale e un bicchiere sempre pieno. Il punto di definitiva rottura si è avuto nell'episodio finale In Care Of, quando, durante la presentazione della strategia per la cioccolata Hershey, Don ha un (volontario) crollo, dove mostra il suo io più profondo, raccontando dell'infanzia segnata dalla miseria e dalla solitudine. I soci, dal canto loro, non possono che congedarlo, intimandogli di prendersi un periodo di riposo per riprendersi. Il Nostro perde temporaneamente il lavoro, ha un matrimonio in crisi (Megan si trasferisce a L.A., ma lui all'ultimo minuto ci ripensa spedendo nella città degli angeli Ted Chaough, il quale ha una gran voglia di allontanarsi da Peggy) e, alla fine, del suo coming out, confessa la sua infanzia anche ai figli, in un disperata ricerca di palingenesi.
Tra premonizioni e voglia di riscatto
La puntata Time Zones, la prima, è propedeutica ai ritmi e ai motivi dell'ultima stagione. Nella prima scena troviamo Freddy Rumsen che, parlando in macchina, sta spiegando una possibile strategia: capiremo subito dopo che ad ascoltarlo è Peggy, la quale rimane ben impressionata dalla presentazione, addirittura sorpresa, come d'altronde lo siamo noi spettatori; infatti, Freddy è in quel momento solo l'avatar di Don Draper, che sta continuando a lavorare pur stando ufficialmente fuori dai giochi. Don, ormai fermo da alcuni mesi, cerca di rigare dritto e ha solo questo svago, insieme ai weekend da passare a Los Angeles. Il montage della sua uscita dall'aeroporto, sulle note di I'm a Man (Spencer Davis Group) che cresce in un ralenti seducente, produce un altro apparente ribaltamento: è Megan a guidare a L.A., mentre Don è soltanto un passeggero in visita (e in vacanze forzata) - sebbene si capisca che nemmeno la carriera della donna riesca a decollare; in questo omaggio a Il laureato si imprime anche il nuovo cambio di velocità e di colori che trasforma il serial nel suo attraversamento degli anni 60. Nell'aereo di ritorno per New York, l'uomo fa uno dei suoi classici incontri galanti. Accanto a lui è seduta una donna con il volto di Neve Campbell: i compagni di viaggio bevono insieme, si scambiano qualche occhiata complice, chiacchierano un po', finché la donna non rivela del suo defunto marito, "morto di sete", cioè per le conseguenze dell'alcolismo. In questa confessione a cuore aperto, Don rivede se stesso, e si ritrae dalle lusinghe della donna con la scusa di dover tornare a lavoro. Per un workaholic come Don, non lavorare equivale già a morire lentamente di sete: inizia così una reazione che è ancora più perentoria rispetto alle dinamiche di riscatto già viste nella quarta stagione, poiché non si poggiano su una nuova vita amorosa, ma sulla ricerca di un equilibrio interiore che dovrà conquistarsi per mezzo delle proprie sole forze, come dimostra la carrellata che lo lascia da solo, al freddo del balcone del suo appartamento.
Il monolite
I titoli degli episodi di Mad Men sono spesso secchi, sempre metaforici. Il quarto, The Monolith, è uno dei segmenti più simbolici, tanto da poter dare l'impressione di essere ridondante: lo scambio rivelatore lo si ha quando Henry Crane, giustificandosi con Draper per aver indicato nella sala da pranzo (dove stazionano i copywriter) il luogo dove sistemare un pionieristico computer, dice che non è stata una scelta simbolica, al che Don risponde che è difatti abbastanza letterale. L'episodio accentra in sé uno dei temi portanti della serie, cioè i tempi che cambiano, metaforizzati dal complesso calcolatore IBM che insidia l'indipendenza e la capacità creativa degli uomini: l'attacco è frontale, il computer ruba lo spazio creativo dei dipendenti, lanciando però - come afferma Cutler - l'agenzia nel futuro della tecnologia. In quest'episodio che allude al Kubrick di 2001: Odissea nello spazio si mette nuovamente sotto la lente d'ingrandimento il passaggio generazionale già annunciato dalla stagione precedente: la Storia inizia ad alitare sul collo dei protagonisti, che si sentono sorpassati. Lo stesso Roger, nonostante l'LSD consumato e una amante hippie, non comprende perché sua figlia dovrebbe andare ad abitare in una comune lontana dalle comodità che la sua posizione sociale le offrono; non solo, in questa scelta di abbandonare il figlio, Roger rivede se stesso, padre assente in passato e padre frustrato nel presente, con Joan. Ma anche il giovane Ginsberg focalizza sul computer le sue paranoie di nevrotico fino all'esaurimento nervoso. In tutto ciò, Don Draper inizia realmente ad accettare la sua nuova posizione e, in tal modo, trova le armi per reagire: iniziando dal battere a macchina decine di slogan, come se fosse un novellino qualsiasi, fino a imporsi a Cutler che lo vorrebbe definitivamente fuori dalla Sterling Cooper & Partners.
La famiglia
Tra i personaggi femminili, Betty è quello che ha subito meno cambiamenti, sebbene non manchino i moti d'orgoglio quando viene sminuita dal marito; donna d'altri tempi, fedele al suo ruolo di moglie e madre, tratta i figli con severità e distacco, rimanendo delusa anche quando non dovrebbe esserlo. Peggy, al contrario, sublima il suo senso di colpa per il figlio dato in adozione nel rapporto con Julio, un ragazzino che vive nel suo condominio e che va da lei per vedere la tv. Se alla situazione Roger si è già fatto cenno, Don, con il secondo matrimonio in crisi irreversibile, cerca invece di riallacciare il rapporto coi figli: non si tratta però dei figli biologici, visto che interagirà direttamente con la sola Sally, l'unica con la quale riesce ad avere un dialogo sincero, quanto piuttosto dei figli putativi. È interessante notare le posizioni assunte a inizio stagione da Pete Campbell e da Peggy Olson: il primo, dopo il suo ozioso ritiro losangelino, cambia il suo punto di vista su Don, vedendolo come un collaboratore ideale, premendo per il suo ritorno in agenzia; Peggy, ancora scottata dal brutto tiro giocatole da Don, lo tratta con freddezza quando non con palese astio (ne saluta il ritorno dicendogli che non era mancato a nessuno). Ma alla fine, Draper saprà come riconquistare la ragazza di cui è stato mentore per tanto tempo; e in una delle sequenze più commoventi della serie li vediamo, tutti e tre, ridere alla tavola di un fast-food della catena Burger Chef, proprio come i protagonisti della loro prossima pubblicità. Ed è questo il segreto con cui ci lasciano gli autori, l'illusione di un'armonia, di una tenerezza familiare che è in realtà solo il volano per vendere un prodotto. Allo stesso modo, la pacificazione aziendale sancita dal finale stagionale in Waterloo può essere letta in maniera ambigua, sia come un nuovo inizio che come una vittoria di Pirro.
Conclusioni
Matthew Weiner conferma Mad Men alle altezze che gli competono grazie a sette miracolosi episodi. Purtroppo, la decisione di dividere in due la stagione conclusiva spezza la continuità narrativa, elemento fondamentale nell'accensione climatica della serie: non resta che attendere un anno, ripassando magari le vecchie puntate. Da vedere e rivedere il midseason, Waterloo, un episodio da manuale dove si intreccia la metafora napoleonica ai primi passi dell'uomo sulla luna, e dove, infine, il saggio Bert Cooper ricorda a Don e a noi che le cose belle della vita sono gratis. Ma a Madison Avenue sembra che ogni cosa si possa (e si debba) vendere.