Lux Santa, la recensione: Il neorealismo per raccontare adolescenze perdute

L'esordio alla regia di Matteo Russo è un documentario vibrante, un esempio di cinema sociale sulla quotidianità problematica di un gruppo di adolescenti nel rione Fondo Gesù di Crotone. Al cinema dal 23 gennaio.

Francesco Vaccaro, Francesco Scarriglia, Enrico Scerra e Antonio Cita in una scena del documentario

Un racconto di adolescenze perdute nei sobborghi di una piccola cittadina calabrese, che via via assume i contorni delle periferie del sud del mondo. L'esordio alla regia di Matteo Russo, Lux Santa, in sala dal 22 gennaio, è un documentario dall'identità ben precisa e arriva da un territorio di cui qualche anno fa ha ben tracciato i confini Jonas Carpignano (A Ciambra, A Chiara). Ci si muove in una terra di frontiera, dove la distanza tra lo spettatore e la realtà rappresentata si accorcia per fare spazio a un'immersione totale.

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Uno dei giovani protagonisti in una scena del film

Ci si dimentica di se stessi per stare accanto ai protagonisti, ragazzi orfani della propria adolescenza, "spissule che si levano inta l'aria pronte a diventare stelle" a cui un antico mito, come quello di Santa Lucia, restituisce la possibilità di sperare sulle note delle sonorità elettroniche di Ginevra Nervi.

Le adolescenze negate di Lux santa

Nel rione Fondo Gesù di Crotone la gioventù ha il sapore dell'assenza dei padri e l'odore della legna raccolta tra i relitti di case diroccate per onorare l'antica tradizione dei fuochi di Santa Lucia, quando ogni 13 dicembre gruppi di ragazzi, bambini e adulti dei diversi quartieri della città si adoperano per costruire e far ardere maestose piramidi di legno; a vincere è il falò più bello e imponente.

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Il fuoco di Santa Lucia in una scena del documentario Lux Santa

Qui i ragazzi hanno il volto segnato da vite che non sono minimamente paragonabili a quelle dei loro coetanei cresciuti nella grandi città del resto d'Italia: Lupin (Francesco Vaccaro), Zucchero (Francesco Scarriglia), Pidux (Enrico Scerra) e Citos (Antonio Citati) sono solo alcuni di loro, hanno quindici o sedici anni, sono poco più che adolescenti, ma devono fare già i conti con la vita adulta, senza padri (molti dei quali in carcere) e il carico di un'intera famiglia sulle spalle. Lux Santa ne racconta la complessa quotidianità facendo del cinema del reale la propria cifra: i primi piani sui visi giovani, lo stare dentro la loro intimità, le fragilità, il disagio. Matteo Russo conosce bene quei luoghi: anche lui è di Crotone, ma con la fortuna di essere cresciuto qualche chilometro più in là rispetto a quel quartiere e di aver potuto scegliere, studiare e inseguire i propri sogni.

La lezione del neorealismo

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Il falò di Santa Lucia in una scena del documentario Lux Santa

Puro neorealismo, senza la presenza di sguardi giudicanti: non c'è un solo istante in cui lo spettatore non empatizzi con le miserie di questa "gioventù tradita", le cui giornate scivolano via davanti al murales di Jorit su Rino Gaetano, che giganteggia sulla facciata di un palazzo, tra tatuaggi, selfie, serate in discoteca e il desiderio di costruire il fuoco più grande, conquistandosi uno spazio sul giornale locale. L'ancestrale culto di Santa Lucia restituisce loro la speranza e rappresenta quella possibilità di riscatto negata da uno Stato completamente assente; i ragazzi di Fondo Gesù sono immersi in un luogo-non luogo, uno spazio senza tempo dove i giorni si susseguono identici a se stessi, scanditi dai silenzi, dal continuo girovagare alla ricerca di tavole di fortuna, dai tentativi maldestri di tirare su la piramide-totem o dai litigi improvvisi che diventano materiale narrativo.

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Una scena del documentario

E laddove non arriva lo Stato, ecco arrivare il potere della fratellanza e dell'amicizia: "siamo come una famiglia, dobbiamo essere tutti uniti". Solo così forse, l'adolescenza negata del rione Fondo Gesù potrà riappropriarsi degli spazi che le spettano e trovare un'alternativa alla strada tracciata dai padri.

Conclusioni

Nel complesso Lux Santa si rivela un buon esordio. Ritratto efficace sull’adolescenza negata nel quartiere periferico di Fondo Gesù a Crotone, in Calabria è un'opera capace di combinare autenticità e denuncia sociale. Matteo Russo sospende il giudizio, accorcia la distanza tra spettatore e realtà osservata e fa propria la lezione del neorealismo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Una rappresentazione autentica e non paternalista della realtà narrata.
  • L'approccio neorealista che immerge completamente lo spettatore nel racconto.
  • La sospensione del giudizio.

Cosa non va

  • In alcuni casi la narrazione rimane troppo in superficie. Avrebbe giovato dedicare più spazio ad esempio, all'aspetto religioso-folcloristico del culto di Santa Lucia da cui il racconto prende le mosse.