Loki, la recensione del quarto episodio: l'evento nexus alla corte dei Custodi

La recensione del quarto episodio di Loki (1x04), la serie dedicata al dio dell'inganno del Marvel Cinematic Universe interpretato da Tom Hiddleston.

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Loki: un'immagine tratta dal trailer della serie

Scrivere la recensione del quarto episodio di Loki (1x04) evitando, come sempre, gli spoiler significa dover partecipare attivamente al gioco degli stessi personaggi della serie targata Marvel Studios. Personaggi che, nonostante diano molta importanza al dialogo invece che all'azione, sembrano sempre nascondere qualche rivelazione, dando l'impressione di parlare, dire la verità e allo stesso tempo ingannare l'interlocutore. Il nuovo tassello della serie disponibile su Disney+, creata da Michael Waldron e dedicata al dio dell'inganno interpretato da Tom Hiddleston, è un altro episodio che svela e nasconde, a cavallo tra verità e bugia, capace di intrattenere, di rivelare, ma anche di giocare con la pazienza dello spettatore, mettendolo duramente alla prova.

Vivere tra le apocalissi

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Loki: la città in rovina in una foto tratta dal trailer della serie

Alla fine dello scorso episodio avevamo lasciato Loki e Sylvie su Lamentis, una luna pronta a essere distrutta, senza la possibilità di salvarsi. Si riparte esattamente da qui (salvo un breve prologo ambientato nel passato), con i due protagonisti che costruiscono l'epilogo della loro conversazione avvenuta nell'episodio precedente, alla ricerca della propria identità: cosa rende Loki un Loki? Sarà l'occasione per costituire definitivamente un legame tra i due personaggi e di indagare sulla natura di Sylvie. Variante impazzita che va fatta prigioniera, Sylvie in realtà nasconde, riprendendo quei toni shakespeariani che il primo Thor di Kenneth Branagh aveva utilizzato per presentarci per Loki e Asgard, una natura tragica. Appartenente a tutti i tempi e contemporaneamente a nessuno di essi, Sylvie vive nelle apocalissi, in una fine del mondo perpetua. Un infinito loop di morte e distruzione a cui lei fugge per poi tornarci, in un altro luogo, in un altro tempo. Una sopravvissuta che, però, non vive mai davvero. È una metafora che colpisce perché, con il proseguimento dell'episodio, la sensazione che lo spettatore si trovi in una situazione molto simile si fa pesante. Si è creata un'attesa spasmodica per il Multiverso di casa Marvel, un cambiamento dello status quo rivoluzionario e definitivo che, oltre ad essere atteso in Spider-Man: Far From Home e nella più recente WandaVision, sembrava essere avvenuto alla fine del secondo episodio di Loki. Invece, con una certa dose di furbizia ma perfettamente in linea con il soggetto della serie stessa, anche questo nuovo tassello del Marvel Cinematic Universe rimane sempre a un passo dal cambiamento, per poi tornare indietro, pronto a ricominciare un'altra apocalisse annunciata a cui fuggiremo in tempo. È forse in questo momento che riusciamo a comprendere al meglio il personaggio di Sylvie, a instaurare un legame sincero anche se la pazienza, alla quarta puntata di sei, comincia a essere messa a dura prova.

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Conversazioni sulla sospensione dell'incredulità

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Loki: Tom Hiddleston e Owen Wilson in un'immagine tratta dal trailer della serie

Avviene tutto attraverso i soliti dialoghi a cui la serie ci ha abituato: in una stanza, seduti a un tavolo, con conversazioni vivaci coi ritmi da commedia. Più che approfondire i personaggi come nello scorso episodio, stavolta ci si concentra di più sulle rivelazioni importanti che faranno progredire la trama a un ritmo maggiore (forse nel finale persino sin troppo, ma che soddisfazione!). Eppure, il gioco rimane lo stesso, in un conflitto ciclico tra verità e inganno. È intelligente la scrittura della serie: tutti i personaggi sembrano mentire o confondere verità e bugie, ne mischiano gli elementi mettendo alla prova gli interlocutori (anche se non sempre funziona al meglio: alcuni personaggi sono davvero chiari riguardo alla loro vera natura e la tensione a tratti si perde). In questo senso gli interrogatori tra Loki e Mobius acquistano un senso diverso addirittura diventando dialogo tra personaggi e spettatore. Sono conversazioni sulla sospensione dell'incredulità: quanto siamo disposti a credere che quello che ci viene raccontato stia accadendo davvero? Quanto, invece, sono menzogne o puro spettacolo da parte dei Marvel Studios per intrattenerci e, in seguito, in maniera gattopardesca, si cambia tutto per non cambiare niente? Come WandaVision rompeva le barriere per approfondire un discorso sul metodo di visione dei prodotti audiovisivi, Loki, dio dell'inganno come ingannevoli sono tutte le storie di finzione, sembra volerci far riflettere su come fruiamo le storie. Appartengono alla volontà e al desiderio del pubblico oppure sono governate da un'entità superiore a cui il pubblico deve decidere di credere? E in che misura farlo?

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Aspirare alla libertà

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Loki: una scena della serie

Eppure, l'ultimo segmento dell'episodio, capace davvero di dare una svolta (a proposito, non spegnete subito i titoli di coda), sembra voler appagare lo spettatore meno paziente con una serie di sequenze non solo visivamente riuscite, ma anche a prima vista importanti dal punto di vista narrativo. Il mondo della TVA sembra gettare la maschera e rivelarsi per quello che è davvero (o forse dovremmo dire "non è davvero") sottolineando un concetto espresso all'inizio dell'episodio. Ovvero che l'universo, per natura, aspira alla libertà manifestandone così il caos. La figura di Custodi del Tempo sembra quindi contraria alla dimensione stessa della vita universale, l'ordine prestabilito ha sempre più il sapore di una prigione (e infatti, anche grazie a una rivelazione della stessa Sylvie nell'episodio precedente in qualche modo sembra che tutti siano prigionieri a loro modo). La Sacra Linea Temporale, unica e immodificabile sembra ormai troppo stretta per le storie che andrebbero raccontate. Non sorprende che i personaggi dell'episodio, che siano Loki, Sylvie o lo stesso Mobius abbiano una nota malinconica e nostalgia di un tempo perduto (e che bravi Tom Hiddleston, Sophia Di Martino e Owen Wilson a cambiare registro velocemente e riuscire ad esprimere questi tormenti interiori). Un'ultima suggestione: in questo gioco tra libertà e prigione, tra burattini e burattinai, ci viene in mente una frase latina, presente anche in Watchmen, "Quis custodiet ipsos custodes" ovvero "Chi sorveglierà i sorveglianti?". Forse siamo un passo più vicini allo scoprire la vera natura dei Custodi del Tempo.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione del quarto episodio di Loki possiamo ritenerci soddisfatti da un episodio che unisce rivelazioni importanti e snodi narrativi potenti alla costruzione di un legame più sincero con i propri personaggi, ottimamente interpretati dal cast. Conscia di mettere alla prova la pazienza dello spettatore, la serie instaura un dialogo continuo con il proprio pubblico, riflettendo sulla natura stessa delle storie e usando il dio dell’inganno per portare avanti un discorso sulla sospensione dell’incredulità. Non sempre questa sensazione di rimanere bloccati funziona al meglio, ma il finale dell’episodio sprigiona quel senso di libertà tanto richiesto, portando la serie verso nuove direzioni e regalando qualche sequenza appagante anche visivamente.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • L’episodio regala molte sorprese e rivelazioni che fanno ben sperare per il futuro.
  • La natura dei personaggi acquista un senso tragico che non lascia indifferenti.
  • Alcune sequenze sono visivamente appaganti.
  • La serie gioca con lo spettatore continuamente, cercando di renderlo partecipe il più possibile.

Cosa non va

  • Qualche rallentamento di troppo nella parte centrale dell’episodio potrebbe spazientire alcuni spettatori che, al quarto episodio su sei, vorrebbero tempi narrativi più rapidi.