C'è un bellissimo documentario del 2019 nato dalle menti di Simone Isola e Fausto Trombetta che si chiama Se c'è un aldilà sono fottuto - vita e cinema di Claudio Caligari, noleggiabile e/o acquistabile, nel momento in cui questo articolo viene scritto, su Prime Video. Un documento preziosissimo che si avvale di straordinarie voci molto vicine al regista originario di Arona, tra cui quella di Valerio Mastandrea, prima protagonista del film di cui stiamo per parlare e poi suo grande collaboratore, grazie al quale abbiamo potuto vedere Non essere cattivo del 2014, il film postumo di Claudio Caligari che lanciò due attori come Luca Marinelli e Alessandro Borghi.
Un documentario così ben fatto che la straordinarietà del suo valore sta tutta nella scelta di associare nel suo titolo le parole "vita" e "cinema". È infatti molto importante ricordare Caligari non solo in virtù del suo status di regista cult e per il suo incredibile impegno politico, ma anche per quanto del suo privato portava nelle sue sceneggiature, per quanto amava il cinema e per la sua visione avanguardista del mezzo audiovisivo. Quest'ultima gli ha permesso di portare sullo schermo dei temi delicatissimi con un taglio incredibilmente veritiero ed efficace, riuscendo a mischiare pulp, Nouvelle Vague, New Hollywood e Neorealismo, e lo ha reso un anello importantissimo tra l'immaginario moderno e più commerciale legato agli outsider e le struggenti realtà pasoliniane. La sua natura di uomo di cinema gli ha dato modo di farsi finanziare solamente tre lungometraggi, anche se quei lungometraggi sono del calibro di quello citato in apertura di articolo, Amore tossico e L'odore della notte. Forse il più importante dal punto di vista linguistico e quello con protagonista Mastandrea.
La pellicola del 1998, liberamente tratta dal libro-verità del giornalista Dido Sacchettoni, Le Notti di Arancia Meccanica, è probabilmente quella che ha prodotto un lascito maggiore rispetto altri due titoli, oltre ad essere, nel suo genere, una vetta ancora non raggiunta dal nostro cinema, anche forse per la natura così intima di un film che deve la sua straordinarietà a motivi legati alla personalità straripante del suo regista. Un film imprescindibile per capire da dove viene una certa corrente cinematografica e ancora attuale per potenza e complessità di visione, che torna in sala il 20 novembre in versione 4K per il suo venticinquesimo anniversario, distribuito da Cat People.
I figli minori della Storia
L'odore della notte racconta la storia di Remo Guerra (Mastandrea), un poliziotto di istanza nella Roma degli anni '70, che di giorno svolge il suo regolare servizio, mentre di notte si dedica ad una lotta clandestina contro i piani alti della capitale. Lui, insieme alla sua banda di spostati (che hanno i volti fantastici di Marco Giallini, Giorgio Tirabassi e Emanuel Bevilacqua), prendono d'assalto la borghesia, coloro che reputano essere i privilegiati, i figli prediletti, solo per deturparli, sporcare la loro figura e renderli così uguali a loro, marchiati, rotti e monchi.
Non essere cattivo: Valerio Mastandrea e il cast raccontano l'ultima sfida di Claudio Caligari
Non c'è speranza nelle aggressioni delinquenziali di Remo e i suoi, dato che il sogno del bar è solamente un pretesto, un utopia politica, come quella che ha mosso le lotte del proletariato italiano, da quelle "fedeli alla linea" a quelle brigatiste, come disse Claudio Caligari più volte, lui che vicino ad entrare nelle Brigate Rosse ci è stato sul serio. I protagonisti del film sono degli esclusi, dei dimenticati, non solo perché prima sedotti e poi abbandonati, ma anche perché loro stessi sono i primi a vedersi come tali, tanto che quello che vogliono è farsi portatori di un tradimento che da molto tempo si sentono addosso e che ormai intasa persino l'aria di Roma.
Il titolo del film in questa ottica lo si può leggere quasi come un movimento di giustizia sociale, ma in un senso completamente ribaltato. Una forza livellatrice anti individualista, deformata dalla violenza con la quale gli ultimi cercano di rendere i primi simili a loro e portare tutto al ribasso invece che cercare una progressione comune. Una fornace che, ribollendo, vuole inghiottire tutti coloro che l'hanno ignorata, messa sotto il tappeto, prima accesa e poi lasciata in disparte, ma senza un riscatto reale, bensì solo per la volontà di continuare a farlo. Come mossa da una irrefrenabile "voglia di perdere".
La complessità moderna del cinema di Caligari
L'odore della notte è un noir al contrario in cui nella destrutturazione di un pubblico ufficiale e della borgata romana troviamo tutta la melanconia di Caligari. Essa è come un guanto che avvolge una lotta per una vita migliore già considerata persa in partenza e che dunque sfocia in una violenza fine a se stessa, chiusa in un circolo vizioso che porta chi la conduce solamente all'autodistruzione. Valerio Mastandrea, ad una delle prove migliori della carriera, è un cavaliere nero spezzato e disperato, un guidatore impazzito che cerca solamente il guard rail per potersi schiantare. Un'immagine straziante che il regista di Arona disegna in modo disincantato, forse neanche cercando più di farsi ascoltare dal pubblico e da un cinema di sistema che lo ha sempre tenuto ai margini. Il suo era divenuto un cinema più di scontro che di confronto.
Se c'è un aldilà sono fottuto: viaggio nel cinema di Claudio Caligari
C'è molto di doloroso nell'analisi della storia che la pellicola porta in scena, mentre l'unica cosa veramente commovente è l'amore per il cinema che trasuda dalle sue immagini. Raccogliendo l'eredità di Fernando Di Leo, Caligari mette in scena un film che pesca a piene mani dalla crudezza poetica di Pier Paolo Pasolini e dalla ferocia politica di Marco Ferreri (due dei suoi punti di riferimento assoluti), modernizzando la loro visione cinematografica grazie alla commistione con il linguaggio americano. Come cita e ribalta il noir, il regista infatti cita e ribalta il fascino del male di Martin Scorsese, respingendo lo spettatore, mettendo in discussione qualsiasi tipo di empatia nei confronti dei suoi ultimi violenti, nonostante egli sia il primo a rendere le loro delle figure letterarie. Basti dire che per rappresentare la cattura del suo Remo, il regista lo rende protagonista di un lunghissimo rimando al finale di Fino all'ultimo respiro di Godard.
Una complessità moderna quella de L'odore della notte, scomoda per lo spettatore dell'epoca e in qualche misura scomoda anche per quello di adesso, ambigua ad una prima lettura, ma in realtà incredibilmente e sinceramente umana. Caligari non era uno che si accontentava, anzi, era il tipo di artista che portava fino alle estreme conseguenze le sue azioni. Un artista disposto a sparare alle televisione e a sparare al suo pubblico, come fa Mastandrea nel film, pur di arrivare alla compiutezza della sua visione. Tanti si sono rifatti e tanti hanno guardato al suo cinema con paura e con invidia, perché il coraggio ha un prezzo che molti non sono disposti a pagare, ma regala l'eternità, che non sarà quella legata all'aldilà, ma quella legata al retaggio cinematografico sì.