Il giovane Nicholas Hoult ha scoperto molto presto i segreti per ottenere consenso e diventare l'ultima ossessione delle teen ager. E' così che l'ex ragazzino prodigio di About a boy - Un ragazzo, grazie soprattutto al successo della serie Skins e alla partecipazione in blockbuster come X-Men: l'inizio, è riuscito ad aggiudicarsi il diritto a scalzare l'ombroso Robert Pattinson dalle fantasie adolescenziali di ragazzine smaniose di vivere un amore impossibile. Per questo motivo, ormai archiviati gli affanni sentimentali di umani, vampiri e licantropi, i produttori di Twilight non si sono certo lasciati scappare la possibilità di raccontare lo scoccare della fatidica scintilla tra una ragazza e uno zombie, scegliendo proprio il britannico Hoult per interpretare un morto stranamente pensante e con un'inusuale attitudine all'autocritica. Ad ispirare Warm Bodies, diretto da Jonathan Levine e distribuito da Lucky Red dal 7 febbraio in ben 400 copie, è il romanzo omonimo di Isaac Marion in cui vengono raccontati ancora una volta gli effetti miracolosi del vero amore, capace, questa volta, di fermare un'apocalisse e di "riesumare" l'umanità intera. Materiale imperdibile per le molte fan che, disposte a sfidare distanza ed intemperie, hanno presidiato il cinema Adriano fin dalle prime ore del mattino pur di accogliere con calore il loro nuovo eroe romantico arrivato a Roma per presentare il film alla stampa.
Già in X-Men - L'inizio hai interpretato un mutante considerato pericoloso per l'umanità ed ora vesti i panni di uno zombie che torna a vivere per amore. Secondo te, però, chi sono i veri mostri? Nicholas Hoult: Non credo che il personaggio interpretato in X- Men sia un pericolo vero e proprio, come non lo è il mio zombie. Sono semplicemente dei "diversi" che desiderano essere accettati. Nonostante sia obbligato a nutrirsi di cervelli umani a causa della sua natura, R non è malvagio. Anzi, conoscendolo si comprende il suo desiderio di entrare in collegamento con gli esseri umani e di tornare ad essere vivo anche lui. Julie è l'unica in grado di accendere una scintilla, svelando così i suoi sentimenti ed un'anima pura che non è morta, nonostante tutto.
Warm Bodies è uno dei pochi film con uno zombie come protagonista. Quali pellicole hai preso come riferimento per la preparazione e come hai gestito tutto il materiale originario del libro, visto che nel romanzo di Isaac Marion il tuo personaggio è molto diverso? Nicholas Hoult: E' inutile dire che ho visto molti film sull'argomento, praticamente tutto quello che aveva la parola dead nel titolo. A pellicole come Benvenuti a Zombieland e Zombi 2 di Lucio Fulci, però, abbiamo aggiunto storie diverse, almeno in apparenza, in cui veniva evidenziata la difficoltà comunicativa di un personaggio. Sto parlando, ad esempio, di Edward mani di forbice e WALL·E. Per quanto riguarda il romanzo, invece, leggere le pagine di Marion è stato utile per entrare nella testa del personaggio. Naturalmente in quel caso ci sono sviluppi diversi, come matrimoni e nascite che non troviamo nel film per ragioni di tempo. Ma, più di ogni altro elemento, ho trovato innovativa l'idea di mettere al centro della vicenda uno zombie, facendolo evolvere in un personaggio positivo per cui fare il tifo senza condizione alcuna.La storia d'amore tra un'umana ed una creatura diversa riporta immediatamente alla saga di Twilight. C'è un legame ideale che unisce questi due storie? Nicholas Hoult: No, si tratta di film con intenzioni e, soprattutto, atmosfere diverse. In Twillight si prendono molto sul serio mentre in Warm Bodies, nonostante il romanticismo di fondo, tutto è diretto con estrema ironia. Inoltre, non è previsto alcun sequel, anche se è possibile creare una saga praticamente da qualsiasi cosa. Comunque, non avendo visto Twilight prima delle riprese del film, non ho fatto nulla che mi tenesse volontariamente lontano da quell'interpretazione. Inoltre, i due personaggi sono mossi da motivazioni diverse. Edward vuole stare lontano da Bella perché ha paura di farle del male, mentre R desidera solo essere accanto a Julie per proteggerla. Quindi agiscono in modi del tutto diversi.
Jonathan Levine non è nuovo a tematiche sulla malattia, basta ricordare 50 e 50. In questo caso, però, non credi che la diversità venga raccontata come un morbo da cui guarire a tutti i costi per essere integrati nella società, offrendo al pubblico un messaggio pericoloso? Nicholas Hoult: Non credo. Qui ci troviamo di fronte ad uno zombie che non vive bene nella sua dimensione e vorrebbe tornare in connessione con l'umanità. Levin non dice che per essere accettato devi diventare come tutti gli altri. Il suo scopo è di sostenere il potere dell'amore, grazie al quale tutto sembra possibile e superabile. In fondo R non si trova bene nella condizione di zombie e vorrebbe solo tornare ad essere come prima dell'Apocalisse.Come sei riuscito ad interpretare uno zombie senza caricare eccessivamente movimenti e postura? Nicholas Hoult: Io non esagero e non sono mai sopra le righe. Inoltre, prima che iniziassero le riprese, abbiamo preso parte ad un vero e proprio corso per zombie. Ad aiutarci sono stati chiamati attori, ballerini e perfino un ex membro del Cirque du Soleil. La cosa più difficile, però, è correre come uno zombie, abbinando velocità e movimento. Però, bisogna anche considerare che il mio personaggio migliora lentamente mano a mano che si completa il suo ritorno ad essere umano. Sul set, alla fine, è stato tutto molto chiaro perché Jonathan non faceva altro che dirmi esattamente come calibrare la mia interpretazione. E, visto che non c'era alcuna pressione, si è rivelato un lavoro incredibilmente semplice.
Gli zombie sono il trend del momento, considerato che negli Stati Uniti in molti si sono fatti sedurre da una futura apocalisse zombie. Tu come ti prepareresti a questa evenienza? Nicholas Hoult: Diciamo che, almeno in questi casi, avere una pistola fa sempre comodo. Se mai si realizzasse l'ipotesi di un'invasione zombie, credo che all'inizio terrei un basso profilo. Poi cercherei d'integrarmi fino a diventare il leader, se non addirittura il loro re.La condizione di zombie implica essere affetto da alcuni disagi psicologici tipici dei nostri tempi, come l'incomunicabilità. Levine ti ha offerto dei suggerimenti in questo senso? Nicholas Hoult: All'inizio del film il mio personaggio si descrive lamentando le difficoltà di vivere in un mondo composto da creature inabili alla comunicazione. Immediatamente segue un flash del mondo precedente in cui, però, la situazione sembra essere del tutto invariata. Questo vuol dire che, anche se siamo sicuramente più connessi con cellulari e tablet, continuiamo a non avere contatto con ciò che ci è più vicino. Per questo motivo Levine mi ha suggerito di mettere in evidenza proprio la necessità e il desiderio di R di comunicare con Julie.