È fatta: a 22 anni dalla sua prima nomination, alla quinta candidatura in totale, il tormentone finisce e Leonardo DiCaprio, forse l'attore in assoluto più popolare e apprezzato della sua generazione, stringe finalmente il suo (primo?) Academy Award. Noi non abbiamo mai creduto nel complotto, casomai in un po' di sfortuna, visto che negli anni in cui avrebbe potuto vincere sia per il profilo altissimo dei film in cui figurava sia per la forza delle sue interpretazioni si è scontrato con performance imbattibili dal punto di vista dei consensi, che avevano tutte quelle caratteristiche a cui l'Academy non riesce a resistere: Jamie Foxx in Ray e di Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club - ruoli biografici che coinvolgevano vari livelli di mimetismo, digiuni, sofferenze e abilità particolari. Per un ruolo così, Leo ha dovuto aspettare Revenant - Redivivo.
Leggi anche:
Non fu una vittoria sorprendente, quella di Jamie. Ma sapevo che avrei avuto le telecamere puntate addosso, quindi mi sono preparato una reazione. Quelli che dicono che non si esercitano mentono
Allo stesso tempo, sul fatto che Leo abbia dovuto farsi "perdonare" il fatto di essere un idolo delle ragazzine - cosa che per altro lo ha sempre infastidito - ci sono pochi dubbi: ha faticato a farsi accettare dai suoi pari come attore serio e di talento, e per ottenere questo risultato ha dovuto inanellare un rischio dopo l'altro, impegnandosi anche come produttore con progetti particolarmente sentiti quali The Aviator e The Wolf of Wall Street. Oggi non è soltanto un sex symbol, uno degli ultimi grandi divi, è uno degli attori più ammirati e rispettati di Hollywood per la sua dedizione, per la sua versatilità e per la sua oculatezza nel selezionare progetti ambiziosi, originali e rilevanti. Gli mancava solo l'Oscar, fino allo scorso 28 febbraio; e vincerlo non è stata una passeggiata.
Prima che arrivi qualcuno a farci la morale, un piccolo disclaimer, ma anche più di uno: siamo coscienti del fatto che quelle di cui stiamo parlando sono le "tribolazioni" di uno degli uomini più privilegiati del pianeta (sebbene Leo abbia origini umili, essendo cresciuto praticamente in povertà prima di approdare al cinema giovanissimo); sappiamo bene che qualsiasi sacrificio si sia imposto, dalle fatiche fisiche al rischio di ipotermia, lo ha fatto per scelta e certamente non pensando a come meglio convincere l'Academy a premiarlo; e siamo anche consapevoli della presenza di un numero ingente di personaggi più o meno illustri che ritengono che quest'anno la sua non sia affatto la performance migliore dell'anno, e che invece avrebbe dovuto vincere per The Wolf of Wall Street. Anche Ennio Morricone avrebbe meritato più per Mission che per The Hateful Eight, ma che vogliamo fare, rispedirlo al mittente il suo Oscar? Ultima cosa: l'articolo contiene spoiler a pioggia, procedete con cautela che noi vi abbiamo avvertito!
C'era un ragazzo
Dunque, il rapporto di Mr. DiCaprio con l'Academy Award ha generato un tormentone mediatico senza eguali negli ultimi anni; è per questo che, per celebrare la tanto sospirata vittoria, abbiamo voluto fare un viaggio scherzoso e affettuoso attraverso le performance che, negli anni, lo hanno portato nei paraggi dell'elusiva statuetta.
Forse l'unica cosa che sapevo con assoluta certezza era che volevo fare l'attore. All'inizio però ci furono talmente tanti rifiuti che non avevo certo la sensazione di essere destinato a sfondare. Sentivo di dover provare qualcosa a me stesso, e non è una cosa che voglio lasciarmi alle spalle, perché è quello che mi motiva. Non mi fermo mai e non sono mai soddisfatto.
Il primo incontro ravvicinato con l'Academy Award fu quando Leo venne malmenato da un doppio premio Oscar. In Voglia di ricominciare (1993) il teenager DiCaprio recita accanto a Robert De Niro, che in una scena fondamentale lo picchia selvaggiamente e quasi lo strangola. E i pugni di De Niro devono fare male, considerato che uno dei suoi Oscar l'ha vinto per Toro scatenato. Era appena agli esordi, Leo, e recitava accanto a un mostro sacro della storia del cinema, ma forse avrebbe dovuto capire l'antifona. Ripercorriamo insieme quanto è avvenuto negli anni successivi, dopo quella prima, memorabile legnata...
1. Buon compleanno, Mr. Grape (1993)
Per nostra fortuna, la "voglia" a Leo non passa, e nel 1994 lo ritroviamo al fianco di Johnny Depp in Buon compleanno, Mr. Grape. Leo era poco più vecchio del suo personaggio, Arnie Grape, fratello minore del Gilbert di Johnny, ai tempi in cui girò il film di Lasse Hallström: il suo è un ruolo delicatissimo ed ad alto rischio, quello di un ragazzo con un grave ritardo mentale. Urla, sbava, piange, ride, smania e si arrampica sui tetti, riuscendo a rimanere credibile e commovente e ottenendo, a vent'anni, la prima candidatura all'Oscar come migliore attore non protagonista. Sembra solo l'inizio di una bellissima amicizia tra Leo e l'AMPAS. E invece...
Leggi anche: Leonardo DiCaprio, 40 anni per un divo: i 10 ruoli più belli
2. Titanic (1997)
Con Jack e Rose, James Cameron cerca di creare la perfetta giovane coppia romantica, ma Leonardo DiCaprio e Kate Winslet non sono soltanto giovani e belli, sono anche sue talenti cristallini: per molti interpreti un film come Titanic, campione d'incassi e premiato con undici Oscar, sarebbe stato l'apice della carriera, per Kate e Leo è solo un trampolino di lancio. Ma dal punto di vista dell'immagine il successo clamoroso del film, l'isteria collettiva delle ragazzine innamorate del biondo eroe Jack Dawson (e del Romeo di Baz Luhrmann), la diffusione del suo nome e del suo viso ancora adolescenziale sono una croce per l'attore ventiquattrenne. Per quanto sia bravissimo in Titanic, infatti, e in barba alle 14 nomination tributate al film, inclusa una a Kate, Leo resta fuori dalle candidature del 1998. Fu un affronto che lasciò il segno, tanto che Leo non andò nemmeno alla cerimonia di premiazione. Non che fare mostra del proprio disappunto sia servito a qualcosa.
Leggi anche: I redivivi: 10 film incredibilmente fuori budget e ad un passo dal fallimento
3. Gangs of New York (2002)
Quale modo migliore per smarcarsi dal cliché di idolo delle ragazzine che lavorare con uno dei registi più rispettati e apprezzati del mondo, autore di capolavori assoluti della storia del cinema e magnifica guida per i suoi interpreti, tra cui soprattutto il babbo picchiatore di Voglia di ricominciare, Bob De Niro: parliamo naturalmente di Martin Scorsese. Gangs of New York è un film in costume ambientato a New York durante la Guerra di secessione, un progetto ambizioso che indaga le origini di conflitti violenti all'interno della società americana; DiCaprio interpreta Amsterdam, un ragazzo che, per vendicare il padre ucciso quando era bambino, si associa al suo assassino, il malavitoso Bill "il macellaio", interpretato da un titanico Daniel Day-Lewis. Ma anche stavolta gli Oscar non hanno nulla di buono in serbo per Leo. O per Scorsese. Per Leo c'è un nuovo amaro Nomination Day, mentre Marty vede il suo film vincere zero Oscar su dieci nomination. Perché, in qualche modo, persino l'impareggiabile Day-Lewis riesce ad essere beffato dal toccante Adrien Brody de Il pianista.
Leggi anche: Tutto d'un fiato! I migliori piani-sequenza cinematografici degli ultimi 25 anni
4. The Aviator (2004)
La fiducia a Martin Scorsese non si toglie; e i due hanno in serbo un progetto perfetto per incontrare i gusti dell'Academy: un film biografico in buona parte ambientato a Hollywood e incentrato su un personaggio celebre, larger than life, un playboy milionario e sognatore colpito da un declino fisico e mentale, che finisce rinchiuso in un stanza di hotel dove conserva, allineate, delle taniche contenenti le sue urine da cui fatica a separarsi. Praticamente irresistibile! E invece sapete come andò a finire: la magnifica prova di DiCaprio nei panni di Howard Hughes viene battuta, durante la cerimonia di premiazione, da quella di Jamie Foxx nei panni di Ray Charles, un personaggio evidentemente più celebre e più tormentato del suo.
E poi Jamie cantava.
Leggi anche: Trasformazioni da Oscar: Da Nicole e Charlize a Christian Bale e Eddie Redmayne
5. The Departed - Il bene e il male (2006)
Dopo la cocente delusione di The Aviator, che perse anche nelle categorie principali per mano di Clint Eastwood e del suo Million Dollar Baby, il nostro eroe non si arrende e resta accanto al suo mentore: "L'autore di capolavori come Taxi Driver e Toro scatenato dovrà essere ricompensato prima o poi. E allora io sarò al suo fianco!", pensa Leo. E' il 2007 e il maestro italo-americano sfodera, con The Departed - Il bene e il male, un eccellente remake che finalmente gli consente di sbancare l'Academy prendendosi anche la rivincita su Eastwood; a Leo tocca in sorte il ruolo splendido di un ex criminale che si trasforma in infiltrato della polizia presso la malavita di Boston, e che oltre essere un pelo stressato dalla vita da doppiogiochista finisce pure ammazzato con un colpo in testa dal quale alcune ragazze che conosciamo noi ancora non si sono riprese.
Il risultato? Non arriva nemmeno la nomination.
Leggi anche: 10 anni di Oscar, fra meriti e abbagli: le nostre pagelle agli Academy Award
6. Blood Diamond - Diamanti di sangue (2006)
In effetti Leo una candidatura nel 2007 la ottiene, ma per il film sbagliato. Il thriller Blood Diamond - Diamanti di sangue è un film più ambizioso che riuscito e non può competere con i migliori titoli dell'anno, come l'interpretazione di Leo, benché virile e convincente, non può competere con quella di The Departed. Ma andatelo a spiegare all'Academy, evidentemente sedotta dal perfetto accento sudafricano che Leo sfoggia nel film di Edward Zwick. Ah, dite che non è per quello che Meryl Streep ha ottomila nomination?
Per non sapere né leggere né scrivere, Leo muore pure in Blood Diamond, ma l'Oscar va a Forest Whitaker per la performance da brividi de L'ultimo re di Scozia, e non ci possiamo neppure lamentare più di tanto: avrebbe potuto vincere Peter O'Toole, otto nomination, nessun Oscar. Dilettante.
7. Revolutionary Road (2008)
A questo punto della loro carriera, gli amici del cuore Leonardo DiCaprio e Kate Winslet avevano lo stesso problema con gli Oscar: svariate nomination, arrivate sin dalla tenera gioventù, ma nessuna vittoria. Perché non fare un tentativo unendo le forze? Magari con un progetto tratto da uno dei più importanti romanzi americani e diretto dal marito di Kate, Sam Mendes, che all'Academy era piaciuto al punto di tributare cinque Oscar, tra cui miglior film e miglior regia, al suo esordio American Beauty? Leo, fiducioso, si presta a girare scene di sesso con Kate davanti al marito, cosa che deve essere stata imbarazzante.
Com'è andata a finire? Attori candidati per il bellissimo e straziante Revolutionary Road: uno, Michael Shannon.
Kate però, astuta, aveva un piano d'emergenza. Seguendo il consiglio datole da Ricky Gervais in Extras (c'è un episodio meraviglioso tutto dedicato a lei, guardatelo!), aveva girato anche un film sull'Olocausto, in cui, per buona misura, compare completamente nuda. And the Oscar goest to... Kate Winslet, The Reader - A voce alta.
Leggi anche: La recensione di Revolutionary Road: Anatomia di un matrimonio
8. Inception (2010)
Per non lasciare nulla d'intentato, Leo cambia genere e registro, e si associa a questo bel tipo inglese che fa i film all'incontrario e i blockbuster d'autore, che è quasi la stessa cosa, e si chiama Christopher Nolan. L'originale, immaginifico e avvincente Inception viene accusato di avere gli "spiegoni", ma incassa una barca di soldi e viene candidato all'Oscar come miglior film - d'altronde se l'Academy aveva ampliato il numero di candidati nella categoria era stato principalmente in seguito alla mancata nomination dell'epocale Il cavaliere oscuro nel 2009 - ma per Leo anche stavolta è buco nell'acqua. "Se fossi stato candidato", si consola il nostro, "avrei comunque perso contro Colin Firth" (che vince per il ruolo di un volenteroso re balbuziente l'Oscar che gli spettava per la monumentale e commovente interpretazione di A Single Man, l'anno prima).
E ancora non sappiamo se i figli erano veri.
Leggi anche: 25 fantascientifiche invenzioni da film e serie che vorremmo fossero realtà
9. J. Edgar (2011)
Con Scorsese non è andata bene. Con Nolan non è andata bene. Proviamo con Eastwood, che l'Academy non perde occasione di annaffiare di candidature e statuette per cui non mostra neppure particolare gratitudine.
E quello di J. Edgar Hoover non è esattamente un peso piuma in fatto di ruoli biografici - avete presente, no, il direttore dell'FBI per decenni, che catturò Johnny Dillinger, introdusse le microspie e ottenne il potere di tenere chiunque sotto sorveglianza, riuscendo però a mantenere più o meno il segreto sulla propria omosessualità? Per Leo la prova è onerosa anche dal punto di vista del make up, in quanto deve interpretare Hoover in diversi momenti della vita, dagli inizi come impiegato del dipartimento di Giustizia fino alla morte. Ma la cosa non intenerisce affatto l'Academy, che pensa bene di premiare J. Edgar con zero nomination. Zero. Per dire, persino Space Cowboys, il film coi pensionati nello spazio, ne aveva ottenuta una.
10. Django Unchained (2013)
Quentin Tarantino non è un cocco dell'Academy al pari di Dirty Harry, ma difficilmente i suoi film passano inosservati quando si distribuiscono le nomination, soprattutto negli ultimi anni. Il Tarantino più maturo e ambizioso di Bastardi senza gloria era riuscito a far vincere un Oscar a questo Christoph Waltz, un austriaco praticamente sconosciuto, per il ruolo di un cattivissimo e carismatico ufficiale nazista. Se dal secondo conflitto mondiale ci spostiamo alla guerra civile americana, l'omologo di un Colonnello Hans Landa non può essere che uno spietato e sadico latifondista e schiavista come Calvin Candie, ovvero il ruolo che tocca a Leo alla sua prima collaborazione con il regista di Pulp Fiction. Leo non solo l'affronta con inedita perfidia e una presenza scenica da semidio della Old Hollywood, ma rischia pure di amputarsi un paio di dita in una scena particolarmente movimentata (il sangue sulla mano sinistra di Candie è autentico). Per tutta risposta l'AMPAS candida - e premia, di nuovo - Christoph Waltz - che in Django non è cattivo nemmeno un po'.
Leggi anche: La recensione di Django Unchained: ollywood perdona... Django no!
11. The Wolf of Wall Street (2013)
Quando sei arrivato alla soglia dei quarant'anni, hai partecipato a decine di film eccellenti, sei considerato uno degli attori più importanti di Hollywood, e l'Academy continua rifilarti umiliazioni brucianti praticamente ogni anno, forse la scelta più saggia è rilassarsi, dedicarsi alle proprie passioni e non pensarci più, a quella dannata statuetta. Così Leo si dedica a un progetto molto personale, un'altra collaborazione con Scorsese: l'adattamento dello sconvolgente memoriale dell'ex broker Jordan Belfort che racconta l'incredibile, scatenata e desolante parabola di un individuo impresentabile. Il film è magnifico, la performance di Leo talmente grandiosa da generare di nuovo, inesorabilmente, quel fenomeno pernicioso e nemico della sua serenità, l'Oscar buzz. E così, quando il nostro ricomincia a crederci, ecco che Matthew MCConaughey arriva e, al culmine di una clamorosa rinascita artistica, perde quaranta chili e non deve nemmeno sforzarsi di fingere l'accento texano in Dallas Buyers Club. E prima di ritirare il suo Oscar, l'infame belloccio ossigenato di tante dimenticabili romcom (si fa per dire eh, vogliamo bene anche a Matt) si permette la condiscendenza di andare ad abbracciare Leo, piazzato in prima fila al Dolby Theatre perché l'ennesimo affronto non potesse sfuggire a nessuno.
Leggi anche: La recensione di The Wolf of Wall Street: Jordan scatenato
12. Revenant - Redivivo (2015)
Inutile tornare a ribadire ciò che tutti scrivono e raccontano da mesi, lui incluso, ovvero le sofferenze e le privazioni che Leo si è inflitto per girare Revenant con Iñárritu. Se ne è discusso con dovizia di dettagli, tanto che sono in molti a esserne infastiditi, a bollarla come una spudorata richiesta di attenzione, irritati da quegli aneddoti quanto da quello sguardo in macchina alla fine del film.
Da quando lo abbiamo visto, un anno fa, nelle prime immagini dai set, barbuto, sporco e infreddolito, ci siamo chiesti tutti, possibile che sia questo il ruolo giusto? Con Iñárritu che ha appena vinto per Birdman? Meglio non metterci il pensiero, prima che arrivi qualche altro stecchino, qualche altro travestito a romperci le uova nel paniere.
Poi, poco prima della release del film s'è parlato di stupri inter-specie, e a converrete che la misura era colma. Invece la febbre non è scesa nemmeno quando il film è uscito, accolto dal plauso della critica americana e dai primi riconoscimenti da parte di associazioni e sindacati cinematografici: il tormentone DiCaprio/ Oscar cambia forma, almeno in alcuni ambiti: ora è lui il ladro, quello che minaccia di mettere le mani sul premio di qualcun altro, e c'è persino chi sostiene che "premiare DiCaprio per Revenant sarebbe un danno per la recitazione". Un segnale decisivo del mutare della marea?
Leggi anche: La recensione di Revenant: l'uomo e l'orso, la vendetta e la natura
Mentre, alla faccia di questi paladini della recitazione, Leo vinceva tutti i precursori più importanti e riceveva calorose standing ovation, gli appassionati si dividevano tra inguaribili scettici, quelli che "non lo vincerà mai", e sognatori, quelli che "dai che stavolta ce la fa".
Per una volta, hanno avuto ragione loro. Complimenti Leo, l'hai meritato. Dodici volte tanto.