Gli appassionati di auto conoscono sicuramente la gara di Le Mans del 1966: dopo il dominio incontrastato nelle corse della scuderia Ferrari, la Ford si prese una grande rivincita, portando sul podio tutte e tre le sue vetture. Le Mans '66 - La grande sfida, in sala dal 14 novembre, racconta proprio quella corsa, ma non solo.
Dopo Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line e Logan - The Wolverine, James Mangold torna a raccontare una storia di ossessioni personali, in cui però i rapporti umani sono fondamentali: l'impresa della Ford è dovuta infatti a due uomini, che hanno saputo fare gioco di squadra. L'uomo al volante, Ken Miles, interpretato dal premio Oscar Christian Bale, e Carroll Shelby, proprietario della Shelby Automobiles, che ha il volto di Matt Damon.
Insieme i due creano una macchina in grado di superare in velocità la bellissima Ferrari, ma sopratutto testano la propria tempra. Le Mans '66 - La grande sfida è infatti soprattutto un film di rapporti tra persone, un film di rapporti tra persone, come quello tra Ken e suo figlio Peter (Noah Jupe).
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James Mangold e l'importanza di condividere le proprie passioni con i figli
Il rapporto tra Ken e Peter Miles nel film, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Le Mans '66 - La Grande Sfida, è commovente: quanto è importante passare ai nostri figli non soltanto il nostro DNA, ma la passione per qualcosa? Per il regista: "Credo che la cosa più bella della loro relazione sia che si tratta di una padre che cerca di condividere le proprie ossessioni con suo figlio. Ciò che lo spinge, la cosa che ama di più al mondo e per cui lavora. E allo stesso tempo spiega a suo figlio che, quando non può stare con lui e sua madre, è perché si occupa di queste cose, che lo rendono ciò che è." "Sono un padre e credo che sia un sogno poter condividere con i tuoi figli chi sei realmente, le cose che ami di più. Nel nostro film la relazione tra il personaggio di Christian Bale e suo figlio è resa ancora più interessante dal fatto che il ragazzo, in un certo senso, cerca di salvare suo padre: il figlio ricorda al padre che non deve essere perfetto, che è già fantastico. Suo padre è talmente concentrato da preoccuparlo: è un altro aspetto molto bello del loro rapporto. Peter Miles, il figlio di Ken, vede e capisce così bene l'ossessione del padre, da sapere che ha bisogno di qualcuno che gli dica che va tutto bene, ma non deve farlo per lui."
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L'importanza della parola e della musica
In Mans '66 - La grande sfida Shelby dice che "le parole spesso non sono utili". Quelle delle canzoni però sicuramente sì, visto quanto sono importanti nei film di Mangold: "La musica è molto importante, ma anche le parole: bisogna però conoscere il loro significato. La musica che sentiamo spesso rispecchia la persona che vorremmo essere: come i vestiti, la musica è qualcosa che descrive chi vorremmo essere, un'idea, un'energia che vorremmo incarnare. Le nostre parole invece sono una cosa completamente diversa: da scrittore studio e ascolto ciò che dicono gli altri e che dico. Nella vita reale è davvero raro che le persone parlino dei loro veri sentimenti: trovo sia una grande bugia quando nei film vediamo le persone esprimere così spesso ciò che provano."
"Nei miei film cerco di rendere l'idea che le persone non è che mentano costantemente, ma cercano sempre di rimanere intorno alla verità, come un aereo, ci volano attorno, non atterrano: cercano di capire quanta verità possa sopportare il loro interlocutore, rivelando solo un po' di quello che provano. Questo è anche molto più cinematografico, perché la telecamera può vedere la distanza tra le parole e i sentimenti nascosti."
Il gioco di squadra ci rende umani
L'altro aspetto fondamentale del film è il gioco di squadra tra i due protagonisti: lavorare insieme definisce come esseri umani. Allora perché spesso ci scordiamo della sua importanza? Secondo il regista: "Spero che non lo si dimentichi: viviamo in un'epoca in cui i nostri telefoni, Instagram, Facebook hanno lo scopo di renderci importanti. Tutti promuovono se stessi. L'idea di essere famosi e importanti è un'idea individualistica, mentre i rapporti veri nella vita derivano dal realizzare cose insieme. Non sono sicuro del perché questo sfugga, ma penso sia indice di una cultura malsana, in cui le persone lavorano soltanto per i propri benefici."