Si è fatta in quattro Laura Morante pur di vedere realizzato il suo primo film da regista, Ciliegine, in uscita il prossimo 13 aprile in circa 50 copie grazie a Bolero Film. Prima ha scritto la sceneggiatura assieme a Daniele Costantini, poi è stata incaricata dal produttore Bruno Pesery di dirigere la pellicola, ritagliandosi il ruolo della protagonista e, infine, ha accettato di diventare anche co-produttrice. Un percorso affatto semplice, durato ben sette anni, in cui ha visto crescere la sua creatura artistica come fosse un figlio. Tanto atteso e voluto, Ciliegine sembra tagliato su misura per le sue brillanti doti di inteprete. La commedia racconta infatti di Amanda, una donna che non riesce ad avere una relazione serena con gli uomini, come dimostra l'ennesima separazione, consumata in una tragicomica notte di Natale a causa del 'furto' dell'unica ciliegina sulla torta da parte del compagno Bertrand; un atteggiamento, il suo, che tradisce una profonda insicurezza e soprattutto l'incapacità a lasciarsi andare ad un vero rapporto. Nemmeno l'incontro con Antoine, l'unico uomo di cui misteriosamente si fida, riesce ad essere risolutivo, poiché Amanda lo crede (a torto) un gay. Segretamente innamorato, ma incapace di dimostrare i suoi sentimenti, Antoine regge questo gioco degli equivoci pur di stare vicino alla donna, mentre nell'ombra gli amici dei due tramano per ricomporre la situazione.
Soddisfatta per il risultato ottenuto, Laura Morante è apparsa raggiante questa mattina nella conferenza stampa di presentazione che si è tenuta a Roma. Al suo fianco il compagno artistico Pascal Elbè (l'eroico Antoine) e il marito Francesco Giammatteo, tra i finanziatori del progetto artistico con la Nuts and Bolts Productions.
Laura, partiamo dal titolo, Ciliegine, una parola all'apparenza innocua che in realtà nasconde un significato molto profondo... Laura Morante: Ciliegine è nato da un bisogno di leggerezza. Dopo aver lavorato con Daniele Costantini alla sceneggiatura di un film drammatico che però non è mai partito, nonostante sia stata comprata da un produttore, volevamo scrivere qualcosa di completamente diverso. Allora gli ho raccontato che avrei voluto scrivere un film partendo proprio dalla scena clou, quella in cui Amanda litiga ferocemente con il suo compagno, reo di aver mangiato l'unica ciliegina sulla torta. Quella è stata la partenza che ci ha permesso di lavorare sulla protagonista. Ci siamo chiesti cosa l'avesse portata ad avere una reazione così spropositata.
E a quel punto cosa ti ha ispirata?
Sono partita da me, da cose che ho visto. Ho visto succedere esattamente la stessa scena, ma dopo aver girato il film. La coppia in questione ha litigato per una castagna, ma la sostanza non cambiava. Lei aveva davvero gli occhi di fuoco mentre lo rimproverava di aver preso l'ultima castagna che era rimasta. Sono sempre stata una vecchia zia, a me piace vedere le coppie che si baciano per strada. Una volta in Svizzera mi è capitato di vedere due che sembravano innamorati persi e non smettevano di baciarsi. Quando lei si è alzata e lo ha salutato, lui non aveva più nulla nello sguardo. Mi colpì molto questa cosa.
Abbiamo scelto una donna perché in realtà mi interessava il punto di vista femminile e poi, sinceramente, non credo che la stessa situazione si possa ripetere a ruoli invertiti. E' più frequente che siano le donne a notare e sottolineare la disattenzione del compagno. In fondo Amanda non reclama le ciliegine, ma l'attenzione.
Ti sei ispirata alle commedie classiche di Woody Allen?
Adoro Woody Allen e ci ho pensato spesso, ma la fonte di ispirazione più forte sono stati i Peanuts di Schultz. Per me Amanda è come Lucy. Capisco che certi atteggiamenti possano essere disturbanti, ma adoro i personaggi difficili come lei. Le scene ambientate nel planetario, poi, sono una trasposizione volontaria delle tavole in cui Linus e Charlie Brown contemplano la volta celeste e parlano del mondo. Volevo che il mio film fosse una parodia affettuosa della commedia sentimentale, giocare coi sentimenti ma non essere ironica né distaccata. Volevo lasciare intatta la nostalgia del romanticismo, quella sensazione commovente e amara al tempo stesso del cielo disegnato da Schutz.
Puoi raccontarci l'iter tortuoso che ti ha portato alla realizzazione del film? E quando hai deciso che sarebbe diventato 'francese'?
Con Daniele avevamo scritto un trattamento tutto italiano, dalle ambientazioni ai personaggi e via di seguito. L'ho dato a leggere ad alcune persone che conoscevo ma non ho mai ottenuto alcuna risposta. Fortunatamente in quel periodo stavo girando Alain Resnais e ho colto l'occasione per mostrare il lavoro al produttore Bruno Pesery. A lui la storia era piaciuta molto e si era detto disponibile a comprare la sceneggiatura a patto che tutto venisse trasposto in Francia e opportunamente tradotto. Quando la sceneggiatura è stata approvata siamo passati alla ricerca di un regista francese e anche in questo caso non siamo stati fortunati. Uno non era libero, l'altro aveva delle difficoltà a lavorare ad un progetto non suo e allora è arrivata la proposta di Bruno che mi ha spinto a dirigere il film. Tutto era pronto per partire, compresa l'interpete principale che avevo già scelto, Sandrine Kiberlain.
Cosa si è inceppato?
Il progetto si è interrotto di nuovo e Pesery mi aveva invitato a cercare una co-produzione italiana per finanziare il film. A quel punto si rendeva necessario l'impiego di un'attrice italiana che parlasse francese e la scelta è ricaduta naturalmente su di me. In un colpo mi sono ritrovata ad essere sceneggiatrice, regista e inteprete. E poi anche co-produttrice visto che solo una settimana prima che scadessero i termini per l'erogazione del fondo di garanzia abbiamo dovuto costituire una società di produzione e spendere soldi di tasca nostra.
Francesco Giammatteo: bisognava scendere in campo e l'abbiamo fatto. Produrre questo film è stata davvero una traversata, fortunatamente ci siamo confrontati con un produttore esperto. Inoltre si è creato un team fantastico. Non è da tutti avere Maurizio Calvesi alla fotografia, Esmeralda Calabria al montaggio e Nicola Piovani come autore della colonna sonora, un autore sensibile e attento.
L'ho visto per la prima volta in un film che stavo studiando in realtà per l'attrice e mi aveva colpito subito. Purtroppo mi avevano detto che era troppo giovane per il ruolo. Da quel giorno sono passati tre anni e Pascal, a differenza mia, è invecchiato. Ero felice perché corrispondeva a quello che volevo. Volevo uno come Gregory Peck ed è arrivato lui. E' l'attore meno capriccioso che abbia mai incontrato in carriera, tanto che in un'intervista mi sono sentita di consigliare a tutti di lavorare con lui. Non è affatto egocentrico, l'ego ce l'ha in un luogo sicuro.
Qual è stata la prima impressione quando hai incontrato Laura Morante? Pascal Elbe: ricordo che avevamo talmente tante cose da dirci che l'ho invitata a salire sul taxi con me, perché stavo per partire. Laura è un'attrice molto amata in Francia ed è bello quando decidi di andare all'attacco e fare il salto dietro alla macchina da presa. Sono stato davvero lusingato di aver ricevuto la sua proposta e soprattutto sono stato molto felice quando ho saputo che finalmente si girava. Confesso che se io ho deciso di fare cinema è stato anche grazie ai grandi del cinema italiano e lavorare con Laura mi ha dato la sensazione di farvi parte.
Tanti attori internazionali hanno dichiarato il loro amore per il vecchio cinema italiano...
Per le mie origini mediterranee sento molto più vicino il cinema italiano che quello francese. Marco Ferreri, Ettore Scola, Vittorio De Sica erano quasi di famiglia e sono riuscito ad entrare in contatto con le loro grandi opere, film magici, scritti da dialoghisti straordinari, che mostravano lo scorrere della vita senza cinismo. Quel cinema umanista ha guidato la mia vita.
Mi piacerebbe moltissimo anche se fino ad ora non è mai accaduto. Due mesi a Roma mi farebbero ingrassare, ma certo mi riterrei soddisfatto indipendentemente dal successo del film.
Laura ti piacerebbe tornare a fare la regista?
Laura Morante: sì a patto che non passino altri sette anni per dirigere una commedia. Ciliegine non Ben Hur né La caduta degli dei (ride). Eppure mi sono divertita a dirigere gli attori, tutti fantastici, talentuosi e solidali e tanto tanto calorosi. Alla fine il ruolo più duro è stato quella della co-produttrice.
Pascal Elbe: credo che Laura debba continuare a dirigere, non capita così spesso di incontrare qualcuno che ti conosca così bene. Davanti ad una regista così, ogni capriccio diventa secondario. So cosa voglia dire aspettare sette anni per realizzare un progetto in cui credi. Spero che la prossima gravidanza sia breve e soprattutto spero di far parte del cast di un ipotetico Ciliegine 2, almeno in qualche scena all'inizio, prima di essere scaricato brutalmente.
Laura, hai girato a Parigi, città dove sei a lungo vissuta, e hai voluto al tuo fianco gli uomini più importanti della vita, Daniele Costantini, Georges Claisse, e Francesco Gianmatteo. Questo ha un significato speciale per te?
Daniele, con cui ho scritto il film, è il padre di Eugenia, la mia figlia più grande, mentre l'adattamento in francese l'ho fatto con Georges, che invece è il padre della secondogenita Agnese, mentre Francesco ha prodotto il film. Che dire? Sono insopportabile durante i rapporti, ma dopo no, tendo a conservarli perché li considero preziosi. Forse perché non ne ho tantissimi. Tutti loro sono persone di valore e volevo averle vicino.