Dal romanzo di successo (e vincitore del Premio Campiello) di Donatella Di Pietrantonio è attualmente in sala L'arminuta: la storia di una bambina che viene abbandonata dalle persone che l'hanno cresciuta per essere restituita alla sua famiglia di origine (in dialetto abruzzese, arminuta significa appunto "la ritornata"), una storia fatta di opposti, di passaggi, dalla città alla campagna, dall'italiano al dialetto, dalla ricchezza alla miseria. Proprio da questo elemento in particolare siamo partiti durante la conferenza stampa di presentazione del film alla Festa del Cinema di Roma, dove abbiamo potuto vedere l'opera in anteprima e dove abbiamo incontrato il regista Giuseppe Bonito, parte del cast e la scrittrice Donatella di Pietrantonio. "Uno dei criteri guida durante la lavorazione per noi è stato proprio rappresentare questa marcata dualità, ne abbiamo tenuto grande considerazione sia in scrittura, che durante la fase di regia. Il dualismo è stato l'elemento che ci ha guidato di più nel dirigere il film, tematicamente è stato un aspetto molto importante. I personaggi sono molto realistici, ma portano con sé un simbolismo molto forte. Volevamo parlare di cultura antica ma anche di modernità, progresso, e i protagonisti di questa storia sono tutte figure che incarnano benissimo questi concetti" ha chiarito Bonito.
Una trasposizione difficile
L'Arminuta non è un romanzo facile da trasporre, sempre Bonito ci ha però spiegato come la storia di Donatella Di Pietrantonio lo abbia fin da subito toccato molto profondamente: "È un libro estremamente intenso, straordinario, un lunapark di sentimenti. Ci sono aspetti che mi hanno agganciato fin da subito. Anche se non sono di origini abruzzesi è stato come guardare una vecchia fotografia, mi sembrava di vedere persone che veramente conoscevo, a cui potevo ricondurre la mia infanzia. Non ho mai letto un libro che desse così tanta profondità a questo tipo di persone". Il regista ha poi sottolineato come sia stato felice di raccontare una storia in cui i personaggi più importanti fossero tutte donne: "Ho trovato allettante che il racconto fosse così tanto declinato al femminile, volevo raccontare una storia quasi esclusivamente di donne, che è una sfida per un regista maschio, una sfida davvero interessante."
Secondo Bonito scegliere le sue protagoniste è stato facile, ha trovato subito quello che cercava nelle attrici che interpretano l'Arminuta (di cui non scopriremo mai il nome), sua sorella Adriana, e le due madri, Adalgisa - che rinuncia alla figlia adottiva - e quella biologica, che la riprende con sé: "Sapevo fin da subito che Vanessa Scalera ed Elena Lietti sarebbero state le mie madri. La fase dei provini è durata molto poco anche per quanto riguarda le due piccole protagoniste, l'arminuta e Adriana, interpretate rispettivamente da Sofia Fiore e Carlotta De Leonardis. Sofia mi ha colpito perché quando ho chiesto a tutte le bambine che erano in lizza per il ruolo di descrivermi che cosa c'era fuori dalla loro finestra, lei è stata l'unica che mi ha raccontato che cosa sentiva, non che cosa vedeva. Carlotta invece era l'unica in grado di parlare il dialetto abruzzese, e per la parte ovviamente è fondamentale."
"Sofia e Carlotta si sono scelte vicendevolmente, le loro dinamiche fuori dal set erano quelle che volevamo anche nel film" ha poi affermato il regista, cosa che è stata sottolineata anche dalle due piccole interpreti: "Siamo diventate molto amiche fin da subito, si è creato un fortissimo legame tra noi, è stata un'esperienza nuova per entrambe che non avevamo mai studiato recitazione, questo ci ha aiutato nel creare un buon rapporto e a farci forza a vicenda" ha spiegato Sofia, "da quando ci siamo incontrate ai provini ci siamo sentite fin da subito come se fossimo davvero sorelle" ha confermato Carlotta.
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Madri e figlie
L'arminuta è un film che parla di figlie abbandonate ma anche di madri, che abbandonano e riaccolgono. Adalgisa, che ha cresciuto la protagonista per poi "rimandarla indietro", e la sua madre biologica (anche in questo caso non ne scopriremo mai il nome), interpretate rispettivamente da Elena Lietti e Vanessa Scalera. Quest'ultima ha sottolineato in conferenza quanto per lei sia stato importante lavorare con un'attrice che stima come Elena Lietti, cercando poi di spiegarci come ha costruito il suo personaggio: "Ho creato questa madre immaginando il mondo in cui vive. Io provengo da un piccolo paesino e quella realtà la conosco bene, quella contrizione, quegli occhi dolenti li ho visti in tante donne, in tante famiglie. Io che sono abituata a giocare in attacco, con questo ruolo ho dovuto invece giocare in difesa. Recuperare quei ricordi è stato importante per creare il mio personaggio, l'incontro con Giuseppe Bonito poi è stato fondamentale, anche lui è un uomo del Sud e conosce come me quegli occhi, che dicono tutto ma non verbalizzano nulla, siamo figli di esperienze simili. Abbiamo ricreato un Sud che mi appartiene. Quelle donne e quegli uomini conservano dentro di sé una parte bambina, io credo che la mia madre sia una donna piccola, dolce. Sua figlia è il suo grande riscatto."
Anche Elena Lietti ci ha parlato del suo personaggio: "Adalgisa è stato un bel mistero da risolvere, una donna che compie un gesto riprovevole: anche se lei poteva permettersi di crescere la bambina infatti decide di abbandonarla. Sono stata costretta a fare un viaggio in un'epoca, in un contesto sociale culturale e religioso molto preciso, cosa che mi ha permesso di ricostruirne il processo mentale, di arrivare a capire lei e le difficoltà vissute dalle donne all'epoca." Anche il regista riprende e sottolinea il medesimo discorso: "Le due madri sono diversissime ma accomunate dalle stesse difficoltà, della condizione femminile in un mondo come quello."