La vendetta ha fatto tredici
Dopo il minimale, interessante Bubble, e l'esperimento (poco riuscito) di recupero "filologico" del noir anni '40 di Intrigo a Berlino, Steven Soderbergh torna alla sua fortunata saga degli Ocean's, che giunge con questo Ocean's Thirteen (che originalità!) al terzo episodio. Cinema d'intrattenimento, di risate e di stelle, quello di Soderbergh e George Clooney (seconda mente dietro l'intera saga), da cui sai cosa aspettarti, limiti inclusi. Qui il cast è impreziosito da un villain del calibro di Al Pacino, che con la sua azione rappresenta la "molla" che dà il via alla vicenda: Pacino impersona infatti il perfido Willie Bank, proprietario di vari alberghi, che ha la malaugurata idea di truffare Reuben Tishkoff (interpretato di nuovo da Elliott Gould), membro del gruppo di Ocean, escludendolo dalla gestione del suo nuovo casinò. Ocean e soci non potranno accettare un tiro mancino del genere ai danni del vecchio amico: vendicare Reuben (nel frattempo finito in ospedale) sarà così lo scopo principale del ricostruito gruppo, che nel suo progetto di trasformare l'inaugurazione del casinò in una terribile bancarotta per il suo proprietario troverà un alleato nel "cattivo" dei primi due film, il Terry Benedict di Andy Garcia.
La differenza principale tra il soggetto di Ocean's Thirteen e quelli degli episodi precedenti sta nelle motivazioni che muovono il gruppo: non più soldi o gioielli (o almeno, non principalmente quelli), ma il desiderio di vendetta per l'ingiustizia subita da un amico. Tuttavia, com'è facile immaginare, si tratta più che altro di un pretesto per innescare di nuovo l'ormai oliato meccanismo di azione e gag della serie: i personaggi sono ancora una volta monodimensionali, e nella realizzazione del complicatissimo piano che dovrà defraudare Bank di tutti i suoi averi c'è ben poco spazio per un discorso anche superficiale sull'amicizia e la solidarietà di gruppo. Meglio concentrarsi allora sui fantasmagorici stratagemmi messi in atto da Clooney e compagni per eludere l'altrettanto futuristico sistema di sicurezza del casinò, entrambi spiegati così dettagliatamente da apparire quasi credibili; o sulla regia di Soderbergh, di nuovo all'insegna della dinamicità e della consapevole leggerezza, in fondo unico elemento che salva, almeno in parte, l'intera saga dallo spettro della routine.
Sembrano comunque divertirsi, regista e interpreti principali, a tornare nei rispettivi panni (perché in fondo anche Soderbergh, dirigendo questa serie, sta in un certo senso interpretando - benissimo - un ruolo), e se qualche dubbio viene dalla quasi totale unità di luogo (che a tratti lascia intravedere il fantasma della ripetitività) e da una lunghezza forse retta meno bene rispetto ai due precedenti episodi, la brillantezza delle battute e di molti dialoghi tiene comunque viva l'attenzione dello spettatore; superando in efficacia, in questo, il mood del secondo film, che era caratterizzato da una comicità a tratti decisamente sopra le righe. Fanno il resto dei titoli di testa dal carattere vagamente kitsch, una fotografia, curata dallo stesso regista, dai toni sgargianti e saturi (quasi uno sfogo dopo il bianco e nero autoimposto nel film precedente) e qualche gradevole ammiccamento alla sophisticated comedy degli anni '50 e '60. Per l'intrattenimento spensierato, anche per questa volta, può bastare. Ma il tre, non dimentichiamolo, è il numero perfetto (e anche il tredici, in fondo, non è poi così male): speriamo che Soderbergh e Clooney, nei loro prossimi progetti, se ne ricordino.
Movieplayer.it
3.0/5