Nell'autunno del 2012 Pitch Perfect, un 'piccolo' film (meno di venti milioni di dollari di budget) diretto dall'esordiente Jason Moore e interpretato dalla star emergente Anna Kendrick, strizzando l'occhio al fenomeno televisivo Glee e all'analoga mania dilagante per i talent show, ma premendo pure sul pedale della nostalgia, si faceva strada nel cuore del pubblico statunitense, arrivando poi a rivelarsi un discreto campione d'incassi anche nel resto del mondo - con l'ovvia esclusione dell'Italia, paese in cui il musical rimane tuttora il "brutto anatroccolo" dei generi cinematografici, ma anche per colpa di un lancio in sordina con il banalissimo titolo Voices.
Il ritorno delle Barden Bellas
Lo strepitoso responso del box office internazionale (quasi centoventi milioni di dollari) non poteva esimere Pitch Perfect dall'inevitabile legge del sequel, con un team pressoché invariato in sede di produzione ma con un cambio di testimone alla regia, che per Pitch Perfect 2 vede al 'timone' un'altra debuttante, Elizabeth Banks, assai più nota in veste di attrice - e infatti interprete, nel film, della velenosa commentatrice televisiva Gail Abernathy-McKadden-Feinberger, accanto al collega John Smith (John Michael Higgins).
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L'attenzione, però, rimane puntata costantemente sulle dieci studentesse canterine dell'immaginaria Barden University, alle prese con le inevitabili divisioni interne: Beca Mitchell (Anna Kendrick), sempre più proiettata verso un futuro lontano dall'ambiente universitario, si sta allontanando dal resto del gruppo per muovere i primi, timidi passi nel mondo della discografia in qualità di produttrice; Chloe Beale (Brittany Snow), ossessionata dalla mania del controllo, tenta strenuamente di tenere unita la squadra in vista degli imminenti Mondiali di canto a cappella; mentre l'esistenza stessa delle Barden Bellas è messa in pericolo dallo scandalo provocato da una disastrosa esibizione nel corso della quale l'assai poco aggraziata Fat Amy (Rebel Wilson), complice una calzamaglia non abbastanza elastica, ha sbandierato la propria vagina in faccia al Presidente Barack Obama sulle note di Wrecking Ball (giusto per stabilire fin da subito il 'tono' del film).
Un sequel a ritmo di teen pop
Poste le basi per una nuova avventura musicale delle nostre eroine, Pitch Perfect 2 procede lungo i binari fin troppo lineari della sceneggiatura di Kay Cannon con il massimo grado di prevedibilità: nessuna variante, neppure minima, rispetto al canovaccio prestabilito, con l'inclusione di tutti i cliché del caso, ma anche - ed è un limite ben più grave, vista la tipologia di film - con l'incapacità di generare un reale coinvolgimento nei confronti delle protagoniste, né tanto meno quel livello di umorismo che sarebbe stato più che lecito aspettarsi, con battute e gag stiracchiatissime che falliscono puntualmente l'obiettivo della risata. Il film dissolve qualunque ombra di reale conflitto, interno o esterno, per i personaggi, tiene in sordina perfino la simpatia di Anna Kendrick (vero asso nella manica del precedente Voices) e tenta di affiancarle una new-entry, la Emily Junk di Hailee Steinfeld, ingenua matricola impaziente di seguire le orme delle Barden Bellas, che come co-protagonista, ahinoi, si rivela piuttosto inefficace.
Dunque, nel corso di una pellicola che scorre via come un bicchiere d'acqua frizzante, replicando il proprio inno ad una sorellanza squisitamente femminile (ma quanto sarebbe stato tutto più gradevole con un pizzico di sana cattiveria in più!), il cuore pulsante del film dovrebbe essere, ancora una volta, la musica. Peccato che, pure da questo punto di vista, Pitch Perfect 2 perda il confronto con il suo predecessore: rispetto all'efficace amalgama fra hit anni Ottanta e pop contemporaneo di Voices, la nuova soundtrack sembra assai più impegnata a strizzare l'occhio ai teenager di oggi, e quindi spazio a cover di Miley Cyrus, Icona Pop, Carrie Underwood, Taylor Swift, Beyoncé Knowles e tanto, tantissimo hip hop. L'effetto complessivo, però, risulta assai meno vario ed accattivante rispetto alle premesse, e così il momento musicale più trascinante del film finisce per essere la performance di Rebel Wilson di We Belong di Pat Benatar come volitiva dichiarazione d'amore per Bumper Allen (Adam DeVine), ma con modalità semi-parodistiche.
Movieplayer.it
2.0/5