007 Spectre: Licenza di eccedere

Dopo averne analizzato le origini e studiato l'icona con Skyfall, Sam Mendes pone fine alla sua visione di James Bond con un film più classico nelle dinamiche, ma insistente nella rappresentazione di un uomo più vulnerabile. Un capitolo finale spettacolare e intermittente, in cui la parabola moderna dell'agente britannico sembra chiudersi.

Una vita intera passata nel centro del mirino, nell'occhio vigile di una pistola che inquadra e segue la sagoma di un elegante agente speciale pronto a sparare sul pubblico. James Bond camminava di profilo, si fermava, si girava verso di noi e colpiva nel segno. Sempre la stessa cosa, dal 1962 (anno del primo Agente 007, licenza di uccidere) ad oggi. Prevedibile, ripetitivo, ma a suo modo rassicurante. Almeno sino a quando qualcuno ha deciso di cambiare questo punto di vista e mettere quell'uomo prima irreprensibile dentro un tunnel scuro, all'interno di quella lunga canna di pistola che di colpo lo opprime e lo costringe a tirare fuori l'uomo sotto lo smoking.

Spectre: la prima immagine di Daniel Craig nel film
Spectre: la prima immagine di Daniel Craig nel film

È stato un percorso lungo quasi dieci anni, durante il quale si è cercato di dare una spiegazione al cinismo misogino della spia britannica, al suo cieco senso del dovere, ad una spessa patina di freddezza che ne avvolgeva il sarcasmo. Dopo il buon approccio iniziatico del crudo Casino Royale e il più deludente e piatto Quantum of Solace, tre anni fa abbiamo assistito alla svolta autoriale con l'ineccepibile Skyfall. Sam Mendes prende le redini dell'icona bondiana, la resetta e decide di evitare un film di James Bond a favore di un film su James Bond. Strappata dai suoi abiti l'etichetta di uomo infallibile, spogliato del suo eterno simbolo, il regista inglese ha cercato di andare a fondo, sino alle fondamenta di un iceberg umano.

Spectre. un momento della parata del Giorno dei Morti a Mexico City
Spectre. un momento della parata del Giorno dei Morti a Mexico City

Sulla scia di questa parabola eroica introspettiva, 007 Spectre non dimentica la sua missione e procede coerente con chi lo ha preceduto, aperto da titoli di testa che riacciuffano ogni momento fondamentale della saga vissuta da Daniel Craig. Sulle note dell'elegante Sam Smith appaiono volti e vicende capaci di segnare per sempre la personalità schiva di 007, come fossimo davanti alla sigla di una serie TV che funge da raccordo e ricordo per lo spettatore più o meno affezionato. In effetti Spectre ha l'arduo compito di chiudere il cerchio della moderna serialità di Bond, rispondendo a domande irrisolte e facendoci capire da dove provenga e dove sia diretta l'indecifrabile spia che, finalmente, si lascia spiare.

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Mescolato, non agitato

Spectre: Daniel Craig a Roma in un momento delle riprese
Spectre: Daniel Craig a Roma in un momento delle riprese

Il volto segnato di Daniel Craig permette di studiare i solchi e analizzarne ogni ruga, così il Bond di Mendes si riconferma il più complesso di tutti: evita di godersi soltanto la vita (tra donne, cocktail e bei vestiti) per beffare la morte, sfiorare la fine e far emergere la sua identità più disperata e quindi autentica. Questa fascinazione mortifera viene confermata dal prologo di Spectre (per una volta non un lunghissimo inseguimento), ambientato a Città del Messico durante la parata del Giorno dei Morti tra scheletri festanti, carri funebri colorati e cadaveri che si divertono.

Spectre: Monica Bellucci in una scena del film
Spectre: Monica Bellucci in una scena del film

Un contesto scenografico sontuoso e coerente con un agente che ormai vive in questo limbo, opera da solo e risponde al proprio desiderio di rischiare la vita, seguendo l'istinto. Riecco quindi Bond sulle tracce di Marco Sciarra, un nome e cognome segnalato dalla defunta M in un video postumo. L'uomo è solo un gancio per arrivare ad un'enorme organizzazione malefica che opera nell'ombra, un vero e proprio mostro tentacolare che si insinua nel mondo in maniera capillare, attraverso attentati, colpi di stato e oscure influenze economiche. Mentre Bond è impegnato in questa faticosa rincorsa, l'MI6 è sull'orlo dell'estinzione, messa in discussione da un nuovo sistema informatico che permette di monitorare tutto e tutti. Da questi presupposti si intuisce come la trama del 24esimo film dedicato al personaggio di Ian Fleming non sia poi così complessa, decisamente aperta ad un ritrovato amore per il disimpegno. Dopo Skyfall, il timone ancora nelle mani di Mendes poteva creare aspettative diverse, toni più complessi ed intimi, invece un po' a sorpresa si torna ad un certo classicismo del solito, vecchio cocktail bondiano.

Spectre: Daniel Craig salta sui tetti di Mexico City
Spectre: Daniel Craig salta sui tetti di Mexico City

Lunghe scazzotate, roboanti inseguimenti, tanto humour, parecchio compiacimento glamour e una Bond girl (Léa Seydoux) all'altezza di Eva Green in quanto a magnetismo. Spectre è un film spettacolare che spinge l'acceleratore sui soliti eccessi del personaggio, risulta godibile, a tratti fuori pista quando calca la mano sul già visto, ma dotato di due anime. Mendes dirige un film schizofrenico che cerca di far convivere a stento l'amore per il classico e il desiderio del nuovo. Questo tono ibrido, scisso tra la voglia di intrattenere e il bisogno di esplorare non è sempre fluido, trasformandosi più volte in indecisione. Anche per questo, tra i tanti giocattolini automobilistici di Bond, ogni tanto si ha la sensazione del pilota automatico inserito, assieme ad un freno a mano che ne inibisce le ambizioni. Detto questo, Spectre resta un buon film, godibile e brillante, il cui più acerrimo nemico rimane Skyfall. Il confronto è forse ingiusto quanto inevitabile, perché il ricordo di quel film pressoché perfetto e raffinato nell'estetica, come nel racconto, aleggia spettrale sul volto di questo Bond non del tutto ritrovato.

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Un male viscido e sfuggente

Spectre: un ombroso Christoph Waltz in una scena
Spectre: un ombroso Christoph Waltz in una scena

A proposito di spettri, uno dei punti fondamentali del nuovo corso dedicato a 007 è l'identità di un nemico difficile da individuare e, quindi, da combattere. Non si tratta più di uno scontro tra nazioni, di spionaggio tra entità solide dotate di coordinate, bandiere e confini. Adesso il male ha dei connotati melliflui (ricordiamo tutti il volto di Javier Bardem che si scoglie) e una forma inconsistente. Mendes questa volta lo incarna in una gigante piovra nera, simbolo perfetto di un nemico viscido e sfuggente che con i suoi tentacoli è capace di arrivare ovunque e a chiunque. Questa particolare composizione dell'antagonista si sposa con la nuova conformazione del mondo digitale; una realtà dove ogni individuo ha barattato il controllo con la sicurezza, dove la libertà di tutti necessita di un monitoraggio invadente. Una contraddizione nella quale John Logan e soci fanno ricadere anche i servizi segreti britannici, pronti ad utilizzare gli stessi, capillari metodi del nemico pur di garantire la sicurezza del paese. In mezzo a server, telecamere e computer, ecco che il corpo di James Bond risulta obsoleto, uno strumento sorpassato, incapace di dimostrarsi ancora utile. Prendendo atto di questa difficoltà, Mendes ci mostra ancora una volta un uomo alle prese con le sue debolezze fisiche e psicologiche, più facile all'impulsività che al ragionamento, con i suoi vizi e suoi vezzi.

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Spectre: l'attrice Léa Seydoux interpreta Madeline
Spectre: l'attrice Léa Seydoux interpreta Madeline

Nel suo continuo parallelismo (apertamente ammesso) con il Batman di Christopher Nolan, il regista gioca con la mente di Bond attraverso una sorta di Joker irridente e inquieto; uno splendido Christoph Waltz che scherza l'eroe attraverso i ricordi luttuosi, il senso di colpa e bivi che lo obbligano alla scelta. E sarà proprio il libero arbitrio a caratterizzare la forza di Bond, la necessità dell'elemento umano all'interno della fitta rete tecnologica dove prevale la capacità di scindere il Bene dal Male, l'amore dal dovere. D'altronde 007 è sempre stato un ossimoro in smoking. Da una parte un numero, ovvero la pedina sacrificabile e anonima di un sistema, dall'altra una persona piena di orgoglio, fiera di pronunciare e ribadire a gran voce il suo nome e cognome.

Movieplayer.it

3.0/5