Sicario: l'action thriller ad alta tensione, tra Mann e la Bigelow

L'ambiguità morale dei suoi protagonisti e l'impossibilità da parte dello spettatore di distinguere con chiarezza buoni o cattivi è l'elemento che riesce ad elevare Sicario oltre il traguardo (comunque già di per sé di tutto rispetto) del film d'azione tecnicamente eccelso.

Il canadese Denis Villeneuve torna a Cannes con questo Sicario, un film che concorre alla Palma d'oro e può vantare un cast internazionale di tutto rispetto (Emily Blunt, Josh Brolin, Benicio Del Toro). Rispetto a sei anni fa e al suo esordio cannense nella Quinzaine con Polytechnique, la differenza è abissale: Villeneuve in pochi anni è riuscito ad infilare uno dopo l'altro tre grandi successi d'autore (La donna che canta, Prisoners, Enemy) che gli hanno conferito popolarità e rispetto non solo tra il pubblico festivaliero ma anche quello più mainstream.

Sicario: un primo piano di una malconcia Emily Blunt
Sicario: un primo piano di una malconcia Emily Blunt

In questi sei anni, Villeneuve è soprattutto cresciuto come regista; ha abbracciato progetti sempre più ambiziosi e collaborazioni di pregio, si è dimostrato abilissimo nel veicolare la tensione e nel delineare personaggi affascinanti ed ambigui, che è difficile forse amare ma impossibile non sentire vicini. Con questo nuovo film scopriamo che anche per quanto concerne le sequenze di azione pura, non è secondo a nessuno, nemmeno a colleghi più titolati e con maggiore esperienza.

Fino all'ultimo respiro

Sicario: Emily Blunt, Josh Brolin e Benicio Del Toro in una scena del film
Sicario: Emily Blunt, Josh Brolin e Benicio Del Toro in una scena del film

Fin dalla prima sequenza, un senso di ansia e angoscia ci pervade mentre seguiamo l'agente FBI Kate Macer, membro dell'unità speciale SWAT, fare irruzione in una casa in Arizona. Con fortuna e istinto, la coraggiosa Kate riesce ad uscirne sana e salva, ma lo stesso non vale per alcuni colleghi vittime di una mortale trappola esplosiva: nonostante l'aumentare degli arresti e dell'attività della DEA, la guerra alla droga e ai cartelli messicani non è mai stata così brutale e lontana dal potersi definire conclusa.

Sono passati pochi minuti e il regista ci ha già in pugno; ma si tratta solo di un assaggio di quello che ci aspetta, perché tra una straordinaria e tesissima sequenza tutta in auto per le strade di Ciudad Juarez ed un'altra esclusivamente ambientata in uno stretto cunicolo - girata anche con l'uso degli infrarossi - non c'è mai un momento per riprendere fiato. Villeneuve sembra non voler fare nulla per nascondere le proprie ispirazioni: nelle sequenze appena citate c'è molto del Miami Vice di Michael Mann così come di Kathryn Bigelow e del suo Zero Dark Thirty, ma nonostante questo il film non sa mai di già visto, anzi grazie alla straordinaria fotografia di Roger Deakins (che dovrebbe quasi certamente guadagnarsi così la sua tredicesima nomination agli Oscar e magari - noi lo speriamo - anche la prima statuetta) che riesce a dare nuova luce e vita ad ambientazioni che tra cinema e TV, anche solo negli ultimi anni, abbiamo visto fin troppe volte.

Nella terra dei lupi

Anche il soggetto di partenza, d'altronde, non è che sia originalissimo: dal pluripremiato Traffic di Steven Soderbergh al più recente (e meno riuscito) Le belve di Oliver Stone, l'argomento è stato affrontato più volte e da angolature diverse. Eppure, anche in questo, Sicario riesce a staccarsi dal gruppo grazie al modo in cui rappresenta le persone coinvolte in questa caccia ai leader del cartello messicano: innanzitutto la protagonista (un'ottima Emily Blunt), che è un'estranea al mondo della droga - si trova coinvolta in questa squadra speciale su richiesta del Dipartimento di Difesa - e che fino alla fine cerca inutilmente, proprio come noi spettatori, di capirne le dinamiche e i segreti e di essere al centro dell'azione; il misterioso Matt Graver (un convincente Josh Brolin, più brillante del solito), colui che ha richiesto la presenza di Kate nel gruppo, è a capo dell'operazione, e sembra essere costantemente ottimista e fiducioso del suo successo, senza preoccuparsi mai della legalità o meno delle azioni che compie o di eventuali conseguenze; infine c'è Alejandro (un magnetico e strepitoso Benicio Del Toro): silenzioso e letale, è il sicario del titolo dal passato oscuro ma dalle idee molto chiare, per lui la missione vuol dire soprattutto una cosa, la vendetta.

Sicario: Benicio Del Toro in una scena del film
Sicario: Benicio Del Toro in una scena del film

Proprio la vendetta è un tema fondamentale non solo di questo film, ma a questo punto della poetica del regista, ma è interessante vedere come sebbene sia presente in più film che portano la sua firma, in ciascuno sia trattato in modo differente eppure con la stessa distanza. Proprio l'ambiguità morale dei suoi protagonisti e l'impossibilità da parte dello spettatore di distinguere con chiarezza buoni o cattivi è l'elemento che riesce ad elevare Sicario oltre il traguardo (comunque già di per sé di tutto rispetto) del film d'azione tecnicamente eccelso: il film di Villeneuve si propone di andare ben oltre, di rimanere impresso nella nostra mente non solo per le splendide immagini o per la tensione crescente, ma per quello che ci dice di noi stessi. Nella terra dei lupi, noi siamo lupi o agnelli?

Movieplayer.it

4.0/5