È stato presentato ieri alla Casa del Cinema di Roma La nostra terra, il nuovo film interpretato da Stefano Accorsi e Sergio Rubini, in uscita al cinema il 18 settembre in circa 80 sale: una commedia ambientata in un podere del Sud Italia confiscato alla Mafia e trasformato nella sede di una cooperativa agricola, la cui gestione viene affidata a Filippo Gentile (Accorsi), un uomo che fino a quel momento è stato impegnato nella lotta alla Mafia, ma sempre da dietro una scrivania. A contatto con una realtà estranea ed inesorabilmente complessa, Filippo si impegnerà anima e corpo in questo progetto, coinvolgendo un gruppo eterogeneo e alquanto bizzarro di 'soci'...
Alla conferenza stampa del film alla Casa del Cinema ha preso parte il cast al completo del film, che include anche le attrici Maria Rosaria Russo e Iaia Forte, assieme al regista e sceneggiatore Giulio Manfredonia (Si può fare, Qualunquemente) e al produttore Lionello Cerri. Ecco il resoconto della conferenza, nel corso della quale regista e attori hanno parlato della loro esperienza sul set, ma anche del valore 'civile' del film - mentre da parte di Rubini è arrivata perfino un'implicita frecciata, neanche troppo velata, nei confronti di Gomorra - La serie...
Una commedia contro la Mafia
Giulio Manfredonia, come puoi descriverci un progetto come La nostra terra?
Giulio Manfredonia: È un film complicato che parla di molti argomenti, inclusa l'agricoltura, di cui non sapevo nulla. La nostra terra tratta di Mafia in senso lato, intesa come una modalità di rapportarsi alla vita. Quella condotta dall'associazione Libera è una bizzarra lotta alla Mafia, combattuta attraverso il lavoro, e costituisce la testimonianza di una possibilità alternativa alla situazione attuale. Tutto ciò è possibile grazie a una rete di persone che credono in questa missione, mossi dalla convinzione che "l'unione fa la forza". Ma nel film volevo raccontare anche il lato più leggero della vicenda.
A questo proposito, qual è stato il vostro rapporto con Libera e con altre organizzazioni di volontariato volte a proteggere la legalità?
Giulio Manfredonia: Ci siamo fatti raccontare la loro esperienza e abbiamo visitato alcune cooperative; a Mesagne c'è un bene confiscato in cui si è verificata la stessa situazione descritta nel film, con un boss agli arresti domiciliari che risiedeva lì accanto.
Stefano Accorsi: Durante la produzione del film ho avuto modo di conoscere meglio Libera e il suo funzionamento, ed è stato molto utile per il mio lavoro. Abbiamo estremizzato il conflitto del personaggio di Filippo Gentile, inviato in prima linea, a dispetto della sua indole insicura. Poi sul set continuavamo a ricevere informazioni, anche relative all'agricoltura, alle sue tempistiche e alle piccole difficoltà quotidiane della campagna. Per Filippo questo ostacolo iniziale si rivelerà un'opportunità, e da tale punto di vista il film racconta qualcosa che mi sta molto a cuore.
La parola agli attori
Come vi siete preparati per interpretare i vostri rispettivi ruoli e come vi siete trovati a girare tutto il film in aperta campagna?
Sergio Rubini: Una volta, da ragazzo, mi ritrovai in macchina insieme a Federico Fellini e Marcello Mastroianni, e Mastroianni disse a Fellini: "Federì, ma lo sai che Marlon Brando sò due mesi che sta al camposanto?". "E perché?". "Perché deve interpretare un personaggio che poi muore". Ecco, io non ho lo stesso metodo di lavoro, quindi non ho trascorso due mesi nei campi! Mi sembra che in questo periodo il Sud venga descritto o come un luogo violentissimo, o come un luogo pieno di gente bonaria e un po' tonta; il mio personaggio, Cosimo, si colloca invece in una "zona grigia", e contribuisce a rendere il Sud mostrato nel film un luogo più vero e realistico. Con la sua trasformazione, Cosimo esprime anche la possibilità che il Sud possa cambiare. Non mi piace quando il Sud viene dipinto solo in maniera negativa, mostrandone esclusivamente la violenza.
Stefano Accorsi: Io amo molto la natura, ma in ogni caso le riprese sono state faticose: il podere nel film si trovava in Puglia, e durante il giorno faceva molto caldo. Nel corso della lavorazione ci siamo resi conto di quanto il lavoro agricolo possa essere faticoso, e con la terra si crea un rapporto di dare / avere. In ogni caso, a fine giornata ero molto sollevato di poter tornare nella mia casa a Roma!
Giulio Manfredonia: Nel campo c'era un'atmosfera diversa rispetto a quella dei soliti set, con una strana serenità... e i telefonini non prendevano!
Maria Rosaria Russo: Rossana è una donna nata in quella terra, e io ho sentito la grande responsabilità di doverla rappresentare in maniera credibile, quindi mi sono recata in campagna già prima delle riprese. Trascorrendo del tempo lì mi sono resa conto che la campagna cambia il tuo modo di pensare: ci sono ritmi diversi, più lenti ma più precisi. Per noi attori stare sempre all'aria aperta, lavorare nei campi e respirare il profumo della natura è stata un'esperienza nuova e bellissima.
Giulio Manfredonia: Ho la fortuna di avere a disposizione tanti attori bravissimi, che hanno contribuito a definire i rispettivi personaggi e li hanno arricchiti. Però non ho scritto i personaggi pensando a degli attori precisi: preferisco quando sono gli attori a fare un passo verso il proprio personaggio. Gli unici riferimenti, a livello di sceneggiatura, possono essere con persone che conosciamo nella vita reale, e che ci hanno ispirato in fase di scrittura.
Mauro Pagani, come ha lavorato per realizzare le musiche del film?
Mauro Pagani: Chi compone le musiche si trova a lavorare su un materiale già pronto, e quindi fa un lavoro simile a quello di un arredatore in una stanza già sistemata. La nostra terra è un film pieno di personaggi forti e molto caratterizzati, e realizzare le musiche è stato divertente; inoltre la grande sfida è stata scrivere una canzone che facesse da tema musicale, con un testo che contenesse dei riferimenti alla storia.
Fra impegno civile e fiction
Come vi siete confrontati con le difficoltà di trattare un tema controverso come la Mafia, nonché il rapporto fra i cittadini e la legalità?
Giulio Manfredonia: La mia sensazione, arrivando in questi paesi noti per le loro vicende di Mafia, è che le cose siano molto più complesse, e debbano essere inserite in un contesto culturale articolato. Con il mio film volevo esprimere la necessità di prendere posizione e saper distinguere fra il bene e il male, ma volevo anche far capire che una presa di posizione passa soprattutto per un percorso culturale.
Stefano Accorsi e Maria Rosaria Russo, cosa vi ha affascinato maggiormente rispetto ai due protagonisti?
Stefano Accorsi: Le scelte di un attore sono legate all'indole di ciascuno. In questo caso mi piaceva l'idea di partecipare a un film corale su un gruppo di persone, ma anche esplorare aspetti nuovi. Credo che quando si legge un buon copione si ricevano determinati impulsi, ma il risultato finale di un film è sempre il frutto di una sinergia.
Maria Rosaria Russo: Rosanna è un'educatrice, e vuole rivendicare il diritto di essere cittadini e lavoratori. Lei ha una visione rivoluzionaria della donna, soprattutto nel contesto del Sud Italia, in cui le donne spesso sono relegate al ruolo di mogli e madri di famiglia. Rosanna vuole riscattarsi da un passato doloroso, ma è animata anche dalla volontà di cambiare il mondo partendo dall'educazione delle menti; per questo fa la maestra d'asilo.
Tommaso Ragno, come hai lavorato per definire la figura del boss mafioso locale, Nicola Sansone?
Tommaso Ragno: Sul set, Giulio ha la capacità di farti trovare delle notazioni divertenti e buffe anche quando si interpreta un personaggio negativo; del resto, parte del lavoro dell'attore è frutto anche di scoperte spontanee sul set. Non volevo impersonare un "cattivo" stereotipato, ma un uomo che avesse una simpatia sinistra.
Giulio Manfredonia: Volevamo rendere un'idea della Mafia più astratta, che non fosse collegata soltanto al Sud o a situazioni già note, ma a un modo di rapportarsi alla società. I boss mafiosi possono essere perfino colti o spiritosi; il nostro obiettivo era quello di mettere in scena un "uomo di potere".
Come mai La nostra terra non è stato proposto ad alcun festival, né a Venezia né a Roma?
Giulio Manfredonia: Non so se sia importante partecipare o meno a un festival: ciò che mi interessa davvero è che il film abbia un pubblico.
Lionello Cerri: Per il cinema italiano è difficile partecipare ai festival nazionali, soprattutto per prodotti che non sono catalogabili come "film da festival" o non sono considerati veri e propri film d'autore. Non volevamo che La nostra terra fosse respinto dai selezionatori e acquistasse una cattiva reputazione, ma preferivamo che fosse giudicato direttamente dal pubblico. Sono molto fiero di questa pellicola e sono convinto che potrà arrivare a parlare agli spettatori; trovo inoltre che sia un film molto interessante soprattutto per i giovani.