La nascita dell'uomo oscuro
L'attrazione esercitata su Sam Raimi dall'estetica dei cartoons e dei comics è cosa nota. Tutto ebbe inizio con la progressiva destabilizzazione del concetto di horror attuata nella saga de La casa. La stessa fascinazione è rimasta immutata in tempi a noi più vicini con l'approccio al mondo dei fumetti, sicuramente meno bizzarro ma non per questo scontato (Spider-Man e Spider-Man 2). Darkman, che si colloca esattamente a metà tra La casa 2 e il folgorante L'armata delle tenebre, rappresenta una sorta di studio preparatorio che anticipa le due future pellicole che andranno ad immortalare sul grande schermo il personaggio della Marvel.
Può darsi che Raimi non sia rimasto del tutto insensibile al successo planetario che il Batman di Tim Burton riscosse l'anno prima dell'uscita di Darkman (ritratto spesso con un lungo mantello nero e, addirittura, appollaiato su un tetto tra guglie gotiche stile Gotham City). C'è indiscutibilmente un approccio al genere che si riempie, qui come nella pellicola di Burton, di tinte cupe e fatalistiche non prive di humour (più salace che black in Raimi). Però in Darkman il regista del Michigan crea innanzitutto un personaggio nuovo, originale, svincolato dai supereroi preesistenti, seppur ad essi irrimediabilmente collegato (il punto di riferimento di Raimi è stato comunque il serial televisivo The Shadow). Ma abbondano anche i riferimenti "colti" (l'omaggio a Psycho nel mulinello d'acqua che va a sovrapporsi all'occhio imberbe di Peyton) e le innumerevoli tracce di "archeologia" del fantastico (Il fantasma dell'opera, L'uomo invisibile, The elephant man, Il dottor Jekyll, La maschera di cera, Frankenstein e Il gobbo di Notre Dame: questi i titoli per un elenco inevitabilmente incompleto). Gli attori protagonisti (soprattutto Liam Neeson ma anche la sprecata Frances McDormand, qui invero un po' sottotono) stanno forse troppo al gioco, dilatando a più non posso il senso ultimo del diabolico carosello a cui Raimi li sottopone.
Tra momenti di impasse e vuoti di sceneggiatura, il circo fanta-horror di Raimi si muove con la solita abilità, grazie a piroette visive da manuale (il vertiginoso finale) e al macabro gusto per la destrutturazione del corpo umano: la gamba di legno dello sgherro che, in realtà, è una mitragliatrice (ricordate la sega elettrica del mitico Ash?), il tagliasigari usato per "collezionare" dita e il naso artificiale che si scioglie in mille orripilanti bollicine. Regna però in Darkman un malcelato tentativo di far tornare i conti, molto più che nelle prove precedenti di Raimi, che qui fa del tutto per mantenere la storia entro gli argini di un feuilleton gotico seppur avviluppato in moderne chincaglierie tecnologiche. E quando in conclusione nelle vesti di Darkman appare a sorpresa Bruce Campbell, è lo stesso Raimi che si trasforma in un "mad doctor" del cinema, riuscendo a far cambiare volto anche alla sua pellicola: che sia Darkman il terzo episodio de La casa?