La morte bianca
Si dice che gli squali siano l'unica creatura vivente a risvegliare in noi l'antica, atavica paura di essere mangiati. Questo perché nell'acqua, gli esseri umani sono completamente indifesi.
Guardando il film di Steven Spielberg, ci sentiamo esattamente così: indifesi, esposti, completamente paralizzati in attesa del prossimo attacco. Scrutiamo le acque dell'isola di Amity con ansia, sentendo il nostro stomaco contrarsi ogni volta che un paio di gambe si sporgono da un materassino o che qualcuno si affaccia dal bordo di una barca...
Lo squalo non è solo un campione di incassi, una macchina per far soldi, o il primo blockbuster estivo della storia del cinema americano. Lo squalo è un meccanismo perfetto, costruito apposta per insinuare ansia e paura nello spettatore e per farlo saltare sulla sedia quando meno se lo aspetta.
L'inquietudine comincia a serpeggiare sin dalle primissime inquadrature: le immagini, lievemente distorte, del fondale marino sui cui scorrono i titoli di testa, scandite dalla colonna sonora di John Williams (che già da sola, basta a creare un'atmosfera gravida d'angoscia) ci fanno subito capire che qualcosa si sta movendo nell'acqua, qualcosa pronta ad attaccare, mordere e uccidere.
Da questa prima soggettiva del mostro, si passa ad una festa sulla spiaggia. Un ragazzo e una ragazza si allontanano dal resto del gruppo. Lei si spoglia e si butta in acqua. Lui,troppo ubriaco per starle dietro,si ferma sulla riva, si stende sulla sabbia e cade in uno stato di semi-incoscienza.
La ragazza si allontana a nuoto dalla spiaggia. Ecco che ricomincia la musica di Williams. Sappiamo che lo squalo è nei paraggi. Ma non lo vediamo. Vediamo invece quello che vede lui,in una soggettiva che ricorda quelle de Il mostro della laguna nera.
Le gambe della ragazza fluttuano nel vuoto dell'oceano.
La musica sale di volume e di intensità. La ragazza viene trascinata sott'acqua con un violento strattone.
Possiamo solo intuire la lotta fra lo squalo e la sua prima vittima. Nel buio, vediamo la ragazza sballottata di qua e di là da una forza ancora sconosciuta, sentiamo le sue urla, la vediamo affondare e sparire negli abissi.
La paura che trasmette questa prima scena è totale: lo squalo che ha appena attaccato e ucciso è una sorta di fantasma invisibile. Ancora più spaventoso, quindi, perché ignoto,ancora più terribile, perché impossibile da identificare,perché solo la nostra immaginazione scossa può dargli un volto.
La decisione, anche se in qualche modo forzata (molte scene con lo squalo vennero tagliate perché era evidente la finzione del pupazzo), di non far vedere il mostro nella sua interezza fino a circa tre quarti del film, si rivelò azzeccata: lo squalo,lo abbiamo già detto, rappresenta le nostre paure più profonde, in un certo senso, esso è la paura e il film può essere letto come un'analisi degli atteggiamenti dell'uomo di fronte alla paura. Non sapere, non conoscere, non vedere, rende la nostra paura più sottile e perversa. Quello che vediamo in piena luce può suscitare in noi disgusto e orrore, ma ciò che non riusciamo a vedere, ciò che ci viene mostrato di sfuggita,ciò che striscia nel buio, o nuota silenzioso nel profondo dell'oceano, affonda nei nostri nervi come un bisturi.
Durante tutto il corso del film, si ha l'impressione che Spielberg si diverta a giocare con le aspettative dello spettatore, creandole per poi deluderle in continuazione: due uomini scendono in mare durante la notte per dare la caccia allo squalo, li crediamo le prossime vittime e invece si salvano, Hooper scende in acqua e siamo conviti che incontrerà il mostro, e invece trova solo un cadavere, siamo convinti che lo squalo stia per attaccare e uccidere un bagnante, ne vediamo la pinna, e invece sono solo due bambini che fanno uno scherzo, etc.
Il costante inganno di Spielberg nei confronti dello spettatore è evidente soprattutto in una delle scene più memorabili del film: la prima vera apparizione della bestia. Brody sta pasturando, cioè sta buttando in mare delle frattaglie di pesce per usarle come esca. Il mare è tranquillo, i tre hanno appena perso una lenza distrutta dallo squalo. Brody e Quint stanno avendo un battibecco quasi comico e l'atmosfera è completamente rilassata. Nulla ci fa sospettare che lo squalo sia ancora nelle vicinanze.
Ed ecco che il mostro guizza fuori dall'acqua a pochi centimetri dalla faccia di Brody.
Il salto sulla poltrona, più o meno fino al soffitto, è garantito.
Tutti questi elementi rendono Lo squalo un'opera unica, un film che a più di vent'anni dalla sua realizzazione e con tutti i suoi evidenti limiti tecnici, dovuti a una certa rozzezza e primitività degli effetti speciali (in alcune sequenze, ad esempio la morte di Quint, si vede chiaramente che lo squalo è solo un pupazzo di plastica) fa molta più paura della maggior parte dei recentissimi film dell'orrore.