La memoria, l'identità, la partecipazione
La memoria non è una scienza esatta. E così, nel ricordo, la gerarchia degli avvenimenti è continuamente riformulata, e quello che era importante un tempo svanisce, si perde, per lasciare spazio ad altre emozioni, ad altri fatti, magari ritenuti insignificanti fino a poco prima. Ripensare la propria vita non è un percorso tracciato con riga e squadra, ma è un viaggio incoerente, contraddittorio, frammentario: eppure, se per parlare di noi stessi scegliamo un episodio e non un altro, un motivo ci sarà. E' con questa premessa che si apre il documentario di Daniele Segre dedicato a una delle donne più significative del panorama politico e, in generale, intellettuale italiano: Luciana Castellina.
Nata borghese, diventata comunista, e poi radiata dal partito per il suo atteggiamento critico nei confronti della dirigenza e di molte direzioni prese a discapito dell'ideale originario, la Castellina si racconta qui quasi senza riserve. Quasi, perché della propria vita privata, della propria affettività, dei propri dolori, parlerà solo quel tanto che basta: scelta che - una fra le tante riflessioni su se stessa - le farà dubitare della propria immagine pubblica. "Sembrerò un mostro, una persona fredda, senza sentimenti. Ma parlare dei miei amori, no, non posso". Ma può stare tranquilla, Luciana: il ritratto che Segre ne traccia è tutt'altro che inumano o esente da qualsiasi passionalità. Lasciando che la propria protagonista si racconti a ruota libera, spaziando dall'infanzia, trascorsa al fianco di Anna Maria Mussolini (da cui imparerà che le notizie hanno sempre una doppia faccia: quella ufficiale, e quella che la figlia del Duce rimbeccava al professore, durante il bollettino di guerra a scuola), al suo più grande impegno etico e politico, la creazione del Manifesto, emergono tutta la sua determinazione, la sua intelligenza e la sua acuta sensibilità. Questo anche grazie al passaggio attraverso una giovinezza ribelle quanto basta, in cui compensava con l'arroganza il fatto di non essere notata dai ragazzi perché "non aveva le tette", e viveva come una colpa il proprio essere, economicamente, una privilegiata, impegnandosi fino allo stremo per dimostrare l'appropriata dedizione alla causa.

Daniele Segre e Luciana Castellina pongono, in questa circostanza, una questione fondamentale: quella dell'identità. Chiunque dovrebbe interrogarsi su quale sia il proprio posto nel mondo (per quanto la Castellina stessa ammetta, con una punta di amarezza, che parecchia gente invece non ci pensi nemmeno), su che senso dare alla propria esistenza, su chi, in ultima istanza, si sia veramente. Lei la propria risposta l'ha trovata nel comunismo, perché essere comunisti, dice, vuole dire combattere perché si possano realizzare, insieme e senza che l'uno abbia il predominio sull'altro, gli ideali di libertà e uguaglianza, e perché essere comunisti vuol dire guardare alla storia del nostro Paese, a quella migliore. Ma, qualsiasi sia la conclusione a cui si approdi, l'importante è non smettere di ricercare la soluzione a quella domanda.
Movieplayer.it
3.0/5