Ero un po' indecisa su come iniziare a scrivere questa recensione de La Conseguenza, se partire immediatamente dal film o fare una piccola premessa storica. Come vi accorgerete ha vinto la seconda, ma per il "semplice" motivo che questo film è un tutt'uno con il contesto storico in cui si ambienta. Un contesto drammatico di cui contiamo ancora le ferite e le perdite, ovvero quello della seconda guerra mondiale. Si perché La Conseguenza di James Kent non è una storia d'amore e di passione come si potrebbe immaginare. Guardando questo film ho scoperto un mondo molto diverso, fatto di dolore e di lutto, di anime sole che cercano sostegno a vicenda nel rimpianto e nella sofferenza, ma anche nell'egoismo. La storia d'amore è quasi un contorno - contorno che avrebbe avuto bisogno di un maggior approfondimento - ad un contesto storico inquadrato da un'ottica totalmente differente: quella dell'estraneo a casa propria. Nonostante qualche difetto, di cui andremo a parlare a brevissimo, La Conseguenza è un film dalla carica emotiva intensa e con un cast che ha saputo ben interpretare la disperazione del periodo.
Della fine della seconda guerra mondiale conosciamo sempre e solo la stessa versione: quella della sofferenza e della giustizia, quello dei processi ai nazisti, della speranza di chi è stato salvato e della volontà di ricostruire per chi è morto in battaglia o sui campi. Troppe vittime sparse in tutto il mondo, in particolar modo in Europa che è stata il fulcro del massacro della terribile guerra. Nessuna distinzione tra uomini, donne e bambini. L'unica vera distinzione fatta era rivolta alla nazionalità e, nonostante il fantasma dilagante della morte, il nemico era uno e uno solo soltanto: la Germania. Tutt'ora si tende a guardare, per stereotipo ed ignoranza, il "tedesco" come il male incarnato. Generazioni su generazioni che sembrano non potersi liberare di una macchia atroce che grava sulle loro teste. Ma sappiamo bene che fare di tutta l'erba un fascio e generalizzare sull'essere umano è cosa molto stupida. La conseguenza, pellicola diretta da James Kent, ha come scenario una Germania vista dall'occhio di chi paga a caro prezzo le conseguenze di una guerra tanto grande quanto stupida: l'essere umano.
Tratto dal romanzo The Aftermath di Rhidian Brook, co-sceneggiatrice del film, La conseguenza si ambienta nell'Amburgo di fine 1945. Una città distrutta dove macerie, povertà e dolore sono dilaganti. E la pellicola cerca di prendere in esame il punto di vista non tanto del nazista sconfitto, quanto di chi ha dovuto pagare davvero il prezzo più caro, ovvero la povera gente. Tedeschi che come tanti inglesi, italiani o francesi, la guerra non l'avrebbero mai dovuta, ma ci si sono trovati nel mezzo a causa del solito, vero, male comune: l'abuso di potere e la stupidità dell'essere umano che ha la pretesa di eleggersi a "Messia" del proprio credo. Tedeschi appartenente a classi più e meno modeste, che si sono ritrovati sbattuti fuori dalle proprie case dai "vincitori". Estranei nella loro terra. Sconosciuti, emarginati, reietti lì dove sono nati, cresciuti, hanno formato una famiglia. Ma in una guerra di questa portata, possiamo davvero parlare di vinti e vincitori?
Leggi anche: Da Call of Duty: WWII a Dunkirk: la riscoperta del film sulla seconda guerra mondiale
Il lato 'sconosciuto' della guerra
A chiederselo è il colonnello inglese Lewis Morgan (Jason Clarke), che dopo aver visto tanta distruzione e ferocia, l'unico motivo di vera gioia è vedere finalmente la parola "fine" a tutto quello. Eppure le macerie, le rivolte e la fame del popolo tedesco, adesso schiacciato dalle truppe vincitrici, rende l'anima dell'uomo pesante, anche quando finalmente la moglie Rachel (Keira Knightley) arriva da Londra per stabilirsi ad Amburgo con il marito. All'epoca, alle truppe vincitrici che dovevano stabilirsi nella città, venivano date le case più belle dei tedeschi, i quali venivano cacciati con tutta la famiglia dalla sera alla mattina. Ed è esattamente quello che succede all'architetto Stefan Lubert (Alexander Skarsgård) rimasto vedovo assieme alla figlia adolescente Freda. Pur contro il parere di Rachel, che diffida di Herr Lubert come di tutti i tedeschi, Lewis non riesce a cacciare l'uomo dalla casa che lui stesso ha costruito, e contro il parere dei suoi stessi colleghi, decide di far restare Lubert e sua figlia nella casa, a patto di vivere in ambienti separati.
Attraverso lo sguardo di Lewis viaggiamo verso una Germania post-conflitto mondiale quasi sconosciuta, dove veniamo attraversati dall'odio delle truppe alleati e dalle disperazione di chi ha perso tutto senza neanche volerlo. Gente che se avesse potuto, sarebbe stata la prima ad allontanare Hitler dalla Germania, un simbolo che non rende giustizia al popolo tedesco ma che, se ci facciamo caso, ancora oggi aleggia come un'ombra di vergogna impossibile da allontanare. Sullo sfondo di questa Germania si muovono questi tre personaggi, Lewis, Rachel e Stefan, apparentemente diversi e lontani. Ognuno con il proprio pensiero, il proprio ideale e la propria sofferenza nel cuore. Tre persone diversamente disperata e distrutte eppure ugualmente sole, fragili e con un lutto immenso nel cuore che, ancora, non riescono ad affrontare.
Leggi anche: Keira Knightley: "Preferisco i film in costume perché i personaggi femminili non subiscono violenza
L'unione nella morte
Morte sembra essere la parola chiave di questo film che parla di questo, ma anche di speranza e di amore. Un amore che, in realtà, è l'illusione di un fugace attimo di felicità; il primo passo verso l'elaborazione di un lutto profondo. Lutto affrontato da Lewis e Rachel in modo diverso, covando sensi di colpa e rancore nel profondo della propria anima, portandoli inevitabilmente ad allontanarsi. Allontanamento che al tempo stesso segna una rinascita per Rachel nell'inedita passione che trova con Stefan, consolandosi a vicenda nell'intimità. Leccandosi le ferite e quasi fingendo di poter essere felici in quel modo. Delizioso il cambiamento di Rachel che avviene attraverso i suoi stessi abiti: dalla rigidità di un completo a collo alto che segna la sua chiusura a riccio nei confronti di quella terra straniera, alla sensualità di abiti più morbidi e che giocano con le sue forme, nell'aprirsi in modo più sentito all'uomo che, fino a poco prima, considerava estraneo e nemico.
Tre personaggi che ritrovano la forza di rialzarsi dalle proprie ceneri, proprio nel legame che si viene a creare, su uno sfondo che gioca da contrasto ai sentimenti più puri, intimi ed emozionati all'interno del film. Ad emergere più di tutti è Jason Clarke, con un'interpretazione sentita e commovente che fino all'ultima scena porta lo spettatore del tutto a empatizzare con lui; a vivere nel suo dolore più nascosto, più intimo che scoppierà in un devastante urgano di emozioni all'apice della pellicola. Probabilmente uno dei ruoli di maggior bravura e intensità per Clarke.
Quando la passione non è tutto
Interessante e sensuale la complicità tra Keira Knightley e Alexander Skarsgård, nel loro modo silenzioso di desiderarsi fino a cedere del tutto alla passione. La sofferenza di entrambi viene rappresentata attraverso gli sguardi e i silenzi, ma anche attraverso la musica. Complice il pianoforte della moglie defunta di Lubert che verrà suonato dalla stessa Rachel in memoria di un passato doloroso lasciato a Londra. L'ombra di una perdita che ancora l'assilla e la devasta, sminuendo la sua stessa essenza di donna. Pur trovando entrambi molto presi e centrati per la parte, addirittura Skarsgårg ha fatto un grande lavoro sul corpo perdendo chili e mostrando ancora di più la sofferenza di un uomo che negli ultimi anni ha vissuto come un fantasma tra le mura della sua stessa casa, la storia di passione tra Rachel e Stefan è molto meno avvincente rispetto allo scenario della guerra portato avanti da Lewis.
Leggi anche: Dunkirk: il capolavoro di Nolan ci racconta la guerra attraverso la speranza
Usare il termine banale potrebbe non essere in questo caso giusto, ma gli eventi si muovono in maniera talmente tanto veloce e stereotipata da farli sembrare piatti, non tanto incisivi quanto, invece, avrebbero dovuto esserlo per un racconto di amore e di guerra. La Conseguenza rappresenta al meglio le conseguenze della guerra e di come le persone, alla fine tutte uguali, si ritrovano sotto lo stesso tetto di sofferenza. Non si riesce mai a tastare davvero la fatale conseguenza che, invece, unisce i due protagonisti. Tutto sembra essere studiato per arrivare ad un finale sorprendente e diverso da quello che si potrebbe immaginare. Forse un lavoro più approfondito sulla gestione degli eventi, svecchiando il solito concetto di travolgente passione tra la classica donna sposata e stanca e "lo sconosciuto" della porta accanto, avrebbe sicuramente giovato di molto al film che ha nel suo fulcro un potenziale davvero interessante. Sicuramente La Conseguenza ha il pregio di essere un film sulla guerra molto diverso da qualsiasi altro film. Un film che sa comunque farsi amare, apprezzare e che sa decisamente emozionare grazie alla veridicità dello sfondo su cui si muove e all'intenso personaggio di Jason Clarke.
Conclusioni
In conclusione della nostra recensione di La conseguenza possiamo dire che si tratta di un film diverso dal solito dal punto di vista storico. Una piacevole ed emozionante visione che ti porta alla fine dell'importante conflitto mondiale che, in un modo o nell'altro, ha cambiato le vita di tutti noi. Pur adagiandosi troppo sugli stereotipi della classica appassionata storia d'amore, riesce comunque a colpire e coinvolgere, lasciando con gli occhi lucidi alla fine della visione
Perché ci piace
- Una delle migliori interpretazioni di Jason Clarke, toccante ed emozionante.
- La seconda guerra mondiale da un punto di vista differente dal solito.
- Ambientazioni, costumi e scenografia sono da lasciare senza fiato.
Cosa non va
- La storia d'amore è un po' banale e spesso le tempistiche sono talmente veloci da lasciare confusi.
- Alla sceneggiatura avrebbe giovato una revisione in più, magari lasciando più spazio anche al contesto storico.
Movieplayer.it
3.0/5