Il 16 dicembre 2002 veniva presentato, in anteprima a New York, un film molto importante: La 25a ora, per la regia di Spike Lee.
Una pellicola complessa, ambientata nella metropoli statunitense all'indomani del dramma dell'11 settembre 2001, che aveva ferito profondamente l'America e la sua città simbolo. Da molti ritenuto il film più compiuto della carriera del regista newyorkese, La 25a ora affronta molte tematiche: l'amicizia, il rapporto tra padre e figlio, il peso degli errori che si commettono durante l'esistenza.
Andiamo dunque a riscoprire nel dettaglio La 25a ora, a distanza di venti anni dal suo esordio cinematografico internazionale.
L'ultima notte di libertà
Tra sette anni io andrò a prenderlo e tu avrai sposato uno coi soldi.
New York, qualche tempo dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001. Montgomery Brogan, detto Monty (Edward Norton) è stato condannato a sette anni di reclusione per detenzione e spaccio di droga. Qualcuno lo ha denunciato, ma non ha ancora compreso chi possa essere stato: la DEA ha fatto irruzione in casa sua e ha scoperto che nascondeva stupefacenti e denaro.
Dopo essersi rifiutato di collaborare, la pena è stata inevitabile. Così, dopo una lunga attesa, per Monty è arrivata l'ultima notte da uomo libero. Deciderà di trascorrerla con la fidanzata, la bellissima Naturelle (Rosario Dawson), il suo fedele cane Doyle ma soprattutto con i suoi migliori amici: Frank Slattery (Barry Pepper), trader senza scrupoli nella cinica Wall Street, e Jacob Elinsky (Philip Seymour Hoffman), un professore di liceo innamorato segretamente di una sua studentessa, la diciassettenne Mary (Anna Paquin).
Dopo essere passato a salutare il padre James (Brian Cox) - un vigile del fuoco in pensione che, dopo essersi disintossicato dall'alcol, adesso gestisce un bar - Monty si dirige verso un locale notturno, lì dove ritrova sia Naturelle che Frank e Jacob, ma anche l'amico ucraino Kostya (Tony Siragusa), suo fidato guardaspalle fino a qualche tempo prima. Con il trascorrere delle ore e mentre la notte si fa sempre più piccola, per Monty si avvicinerà il momento di partire per la prigione. Ma prima sarà necessario affrontare la resa dei conti che ha sempre rimandato.
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New York, 2002
Tutto quello che potrà andare storto, andrà storto.
La sceneggiatura de La 25a ora porta la firma di David Benioff, che trasse il film dal suo romanzo. Quest'ultimo venne originariamente pubblicato prima degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, e per questo non menzionava quanto avvenne quel drammatico giorno che avrebbe cambiato l'America. Così, Spike Lee suggerì allo stesso Benioff di fondere la storia originale del romanzo con la stretta attualità del periodo successivo alla tragedia, e a tutto ciò che essa significava per i cittadini newyorkesi.
Nel film, la New York profondamente ferita si intravede in alcune sequenze: nei titoli iniziali e all'interno del bar gestito dal padre di Monty. Ma, soprattutto, in una ripresa dall'alto di Ground Zero, spettrale perché notturna: dalla finestra della casa di Frank, infatti, ci si può direttamente affacciare sull'enorme vuoto, lì dove un tempo sorgevano le Twin Towers. Nella scena in cui Jacob va a trovare Slattery per recarsi all'ultimo appuntamento con Brogan, chiederà all'amico: Cambi casa?. Come del resto alcuni hanno probabilmente già fatto all'indomani degli attentati, fuggendo da un quartiere quasi distrutto. Frank risponderà, seccamente: Non ci penso neanche... con tutti i soldi che ho pagato per questo posto! [...] Neanche se Bin Laden ne lanciasse un altro contro il palazzo accanto.
In questa frase si racchiude lo spirito attraverso il quale i newyorkesi si sono rialzati, rimboccandosi le maniche e difendendo con orgoglio la propria città, e in particolare il centro colpito ma non affondato, nemmeno quando le fiamme vennero spente e si contarono tristemente migliaia di vittime. Da qui in avanti, nel film non si farà più aperta menzione all'11 settembre, ma resterà un'aria di malinconia che attanaglia le strade, come se nulla fosse splendente e luminoso quanto lo era stato in precedenza. Sentimenti contrastanti avvolgono il film nelle sue scenografie come, del resto, nella storia che viene raccontata.
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Il rimorso di Monty
Che cosa gli diciamo?
Non gli diciamo niente. Va all'inferno per sette anni, devo augurargli buona fortuna?
Monty Brogan non è una persona cattiva, e nemmeno si potrebbe definire un criminale. Ha tentato di arricchirsi spacciando droga e per questo ha rovinato delle persone, ma in lui non c'è l'indole di voler far male al prossimo, almeno in maniera diretta. Ha sprecato la propria gioventù percorrendo le strade sbagliate, anche perché era senza una guida: ha perduto la madre quando era un bambino e suo padre non gli è mai stato accanto, se non quando era ormai un adulto. L'incontro con Naturelle lo ha addolcito, sebbene non gli abbia fatto compiere un passo indietro per uscire dal traffico degli stupefacenti finché era in tempo: con lei, per la prima volta in vita sua, ha intravisto un futuro differente. Suo malgrado, però, è stato scoperto e arrestato, e inevitabilmente condannato, a una pena che si potrebbe definire neppure eccessiva viste le accuse a suo carico. Soltanto adesso che deve varcare la soglia del carcere, però, si renderà conto dei propri errori.
Non è soltanto il perdere la libertà a pesargli: è il dover rinunciare a quello che stava costruendo, nonché alla semplicità delle piccole cose, come portare a spasso il suo cane, Doyle, che egli aveva trovato ferito per strada, lì abbandonato quasi morente. Con Naturelle sognava di costruire una famiglia, sebbene lei, più giovane, non ne avesse ancora piena consapevolezza. Con i suoi amici di sempre, Frank e Jacob, Monty trova un porto sicuro. In particolare, con il primo, sono cresciuti insieme: hanno condiviso ogni esperienza e non hanno segreti. Sarà proprio con Frank che Monty avrà l'ultimo confronto, prima di partire per la prigione, in uno dei momenti più intensi e drammatici del film.
Monty sarà dunque pervaso dal rimorso: non avrebbe dovuto arrivare al punto nel quale adesso si trova, senza potersi più opporre al destino che egli stesso ha creato. Arriverà a dubitare di tutto e di tutti, persino di Naturelle: e se fosse stata lei a denunciarlo, magari per farlo uscire dal tunnel della criminalità? Perché avrebbe dovuto farlo, penserà: la ragazza sapeva a quali conseguenze egli sarebbe andato incontro, se fermato dalla polizia. No, il responsabile è altrove. Monty riuscirà a comprendere la verità, ma anche in questo caso rischierà di pagare un prezzo molto alto. Indietro non può più tornare, e non gli resterà che riflettere sui propri passi falsi, per poter finalmente diventare l'uomo che non è mai riuscito a essere.
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Monty allo specchio
Quando uscirai io e te metteremo su qualcosa insieme. Magari un bar, in fondo siamo due irlandesi di Brooklyn.
La 25a ora è un connubio perfetto tra regia, scrittura e interpretazioni. Il cast artistico è estremamente rilevante. Edward Norton, già reduce dai successi di Schegge di paura (1996), American History X (1998) e Fight Club (1999), qui si conferma come uno degli attori più talentuosi della propria generazione, e sempre attento nella scelta dei ruoli da interpretare. Barry Pepper aveva già preso parte a film importanti come Salvate il soldato Ryan (1998), Il miglio verde (1999) e We Were Soldiers (2002), mentre Philip Seymour Hoffman alternava la carriera teatrale a quella cinematografica. Quest'ultima contava collaborazioni con i fratelli Coen per Il grande Lebowski (1998) e soprattutto con Paul Thomas Anderson in pellicole quali Sydney (1996), Boogie Nights (1997), Magnolia (1999) e Ubriaco d'amore (2002). Dunque, un trio d'assi perfettamente affiatato.
Un pensiero particolare va ovviamente a Philip Seymour Hoffman, compianto attore che ha lasciato un'impronta indelebile nel pubblico. Da rimarcare anche la prova attoriale di Brian Cox e, soprattutto, quella della quasi esordiente Rosario Dawson, qui al suo primo ruolo importante in carriera.
La 25a ora conta almeno altre due scene estremamente significative, una a metà film, l'altra sul finale. Nella prima, Monty Brogan si ritrova dinanzi a uno specchio, e inizia a inveire contro tutte le tipologie di persone che egli ha conosciuto a New York, senza salvare nessuno: come se, tutti loro, fossero responsabili della persona che egli è diventato. Alla fine, in realtà, non potrà che biasimare sé stesso, ancora una volta.
Il film si chiude poi con una scena struggente, nella quale Monty immagina un'esistenza differente, proprio mentre si avvia alla prigione: una scelta alternativa, che gli consentirebbe di salvarsi. Il dubbio dello spettatore, a quel punto, sarà quello di comprendere come andrà veramente. La risposta la darà Spike Lee, che qui ha davvero raggiunto l'apice della propria creatività narrativa, grazie a un film che ha, a suo modo, raccontato un importante spaccato sociale.