L'orco imborghesito
Tempi duri per l'orco più famoso del regno di Molto Molto Lontano. Accettate le responsabilità di genitore, scoperti gioie e dolori della paternità, stretto tra i due fuochi di una vita borghese che non gli appartiene e il disagio derivato dall'essere una celebrità, Shrek ha nostalgia dei tempi in cui un orco era un orco, in cui il suo solo apparire incuteva terrore e la sua vita poteva scorrere libera e tranquilla nella sua baracca, in un isolamento frutto di una diversità ora rimpianta. La nostalgia e qualche incomprensione coniugale porterà così l'orco tra le grinfie dell'infido Tremontino, che offrirà a Shrek la possibilità di ritrovare i bei tempi andati e di recuperare la sua natura. Ma, come in ogni favola che si rispetti, il frutto si rivelerà avvelenato e il sogno del ritorno al passato si trasformerà presto in un incubo.
E' curiosa, e in fondo apprezzabile, l'idea alla base di questo Shrek e vissero felici e contenti, ultimo capitolo dichiarato di una saga che a un'iniziale impostazione di political incorrectness ha visto presto subentrare la logica della reiterazione senza rischi (insita nella serialità) oltre alle inevitabili esigenze di botteghino. Già il titolo svela in qualche modo gli intenti del film: la classica frase posta in calce alle fiabe è qui l'inizio, il punto di partenza della narrazione, la quale non può che svolgersi in modo non cronologico, sfruttando la logica del paradosso temporale già fatta propria da tanto cinema americano. La sceneggiatura prova così a riflettere (nei limiti imposti dal "formato") sul contrasto tra natura e cultura, e sulla nostalgia per un passato che si pone in conflitto con le responsabilità della vita adulta. Un conflitto che sfocia, per il protagonista, in una realtà alternativa da incubo, in cui egli dovrà letteralmente riconquistare, con le unghie e i denti, ciò che la comodità della vita borghese gli aveva fatto dare per acquisito. E sarà ancora una volta l'amore per una Fiona letteralmente da riscoprire (qui trasformata in una rude comandante guerrigliera) la chiave di volta del suo riscatto, con un curioso rovesciamento della logica del "bacio" che scioglie un incantesimo di cui, stavolta, è il protagonista ad essere prigioniero.
Una caratteristica apprezzabile di questo quarto episodio, oltre alla dichiarata intenzione di chiudere la saga, è il non aver indugiato in quella cinefilia sfrenata, in quel citazionismo esplicito che aveva fatto la fortuna dei primi due capitoli, ma che già si era colorato dei toni della maniera nel terzo. Fatta tabula rasa delle citazioni dei più recenti blockbuster hollywoodiani (da Matrix a Il signore degli anelli) resta qualche riferimento, non si sa quanto voluto, alla saga di Harry Potter, e il fatto più generale che il film possa essere visto come una variazione sul tema del capolavoro di Frank Capra La vita è meravigliosa, di cui riprende l'idea iniziale e parte degli sviluppi narrativi. Resta il fatto che, per quanto la sceneggiatura si sforzi di inserire elementi di novità, e l'obiettivo sia quello di dare una conclusione alla serie che rappresenti al contempo uno svecchiamento dei suoi temi, la formula è talmente collaudata che allontanarvisi troppo sarebbe stato impossibile, oltre che in fondo poco sensato. Così, i personaggi che abbiamo conosciuto nei precedenti episodi ci sono tutti, in una versione alternativa ma non troppo, e tutti impiegano comunque neanche metà film a tornare quelli che conoscevamo. Il villain Tremontino non è troppo diverso dai suoi omologhi degli episodi precedenti, e la storia scorre comoda sui binari di un franchise che indubbiamente ha detto tutto quello che aveva da dire. Il livello tecnico resta comunque molto alto, ma nel 2010 e con circa un decennio e mezzo di animazione digitale alle spalle, sarebbe casomai logico stupirsi del contrario. Capitolo 3D: qui più che mai si rivela l'obbligatorietà (ma anche la natura spesso forzata) della scelta di questa tecnologia per molti blockbuster moderni: se la terza dimensione rappresenta in qualche modo l'evoluzione logica di una tecnologia che ha cambiato, nel bene e nel male, le coordinate del cinema di animazione, in casi come questo ci si rende conto di quanto questa scelta possa risultare gratuita se non accompagnata da un lavoro specifico sull'immagine, un semplice di più di cui molti spettatori farebbero volentieri a meno. E in questo senso, i concorrenti della Pixar (con titoli come Up o il recentissimo Toy Story 3 - La grande fuga) sono destinati probabilmente a fare di nuovo scuola.Movieplayer.it
3.0/5