Recensione Un mundo misterioso (2011)

Il regista de Il Custodio torna al Festival di Berlino con una storia libera da vincoli narrativi, incentrata su temi come la solitudine e l'incertezza della vita, che vede protagonista un giovane che è stato appena lasciato dalla fidanzata. Il risultato però, non è allo stesso livello del film da lui diretto nel 2006.

L'insostenibile incertezza dell'essere

La fine di una storia d'amore non è mai un'esperienza facile, per nessuno. Non è semplice ritrovare sé stessi dopo aver vissuto e pensato "per due", e spesso questa ricerca può rivelarsi lunga e sofferta. Il giovane protagonista di Un mundo misterioso, Boris, si ritrova a vivere una situazione simile quando la sua fidanzata gli chiede una pausa di riflessione: una formula poco diretta, che quasi sempre anticipa la fine di una storia. Boris non ha nulla di speciale, non è particolarmente attraente e non sembra neanche particolarmente intelligente, ma come tutti, cerca di trovare qualcosa con cui riempire la sua esistenza, dopo la concusione della sua storia con Ana.

Fino a questo punto, la trama del nuovo film di Rodrigo Moreno - che cinque anni fa aveva diviso la critica a Berlino con El Custodio - è piuttosto ordinaria, poi ci si perde insieme al protagonista lungo un percorso indecifrabile, che finisce per stancare quasi subito. Quasi a voler giustificare l'inconsistenza del suo ultimo progetto, Moreno ha rivelato di essersi trovato a scrivere la sceneggiatura di A Mysterious World in un momento della sua vita in cui era alle prese con un blocco creativo, e nel tentativo di superarlo provò semplicemente a tirar fuori tutto ciò che aveva dentro, senza tracciare nessuno schema narrativo e senza porsi dei limiti.

Il risultato è un susseguirsi illogico, confuso e pretestuoso di sequenze, che non ha nulla di affascinante o realistico, dilatato da lunghe ed estenuanti inquadrature e segnato da poche battute, che insieme non raccontano nulla: Boris vede la sua ex-ragazza riversa a terra, incontra degli amici a una festa, acquista una vecchia automobile azzurra (e alla fine lascia che gliela rubino senza battere ciglio), va dal meccanico, sale su un autobus, prova a frequentare altre ragazze e a riallacciare i rapporti con Ana.
Se in El custodio il tema della solitudine (vissuto da un personaggio molto diverso da Boris) era affrontato partendo da un punto di vista, e sviluppato con ritmi lenti, ma efficaci, in questo caso la mancanza di una vera idea di partenza è evidente, e il film non approda a nessuna conclusione.

Movieplayer.it

2.0/5