Da quando artisti come i BTS e le Blackpink sono diventati dei veri e propri fenomeni globali, l'interesse verso l'industria dell'intrattenimento Made in Korea è aumentato a dismisura, portando a un ritorno in pompa magna dell'Hallyu, nota anche come Korean Wave (che sta ad indicare un forte incremento della diffusione della cultura coreana nel mondo, simile per l'appunto a un'onda). Lo abbiamo visto nei campi più disparati, non solo in quello musicale: dalla K-Beauty ai K-Drama, passando per il K-Food, c'è sempre più interesse verso tutto ciò che proviene da un paese noto per la cura dei dettagli e l'ambizione di perfezione.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce K-Pop Idols, la nuova docuserie di Apple TV+ volta a mostrarci come si diventa delle star globalmente riconosciute, e in particolare i sacrifici necessari per diventare degli artisti a tutto tondo noti come Idol. Docuserie di cui vi diremo di più in questa recensione.
La dura realtà dell'idol
K-Pop Idols non è il primo né l'ultimo dei documentari di recente forgia che ci offre uno scorcio di vita degli artisti che tanto amiamo e invidiamo: lo scorso anno, ad esempio, abbiamo potuto dare un'occhiata a come se l'é passata nel corso degli anni il gruppo K-Pop più celebre al mondo, i BTS, grazie alla docuserie di Disney+ Monuments: Beyond the Star. E da quel che si poteva vedere già nello show della piattaforma streaming di casa Disney, e come ben sapranno anche i fan del K-Pop, di certo quella degli Idol non è una vita facile, sebbene tutti siamo un po' colpevoli di invidiarne la loro apparente perfezione e la loro presunta felicità.
Ma uno degli aspetti di questa professione meglio raccontati da K-Pop Idols è proprio lo spirito di sacrificio, il duro ed estenuante lavoro dietro ogni singola performance di questi artisti, professionisti o aspiranti debuttanti che siano.
Nella serie divisa in sei episodi seguiamo infatti più linee narrative che viaggiano quasi tutte parallelamente tra loro (ce ne sono, tuttavia, alcune che si intersecano), ma in grado di mostrare come, per dirla con un detto nostrano "tutto il mondo è paese". Abbiamo il gruppo costantemente paragonato ai suoi predecessori, i Cravity, che vivono nell'ombra dei Monsta-X, band di punta della Starship Entertainment; abbiamo le Blackswan, scommessa della più piccola compagnia DR Entertainment, che punta ad avere una ensemble con membri provenienti da tutto il mondo e in grado di attirare l'attenzione di ogni angolo del globo; abbiamo Jessi, l'artista di origini sia coreane che americane che rappresenta un mix di queste due culture, con tutti i pro e i contro del caso; e poi trovano spazio anche storyline forse catalogabili minori, ma perfettamente in linea con l'impostazione dello show. Parliamo di di Jiyong, trainee (aspirante Idol che si allena e prende lezioni all'interno di una compagnia in attesa del debutto... Che potrebbe anche non avvenire mai) della Starship che non è riuscito a diventare un membro dei Cravity, ma che rifiuta di arrendersi; e parliamo della famiglia Yoon e di tutte le sfide che ha rappresentato il lavoro del padre, CEO di DR Entertainment, per i due figli, ma anche di come questi siano cresciuti e, nel caso del figlio maschio, di come questi abbia cercato di seguire le orme del genitore e di riceverne finalmente l'approvazione.
Tutte storie che sono emblema del tipo di atteggiamento necessario per farcela in alcune parti dell'Oriente, ovvero assoluta dedizione, impegno e capacità di non arrendersi. Atteggiamento che purtroppo, in molti casi, viene portato fin troppo all'estremo.
C'è a chi viene detto di perdere peso (e il risultato è un uovo a pranzo per due settimane come unica fonte d'energia nel corso dell'intera giornata) e c'è a chi viene chiesto di prenderlo (molto più raro, ma è ciò che accade a uno degli aspiranti membri delle Blackswan); c'è chi progredisce in fretta, ma non abbastanza, e viene ripreso per questo, come anche chi ci impiega di più e sente una pressione ancora maggiore addosso; c'è chi si allena per anni e anni, prende tre diversi mezzi di trasporto per recarsi alla sede della compagnia per allenarsi, torna a casa tardissimo e non ancora sa se avrà o meno un futuro in questo campo; c'è chi, dopo aver essersi sentito abbandonato dalla precedente compagnia, cerca di fare tutto da sé, con le difficoltà che implica l'essere dipendenti di sé stessi; c'è chi sacrifica la propria salute mentale per portare avanti un sogno. E tanto, tanto altro.
K-Pop Idols: delusioni e soddisfazioni
E se per ogni soddisfazione segue un pianto di gioia, un abbraccio, e (quando va proprio di lusso, come raccontano i Cravity) anche dei complimenti da parte dell'azienda, sono le delusioni, e in alcuni casi le disillusioni, a tenere banco in K-Pop Idols, perché parte integrante di questa carriera, che lo si voglia o meno. Queste possono arrivare sotto forma di diverbi tra "compagni di squadra" (interessante è vedere come si svilupperà e risolverà la questione nel caso delle Blackswan), come mancato adempimento di accordi presi (come nel caso di Jessi che poche ore prima di un concerto si ritrova per strada, di notte, per un errore da parte degli organizzatori del tour), come commenti poco entusiasti da parte dei propri superiori (il manager dei Cravity non le manda certo a dire) o mancato riconoscimento dei propri sforzi (è anche il caso dell'erede della DR Entertainment, e non solo dei ragazzi intenti a percorrere il sentiero degli idol).
K-Pop Idols non rifugge dal mostrare la cruda realtà dietro i lustrini, i costumi sgargianti e le luci abbaglianti dell'industria musicale coreana, e seppur a volte può sembrare gratuitamente amplificato perché, diciamocelo, fa più effetto, quello che vediamo è invero ciò che accade quotidianamente nel mondo dello spettacolo, e non solo. Le altissime aspettative e un'etica professionale assolutistica sono, d'altronde, oggetto costante di conversazione e revisione nel mondo coreano, vista anche la crescente importanza della saluta mentale e l'attenzione che si sta cercando di porre sulla questione dell'alto tasso di suicidi specialmente nel campo dell'intrattenimento, ed è un argomento da cui un buon documentario non può effettivamente prescindere.
Forse, potremmo azzardare, quel che malgrado presente avremmo voluto vedere in quantità maggiore nella serie di Apple TV+ è proprio la positività: quei momenti in grado di dare gioia a chi deve trarne forza ed energia, che si tratti di Idol o di fan, o di semplici spettatori di un prodotto che, ad ogni modo, fornisce un'accurata visione di ciò che significa davvero aspirare alla perfezione in un mondo in cui questa viene vista come obbligatoriamente raggiungibile.
Conclusioni
K-Pop Idols, in arrivo il 30 agosto su Apple TV+, è un'apprezzabile docuserie sul mondo del K-Pop che ha il pregio di andare ad esplorare anche gli angoli più angusti di un'industria multimilionaria e scintillante, ma ricolma di ombre che ne offuscano le luci.
Perché ci piace
- Non edulcora il "lato oscuro" del K-Pop.
- Da importanza anche al lato emotivo, senza tralasciare quello tecnico e professionale.
- Regia e impostazione ben adatti al contenuto.
Cosa non va
- A volte si perde troppo nel drama.
- Uno di quei pochi prodotti che avrebbe giovato dall'avere qualche episodio in più.