Il Festival di Berlino impazzisce per Steven Soderbergh. Berlinale Palast esaurito, accessi bloccati e un caloro applauso alla fine della proiezione: ecco il calore berlinese riservato a Side Effects, ultima creatura del regista indie, veterano della kermesse tedesca. A motivare l'elevato interesse per la pellicola che intreccia trama hitcockiana, plot intrigante ambientato nel mondo della psichiatria e della farmacologia e colpi di scena mozzafiato, è la presenza di un divo di prima grandezza come Jude Law affiancato da Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum e Rooney Mara, una delle attrici emergenti più interessanti della nuova generazione hollywoodiana grazie al suo sguardo da cerbiatta e alle doti mimetiche sfoggiate in Millennium - Uomini che odiano le donne. Soderbergh si gode l'attenzione dovuta alla presenza di Side Effects in concorso e ci parla della genesi del film insieme a Jude Law e a una timidissima Rooney Mara.
Quale è l'idea alla base della storia narrata in Side Effects?
Steven Soderbergh: Il produttore Scott Z. Burns, che è anche autore della sceneggiatura, ha iniziato a fare ricerca sul tema della psicofarmacologia e pischiatria dieci anni fa per una serie tv. Quando mi ha proposto lo script mi è piaciuto e dal momento che ero molto interessato a tornare a lavorare con lui e che mi attraeva il tema del thriller piscologico ho accettato.
Sei un veterano di questo Festival.
Steven Soderbergh: Sono stato a Berlino già cinque volte e sono felicissimo di essere in concorso.
Quale è stata la principale difficoltà durante la lavorazione del film?
Steven Soderbergh: La parte più difficile del processo è stata trovare un equilibrio tra i vari atti del film, ma anche tratteggiare le relazioni tra i personaggi in modo che non sembrassero troppo artificiose.
Jude Law: Dal momento che nutro un grande interesse nel settore medico, ma ho scarsa esperienza, credo sia stato riuscire a convincermi di essere in grado di interpretare un medico.
Dietro l'apparenza disimpegnata, il film contiene un attacco indiretto all'industria farmacologica americana.Steven Soderbergh: In America c'è un rapporto complicato tra i pazienti e le medicine. Alla base di tutto ci sono terribili compagnie farmaceutiche che bombordano la popolazione con spot semplici, diretti ed efficaci in cui si promette che, comprando il tal farmaco, guariremo immediatamente. Ovviamente la gente ripone fiducia in questo tipo di messaggi e si lascia condizionare facendo ampio uso di farmaci non necessari o addirittura pericolosi.
I riferimenti a certe pellicole di Hitchcock che si colgono in Side Effects sono voluti?
Steven Soderbergh: I film di Hicthcock sono ancora attualissimi non solo per la perfezione tecnica e la forza innovativa contenuta in essi, ma anche il fatto che parlano dell'io profondo. E' un ottimo materiale per un film.
Come avete costruito il rapporto complicato e delicato medico-paziente che vediamo sullo schermo?
Jude Law: Avevamo tra le mani un grande script e in quel caso l'attore trova le indicazioni per il suo personaggio già nella sceneggiatura. Ci sono state discussioni su come colorare i dialoghi, per rendere più interessante il tutto.
Rooney Mara: E' vero, ma io e Jude abbiamo lavorato separatamente con Steven per evitare di influenzarci e conservare un certo effetto sorpresa tra di noi.
Al di là del legame hitcockiano, ci sono alcuni aspetti della struttura del film piuttosto peculiari.
Steven Soderbergh: Scott ha rispettato le regole del genere giocando con le aspettative dello spettatore. L'aspetto più innovativo del film è la scelta di cambiare il punto di vista passando da quello di Emily a quello del dottor Banks. Side Effects contiene almeno tre pellicole in una, è un'opera stratificata e temevo di creare troppa confusione infastidendo il pubblico, ma alla fine credo di essere riuscito ad amalgamare il tutto. Questo film è diverso dai precedenti, è più pulito, più diretto. E' stata una sfida divertente da portare a termine. Mi sono dato delle regole, ho riunito un cast da sogno e poi ho cominciato le riprese ed eccomi qui.
Scott Z. Burns: Esatto. La parte sentimentale dello script è mia responsabilità. Il titolo del film suggerisce qualcosa di diverso da ciò che vedremo perché il tema degli effetti collaterali dei farmaci si trasforma in altro. Ho deciso di giocare con le convenzioni inserendo una relazione, ma a differenza del solito rapporto uomo/donna ho deciso di creare uno slittamento inserendo una relazione omosessuale.
Steven, tempo si era parlato di un tuo possibile ritiro dalle scene.
Steven Soderbergh: Ho conosciuto il crepuscolo della mia carriera, ma in realtà le ultime cose che ho girato mi hanno divertito moltissimo. In questo momento ho solo voglia di fare cose piacevoli.
Jude Law: Il mio personaggio è molto ambizioso perciò per fare carriera in un ambiente medico prestigioso si trasferisce a New York. Per quanto riguarda gli advertising americani, posso dire che durante la preparazione al film ho conosciuto molti psichiatri. Parlando con loro delle prescrizioni e del rapporto coi pazienti ho capito che al giorno d'oggi le persone hanno la tendenza a scegliere le scorciatoie anche nella guarigione dalle malattie. Spesso senza riflettere sui pericoli o sugli effetti collaterali.
Il modo degli europei di curare la tristezza è diverso da quello degli americani?
Jude Law: Non saprei. Credo che la tristezza sia qualcosa di universale. Ognuno cerca le proprie scorciatoie e i modi per andare avanti, ma il problema è di tutti.
In Side Effects fornisci una notevole prova attoriale. Quale percorso hai seguito per raggiungere questa maturazione?
Jude Law: Per diventare così bravo ci ho messo 40 anni. In realtà quando scegli i film in cui lavorare occorre avere un po' di fortuna. Devi indovinare il momento giusto, lo script giusto, il regista giusto. Stavolta ero in buone mani.
Puoi dirci qualcosa sulle musiche del film?
Steven Soderbergh: Questa è la quarta volta che lavoro con Thomas Newman. E' un compositore molto dotato. Comporre una colonna sonora è un lavoro difficle, a volte la musica risulta fuorviante rispetto alle immagini modificando il senso, ma a me piace molto l'approccio di Thomas perché lui riesce a entrare perfettamente in sintonia con la parte visiva. Non volevo la classica colonna sonora da thriller, ma aspiravo a qualcosa di più ambiguo e lui me lo ha dato in tempi velocissimi.