Nell'affollata sala stampa del Far East Film Festival, un nutrito numero di giornalisti e curiosi ha accolto due delle personalità più attese della manifestazione, ovvero Johnny To e Wai Ka-Fai, fondatori della casa di produzione Milkyway e presenti a Udine con i loro ultimi due lavori, Running on Karma e Turn left, turn right.
Seguiamo qui alcuni passaggi dell'incontro:
La vostra filmografia si divide in ugual misura in film più ricercati, "d'autore", e in opere di stampo più commerciale. Come mai questa differenza?
Johnny To: Quando ho fondato la Milkyway, il mio obiettivo era quello di fare film che fossero originali, creativi, e speravo inoltre di portare delle idee nuove nell'industria del cinema di Hong Kong. Non abbiamo mai pensato ai nostri film in termini di film "commerciali" o "artistici", abbiamo sempre e solo voluto fare film originali.
Quali sono le vostre maggiori influenze cinematografiche?
Wai Ka-Fai: Uno dei registi che mi hanno maggiormente influenzato è stato Akira Kurosawa, probabilmente per via della cultura e della filosofia alla base dei suoi film, che sento a me molto vicine. Tra gli occidentali, invece, i registi a cui mi sento più affine sono Francis Ford Coppola per i temi, e Sam Peckinpah per il linguaggio visivo adottato nei suoi film.
Johnny To: Io vedo quotidianamente molti film occidentali, e molti di questi mi hanno influenzato nel mio lavoro. Se proprio devo fare un nome, comunque, faccio anch'io quello di Sam Peckinpah.
Nei vostri ultimi lavori, e in genere negli ultimi film prodotti a Hong Kong, sembra esserci una maggiore complessità di trama, come se voi chiedeste al pubblico di vedere i vostri film più volte per comprenderli a pieno. Può essere questa una nuova tendenza per il cinema di Hong Kong?
Wai Ka-Fai: I film che facciamo sono divisi approssimativamente in film commerciali e film più personali, ricercati: le nostre opere più commerciali si avvicinano di più ai normali film di genere hongkonghesi, con una narrazione più lineare, mentre nella seconda categoria di film c'è un elemento filosofico, che riflette la nostra visione della vita, unito a una maggiore complessità di trama. E' così che vogliamo raccontare le storie.
Johnny To: Quando abbiamo creato la Milkyway, uno dei nostri scopi era quello di cambiare il modo in cui il pubblico di Hong Kong guardava i film. Per questo abbiamo inserito un elemento di complessità maggiore, elemento che all'inizio non è stato molto apprezzato dagli spettatori di Hong Kong: i nostri primi film, infatti, non sono andati molto bene nelle sale. In seguito, comunque, parecchie persone hanno recuperato quei film in VCD e hanno dichiarato di apprezzarli: crediamo che questo abbia almeno in minima parte contribuito a quel cambiamento nel modo di guardare i film che noi auspicavamo.
In Running on Karma è presente il tema del buddismo, un elemento che per noi occidentali è difficile comprendere a pieno. Quanto ha contato questo elemento nella realizzazione del film? E' una componente seria, o è stata inserita nel film semplicemente per gioco?
Wai Ka-Fai: Il buddismo è la religione maggiormente seguita dalla popolazione cinese, e molti suoi elementi, quali il karma e la reincarnazione, sono ormai diventati parte della cultura cinese, anche a prescindere dall'elemento strettamente religioso. Nonostante questo, non ci sono stati molti film, cinesi o di Hong Kong, che abbiano affrontato questi argomenti al di fuori di un'ottica molto commerciale. Anche Running on Karma è nato per essere un film commerciale; la nostra sfida era quella di inserirvi un discorso sulla religione buddista in un modo che potesse essere appetibile per il pubblico. Per i due terzi della sua durata si tratta di un classico film di intrattenimento: solo nell'ultima mezz'ora gli spettatori possono accorgersi di cosa veramente volevamo esprimere con questo film.
Johnny To: Sono d'accordo, il buddismo è ormai parte integrante del modo di vivere della popolazione cinese. In questa religione, e nella teoria del karma, c'è la necessità di un'accumulazione di positività attraverso le buone azioni; anche se nel film l'idea di predestinazione prende il sopravvento sulle scelte e le azioni individuali, io spero che venga fuori anche il rovescio della medaglia: il karma a volte può essere influenzato o cambiato attraverso lo sforzo quotidiano di ogni giorno, con ogni singola scelta individuale, ogni azione.
To, il suo esordio alla regia, The Enigmatic Case, è datato 1980, così come The sword e The Butterfly Murders, che segnarono l'esordio rispettivamente per Patrick Tam e Tsui Hark. Tutti e tre i film appartengono alla new-wave e tutti e tre sono catalogabili nel genere wuxiapian. Secondo lei c'è qualche collegamento tra queste tre opere?
Johnny To: Io non appartengo al movimento della new-wave, ci sono diverse caratteristiche che mi allontanano dai registi che ne fanno parte, a cominciare dalla formazione e dagli esordi televisivi. Per quanto riguarda i tre film in questione, sono molto diversi, usano linguaggi differenti in un periodo in cui la cinematografia di Hong Kong si stava rinnovando: le riprese di Patrick Tam sono più lunghe ed elaborate, ad esempio, mentre lo stile di Tsui Hark è più veloce. Io, personalmente, non sono stato per niente soddisfatto di The Enigmatic Case, dovevo ancora trovare un mio stile, un mio linguaggio: dopo quel film, infatti, sono tornato a lavorare in televisione per sette anni, proprio per accumulare una maggiore esperienza.
Negli ultimi film voi due avete lavorato spesso insieme. Come vi trovate a lavorare fianco a fianco?
Wai Ka-Fai: Quando dirigiamo insieme un film, di solito io mi occupo dell'aspetto puramente creativo, mentre To si occupa del lato tecnico e delle riprese.
Johnny To: Ci conosciamo molto bene, perché collaboriamo dai tempi dei nostri esordi, quando giravamo film per la televisione. Lo stesso modo di collaborare di allora lo abbiamo trasportato nei nostri lavori cinematografici.
Tra i tanti film che avete diretto e prodotto negli anni 90, qual è quello di cui siete più fieri, e che reputate maggiormente "rivoluzionario"?
Wai Ka-Fai: Tra i film girati prima del 2000, quello che reputo più importante è The Longest Nite, per come ha portato a compimento le premesse dello "stile Milkyway" che erano già state poste con pellicole come Too many ways to be no. 1 e The odd one dies.
Johnny To: Parlando del periodo d'oro della Milkyway, penso anch'io che The Longest Nite abbia avuto un'importanza fondamentale, anche per come ha cambiato l'atteggiamento di molti critici nei confronti del cinema di Hong Kong: dopo quel film, molti si sono resi conto finalmente che dalle nostre parti stava venendo fuori qualcosa di nuovo. L'unica cosa che il film non è riuscito a fare è stato raggiungere buoni risultati al box-office.
Voi attualmente state girando un film a Udine, potreste darci qualche informazione a riguardo?
Johnny To: Il film prevede due giorni di riprese a Udine (già terminate, ndr). I protagonisti saranno Sammi Cheng ed Andy Lau, e il titolo provvisorio, ancora da confermare, è Yesterday once more.
Nei primi anni 90 molti registi di Hong Kong emigrarono a Hollywood per stabilirsi lì, ma i risultati artistici di questo sodalizio sono stati deludenti. E' proprio impossibile, per i registi di Hong Kong, lavorare a Hollywood senza stravolgere il proprio modo di fare cinema?
Johnny To: Ogni regista ha il suo modo di lavorare, perciò è difficile dire, in generale, se i registi di Hong Kong possono o meno lavorare a Hollywood. Però ci sarebbe da chiedersi cosa accadrebbe nel caso contrario, cioè se un regista di Hollywood venisse a lavorare ad Hong Kong: sarebbe una situazione interessante da analizzare.
In che modo voi rappresentate il destino nei vostri film?
Wai Ka-Fai: Nei nostri film il destino, o il fato, giocano sempre un ruolo importante, anche se il modo in cui vengono rappresentati cambia significativamente a seconda del film: in Too many ways to be no. 1, ad esempio, la rappresentazione del destino è nella struttura della storia, che mostra due differenti strade che i personaggi possono percorrere a seconda delle loro scelte; in altri film, questo tema è esplicitato da altri elementi, come la storia in sé o i personaggi.
Johnny To: Tutti gli elementi, nei nostri film, contribuiscono a rappresentare gli effetti del destino sulla vita delle persone, a cominciare dall'ambientazione per finire con la struttura della trama e i personaggi. Le modalità di questa rappresentazione, comunqure, variano da film a film, ma la costante è che tutti gli elementi vengono usati.
To, nei tanti film che lei ha diretto si vede uno stile estremamente vario e diversificato. Lei si considera quindi uno sperimentatore?
Johnny To: Quando faccio un film, non mi pongo la questione di adottare un particolare stile. A me piace il processo della realizzazione dei film, e da ognuno di questi cerco di imparare cose nuove: alla fine di questo processo, spero di riuscire a realizzare qualcosa che possa essere definito realmente un grande film.
Cosa ne pensate della recente possibilità, per l'industria cinematografica di Hong Kong, di collaborare con quella cinese?
Johnny To: E' ancora difficile, oggi come oggi, per i registi di Hong Kong riuscire a ottenere successo nel mercato della Cina Popolare. Questo innanzitutto perché lì sono molto rigidi sul tipo di film che puoi fare: film che hanno elementi come il sovrannaturale, il fantasy, o altre componenti del genere, non vengono approvati dal loro sistema di censura. Inoltre esiste anche una barriera di tipo linguistico: non è così facile tradurre dal cantonese al mandarino mantenendo intatto il tipico humour locale, quello pensato appositamente per piacere al pubblico cantonese. Ci sono ancora delle difficoltà per delle eventuali co-produzioni, quindi: film come The Longest Nite o Infernal Affairs attualmente non verrebbero mai approvati dal sistema di censura cinese a meno di non operare pesanti tagli.
Wai Ka-Fai: Dal punto di vista creativo, fare co-produzioni non è facile: per qualificare un film come una co-produzione ci devono essere elementi come la divisione degli attori in percentuale tra l'uno e l'altro paese, la scelta delle location, ecc. Tutto questo può avere effetti sul lato creativo del lavoro.
Voi mantenete normalmente un ritmo di 2-3 film all'anno. Dove trovate le energie per lavorare così tanto? E' sempre un piacere, per voi, dirigere film, oppure a volte diventa anche pesante?
Johnny To: Il motivo per cui riesco a fare tutti questi film è semplice: amo il cinema, e amo fare film. Diventa un "lavoro" solo quando c'è una particolare scena, o un particolare elemento di un film, che non mi piace.
Wai Ka-Fai: Fare film, per me, è una specie di processo di problem solving: nonostante tutto, però, questo resta un processo estremamente piacevole.