In Europa, e soprattutto in Italia, fatica ancora molto a venir riconosciuto come autore dotato di una visione lucida e personalissima; negli Stati Uniti invece questo concetto è indiscusso. Questo perché John Hughes l'America l'ha rappresentata, assolata e rampante, così come la vedeva attraverso le lenti dei suoi occhiali. Come in una fotografia, ma scattata dal suo punto di vista. Quando John Hughes morì, il 6 agosto 2009, si aprì uno strappo impossibile da ricucire nei cuori di chi aveva lavorato con lui e dei suoi fan più veri. Veniva a mancare un uomo che era stato anche un grande amico. Lui che aveva guardato all'epoca reaganiana, l'aveva digerita velocemente e ne aveva restituito al mondo l'immagine dopo il suo giudizio. Il suo occhio non è mai indulgente, ma la sua critica mai si fa pesante. Alla successiva notte degli Oscar un commovente tributo era dedicato a lui. Molly Ringwald e Matthew Broderick lo presentarono, commossi, e metà della sala pianse. "Ogni volta che passeggio per la strada, qualcuno mi ferma e mi dice 'Ehy, Ferris! È il tuo giorno di vacanza?'", raccontò Matthew. Tanto per dare un metro di come, nonostante tanti anni e tanti ruoli, lui resterà sempre il Ferris di Hughes - e in effetti, persino in Tower Heist: Colpo ad alto livello, vedere Broderick e una Ferrari nella stessa stanza, non poteva che evocarlo.
Oggi, a trent'anni dall'uscita del suo Una pazza giornata di vacanza, le citazioni ancora si sprecano. Come la scena dopo i titoli di Deadpool, identica a quella di Ferris che ci dice di andare a casa, con tanto di accappatoio a righe, che vale da sola a salvare un film godibile ma non certo indimenticabile. È stato facilissimo per chi vi scrive stilare una classifica dei cinque migliori film di Hughes. Questa fu esattamente la retrospettiva che la sottoscritta curò anni fa per Biografilm Festival, la prima retrospettiva europea dedicata a John Hughes. I film erano sei: c'era anche un documentario a lui dedicato, Don't You Forget About Me di Matt Sadowski, che magari dopo questa short list vi verrà voglia di recuperare.
È una lista breve e molto circoscritta, anche se lo Hughes sceneggiatore ha all'attivo decine di titoli e ogni tanto ne salta fuori una nuova (quasi fosse il Kubrick dei teen movies). Di regie ne ha firmate otto, tra cui il grande assente in questo articolo: Un biglietto in due. Ma il criterio di scelta qui deve essere chiaro. John Hughes è stato il cantore dell'adolescenza. Colui che negli States degli anni Ottanta, della ricerca sul videoclip e del recupero della moda anni Cinquanta, della Guerra Fredda e degli Yuppies, dell'egemonia incontrastata di Wall Street e del razzismo di ritorno, dei capelli cotonati e le spalline anche per gli uomini, di Ronald Reagan, ha guardato ai ragazzi, indifferentemente maschi e femmine, li ha capiti, ne ha percepito le paure. Lui ci ha compresi, tutti, in quel mondo arrivista e distratto, ha empatizzato quanto fosse difficile uscire indenni da quel casino di età (Emma Stone in Easy Girl è triste proprio perché "John Hughes non ha diretto la mia vita", e l'intero film è un omaggio), e ha descritto benissimo ciò che ogni giorno vivevamo.
Nell'arco di tempo che va dal 1984 al 1986, Hughes ha firmato cinque storie, una più profonda dell'altra, ma raccontate con leggerezza. I ragazzi sono sotto i riflettori, i genitori sono assenti, non possono prendersi un giorno libero nemmeno se il figlio è malato, sono lontani, non comprendono. I valori post Vietnam sono stati sostituiti dall'arrivismo e dall'edonismo, ci si interroga sulla sessualità e una nuova morale, ma non c'è un adulto in grado di guidare questi Lost Boys. John Hughes ci ha presi tutti per mano, e con questi cinque film ci ha detto di non preoccuparci, perché alla fine, in qualche modo, ce l'avremmo fatta. Ed è quanto di più rassicurante mi sia mai stato detto nella vita.
Leggi anche: Top 50 anni '80: i nostri film e momenti cult del cinema USA
5. La donna esplosiva (Weird Science, 1985)
Anthony Michael Hall e Ilan Mitchell-Smith, alias Gary e Wyatt, sono due nerd puri, di quelli che a scuola sono vittime dei bulli. Per gioco, tentano di creare la donna perfetta. L'esperimento funziona e ne esce Lisa, una indimenticabile e iconica Kelly LeBrock. Tra un disastro e l'altro, Lisa diventerà per loro una grande amica, una guida che li aiuterà ad affrontare a testa alta la loro adolescenza. Molta critica sbrigativa ha bollato questo film come una commedia giovanilistica pasticciata, senza andare più a fondo. E allora c'è da chiedersi come mai, ancora oggi, le citazioni si sprechino, da Lilo & Stitch al videoclip degli Aerosmith Hole in My Soul, e anche nei film di grandi autori ogni tanto appaia una coppia di amici con dei reggiseni in testa. Nel cast c'era un giovanissimo Robert Downey Jr.
Leggi anche: 25 fantascientifiche invenzioni di cinema e serie TV che vorremmo fossero realtà
4. Un compleanno da ricordare - Sixteen Candles (Sixteen Candles, 1984)
L'esordio alla regia di John Hughes comprendeva già tutta la sua poetica e vedeva protagonista colei che sarebbe diventata la sua musa e un role model per migliaia di ragazzine: Molly Ringwald. Samantha Baker compie sedici anni, quello che negli States è il compleanno più importante. Lo stesso giorno sua sorella si sposa, anche perché la sua intera famiglia si è dimenticata del compleanno di Sam. Nel frattempo ci sono gli sfigati della scuola (compreso un giovane John Cusack) che le stanno addosso, in primis Geek, e il bello e impossibile Jake Ryan, fidanzato con la pupattola bionda della scuola. Il microcosmo liceale, con i suoi archetipi e le sue regole, non poteva essere rappresentato meglio di così.
3. Bella in rosa (Pretty in Pink, 1986)
La consacrazione per Molly Ringwald arriva con un film che John Hughes sceglie di non dirigere e di passare all'esordiente Howard Deutch, di cui sarà mentore anche per le successive due pellicole. Si dice che fu per zittire le voci che lo volevano coinvolto in una liaison con la bella rossa, ma in verità Hughes era sfinito. Ha passato il testimone della regia perché aveva appena completato uno dei suoi script più maturi e complessi, un testo intimista ed estremamente empatico con l'universo femminile. Ma tutto Hughes è contenuto in ogni singolo fotogramma di Bella in rosa. Il triangolo amoroso è tra Andie, Jack e Duckie, e sulle note di Otis Redding si consuma una delle cinque più belle dichiarazioni d'amore del cinema. Nel recupero creativo di un vintage che irrompeva prepotente nella moda, c'è la necessità di nascondere un padre amorevole, ma al quale è la figlia a far da genitore. La guida adulta è quella splendida Annie Potts che era già stata la Janine dei Ghostbusters - Acchiappafantasmi, ma che per molte di noi resterà sempre Iona.
Leggi anche: San Valentino al cinema: Le 10 dichiarazioni d'amore che ci hanno condizionato la vita
2. Breakfast Club (The Breakfast Club, 1985)
Il film sull'adolescenza per antonomasia, per molti è questo il capolavoro di John Hughes. E francamente non ci sentiamo nemmeno di contraddirli. Cinque ragazzi molto diversi costretti a trascorrere un intero sabato chiusi nella biblioteca della scuola insieme a un professore frustrato e carnefice: unità di luogo, tempo e azione. "Quando cresci il tuo cuore muore", è la battuta rimasta tatuata in tutte le nostre menti. Il film più citato da Matt Groening contiene dialoghi di una potenza inaudita e di un'aderenza alla realtà spiazzante. Qui l'inadeguatezza degli adulti diventa sistemica, il motore di tutta la vicenda. Non a caso il film si apre con i versi di David Bowie "And these children that you spit on, As they try to change their worlds, Are immune to your consultations, They're quite aware of what they're goin' through".
Leggi anche: Le migliori serie TV della nostra (e vostra) adolescenza
1. Una pazza giornata di vacanza (Ferris Bueller's Day Off, 1986)
Ebbene sì: per noi è proprio la trentennale pellicola con Matt Broderick il film numero Uno di John Hughes. Ancora più matura registicamente, è quella dal respiro più ampio. Dopo il successo di Breakfast Club, il budget si è alzato e Hughes può finalmente uscire dalle mura dei licei e delle abitazioni, per rendere omaggio alla sua amata Chicago. E di scritturare un teen idol nei panni del vulcanico Ferris: quel giovane reduce dal successo di Wargames - giochi di guerra e Ladyhawke. Ma Ferris e le sue imprevedibili trovate, in una carambola di situazioni che tutti vorremmo vivere, è un pretesto per raccontare un'altra storia: man mano si capisce che l'identificazione del regista è con l'amico Frye, quello che nella scena più bella si incanta a fissare La Grande Jatte di Seurat, identificandosi con il grido muto della bambina al centro del quadro, quello che ha bisogno di vivere prima di crescere. Perché "La vita scappa via in fretta, se uno non si ferma e non si guarda intorno, rischia di sprecarla".