Jodie dimensione avventura
Ammettiamolo, dopo averla vista inanellare una lunga serie di ruoli drammatici (recentissimamente era stata protagonista del cupo film di Neil Jordan, Il buio nell'anima), fa un certo effetto ritrovare Jodie Foster in una pellicola per ragazzi, dove il suo è un personaggio decisamente brillante. La ritrovata verve dell'attrice americana, non così avvezza a interpretare parti dagli accentuati risvolti comici, è una piacevole sorpresa che tuttavia non fa altro che confermarne l'immenso talento, associato a intelligenza e versatilità. Se l'ennesima metamorfosi di Jodie è andata in porto senza grossi scompensi, quello diretto da Mark Levin e Jennifer Flackett è dal canto suo un family movie che convince a metà.
Ispirato al libro di Wendy Orr, rinomata autrice di racconti per bambini, Alla ricerca dell'isola di Nim si presenta come una specie di glossario cinematografico infarcito di spunti accattivanti, non sempre valorizzati da una messa in scena che fa ricorso alla computer graphics in maniera un po' grossolana. I presupposti sono quelli tipici del filone avventuroso, rivitalizzati per l'occasione da uno sguardo ironico sul genere di riferimento, che non dispiace affatto, e da una coscienza ambientalista destinata a insinuarsi con decisione nelle maglie del racconto. Se si passa al setaccio un'opera come Alla ricerca dell'isola di Nim, le situazioni che intendono parafrasare gli ingredienti del classico film d'avventura non sono certo poche, lo si deduce anche dall'elenco, senz'altro parziale, che ci azzardiamo ora a proporre: un'isola del Pacifico con vulcano in bella vista; una bambina che, in compagnia del padre, naturalista sui generis, si diverte ad attraversare il mondo in barca; spiagge incontaminate che subiscono la minaccia di moderni pirati; squali famelici sempre in agguato e altre creature tratteggiate in modo decisamente più simpatico (nella fattispecie un'otaria, un cormorano e un iguana), che corrono invece in soccorso dei protagonisti.
La vita della piccola Nim e di suo padre ha perciò come sfondo un piccolo eden, ma sarebbe sbagliato pensare che siano isolati dal mondo! Difatti Internet, al contrario di quanto uno potrebbe immaginare, ha fatto capolino anche lì, in quell'isola deserta che sulle mappe nautiche non figura neppure. Ed è un bene che sia possibile comunicare con persone distanti, la stessa Nim se ne renderà conto nel momento in cui una tempesta tropicale le fa perdere contatto col padre, partito in barca per una delle sue ricerche. A quel punto è l'opzione di un S.O.S. via mail a dimostrare tutta la sua utilità, ma un problema si pone ugualmente: l'unica in grado di raccogliere l'appello della ragazzina è Alexandra, scrittrice di avventurosi romanzi che, paradossalmente, ha paura persino a mettere il naso fuori di casa. La signorina tutta fobie, neanche a dirlo, è interpretata da una irresistibile Jodie Foster. Dove trovare il coraggio per vincere in un colpo solo tutte le proprie paure?
A livello squisitamente umoristico, la trovata più genuina del film consiste proprio negli estemporanei duetti tra la Foster e Gerard Butler, qui nei panni dell'impavido Alex Rover, alter ego letterario che non si separa mai dalla scrittrice che lo ha creato. All'insegna di una creatività ben riposta sono anche quei segmenti di animazione, che nello stile richiamano le illustrazioni dei libri per l'infanzia; ed è da lì che ha inizio una narrazione sufficientemente briosa, nel porre al centro dell'attenzione la continua ricerca di un rapporto armonico e sano con la natura, almeno da parte di Nim e di suo padre.
Eppure, nonostante l'interpretazione fresca e vivace della giovanissima Abigail Breslin (attrice rivelazione di Little Miss Sunshine), si avverte qualche stonatura in questa vibrante ma non irreprensibile ode alla salvaguardia dell'ambiente naturale. Ogni tanto ci si diverte, è vero, però ci sono anche momenti in cui si resta perplessi di fronte al look, dal retrogusto fastidiosamente disneyano, esibito da animali in parte ripresi dal vivo e in parte riconfigurati al computer. L'impressione, non sarebbe questa la prima volta, è che si voglia rendere simpatici certi animaletti semplicemente attribuendo loro qualche caratteristica antropomorfa: l'iguana finisce così per fare un verso mai udito in natura da nessun altro rettile e in certe scene batte addirittura la zampa a tempo di musica. Era proprio necessario, in una fiaba per altri versi così moderna e sfrontata?