Il calcio al cinema è argomento di complicata traslitterazione. Almeno secondo l'opinione generale, che tra l'altro individua ne Il Maldetto United di Tom Hooper il miglior film sullo sport più amato in Europa. Potrebbe essere vero, ma quel film, che raccontava le gesta eroiche di un allenatore formidabile come Brian Clough, è pur sempre un biopic. Un confine di genere più facile per l'ideazione cinematografica, almeno narrativamente parlando. Eppure, spulciando l'impolverata videoteca della nostra memoria calcistica e cinefila, c'è un altro film sul calcio che merita attenzione. Anzi, merita totale attenzione. Perché? Semplice: è il più bel film sul calcio mai realizzato. Com'è possibile che sia semi-sconosciuto? Beh, almeno in Italia non è mai stato distribuito, e chi scrive lo ha visto per la prima volta su Tele+. Rendetevi conto: letteralmente un Secolo fa. Se vi abbiamo incuriosito, ecco svelato l'arcano: parliamo di Jimmy Grimble (titolo originale, There's Only One Jimmy Grimble) di John Hay che, dopo questo gioiello datato 2000, non ha poi avuto una carriera - per così dire - sfavillante.
Motivo in più per vedere il suo film (lo trovate in streaming su Mediaset Infinity+), soprattutto oggi che ci confrontiamo con un calcio ormai marcatamente cambiato: un Mondiale in Qatar decisamente inconsueto e discutibile, i tifosi più attenti ai contratti che ai gol, la sensazione strisciante che i calciatori siano diventati aziende viventi, perdendo di vista l'onestà sportiva e atletica. Di conseguenza, smarrendo quella purezze e quell'epica in funzione di una spettacolarità da videogioco. Trick, potenziamenti, skill. Roba diametralmente opposta dall'essenzialità del gesto sportivo, dell'intuizione da campioni, della fugace differenza tra vittoria e sconfitta. Per questo, Jimmy Grimble ci riporta ai giorni di gloria, sui campi di pozzolana, alla piovosa e umida provincia inglese, dove il calcio tra i palazzi di mattoni rossi era la vera preghiera protestante. In particolar modo, il film di Hay è la diapositiva perfetta che sintetizza la bellezza di una concezione calcistica ormai persa e sfilacciata.
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Gli scarpini di Bobby Brewer
Se l'effetto nostalgia gioca un ruolo fondamentale, Jimmy Grimble è un film da non perdere anche per la sua struttura narrativa, in bilico tra favola e sport movies. Il protagonista è proprio Jimmy (Lewis McKenzie, sparito dalla circolazione) che, come ogni ragazzo di 15 anni, ha due amori: uno per una ragazza, l'altro per il calcio. Ma la vita di Jimmy è complicata. Sua mamma (Gina McKee) gli vuole un bene dell'anima, anche se perde tempo dietro discutibili relazioni. Non solo, Jimmy è perseguitato dai bulli. Per un sognatore nobile come lui le debolezze sono dei veri e propri target per i ragazzi più grandi e più stupidi. Dimenticavamo, Jimmy è tifoso del Manchester City. Diciamo che oggi non ci sarebbe nulla da vergognarsi, vista la squadra che è diventata (grazie ai soldi), ma nel 2000 il City era una squadra di underdog, e spulciando i dati ci accorgiamo che al termine della stagione addirittura retrocesse. Una squadra nobile e proletaria, romantica e popolare. Outsider fino al midollo. Ma pur sempre (era) una squadra perdente, da sfigati.
Qui il primo cortocircuito, il primo sorriso: nel giro di vent'anni il City è divenuto il club più ricco al mondo, lontano dai valori tifati da Jimmy. Quel Jimmy amante del calcio e talento con i piedi. Peccato però che soffra della classica ansia da prestazione: non riesce a mostrare la sua bravura quanto scende in campo, attirando su di sé le violente attenzioni dei bulli. Poi la svolta: un'anziana signora gli regala un paio di scarpini sdruciti, appartenuti ad un vecchio giocatore del City, Bobby Brewer. Le scarpette magiche gli infonderanno la giusta fiducia, ma sarà il coach Eric (Robert Carlyle) a fargli acquisire sicurezza e consapevolezza sul campo di calcio. Mixando buonissimi sentimenti, leggerezza e una soundtrack che alterna i The Stone Roses a Fatboy Slim e The Chemical Brothers in featuring con Neal Gallagher (grande tifoso dei Citizens!), la visione di Jimmy Grimble ci riappacifica con il gioco del calcio. E lo fa con mestiere e dolcezza, con intuito narrativo e con assoluta cognizione dei propri mezzi. Non esagerati eppure appassionati.
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Il miglior film sul calcio
Rivedendolo adesso, il film John Hay spiega quanto il calcio era davvero un valore aggiunto alle nostre giornate, quanto poi sia fattore antropologico e sinonimo di unione e di condivisione. Chiaramente, e non vogliamo essere monocorde, il calcio contemporaneo non c'entra più nulla con l'emotività di una volta. Siamo più sconnessi, più distratti, più frettolosi. Impensabile giocare per ore e ore sotto l'acqua, fregandosene del mondo quando tutto il mondo era lì con te: un pugno di amici, una maglia colorata e un pallone che rotolava. Il tifo come passione e non come dovere, il business lasciato agli altri, perché un sogno non ha prezzo. Dove è finita quella voglia? Dove sono finiti quegli attimi irripetibili? E allora Jimmy Grimble lo possiamo riassumere in un folgorante scambio di battute. "Cosa può esserci di meglio dello United?" - "Il Manchester City!". Altra epoca, altra storia, altra magia per il miglior film sul calcio che (quasi) nessuno conosce.