Una lunga treccia nera, occhi verdi, penetranti e discoli. Così apparve al grande pubblico Jennifer Connelly, nel 1984, quando fu chiamata ad interpretare la giovanissima Deborah, il grande amore impossibile di Noodles in C'era una Volta in America di Sergio Leone.
Fin dall'infanzia era stata una baby modella molto richiesta, diventando protagonista di molti spot pubblicitari, apparendo in un videoclip dei Duran Duran, per poi fare il suo debutto d'attrice nella serie tv Il brivido dell'imprevisto. Ma fu con la partecipazione al capolavoro di Sergio Leone, che Jennifer pose le basi per una carriera che oggi, a 36 anni di distanza, la vede come una delle più straordinarie ed adattabili interpreti della sua generazione, capace di destreggiarsi in film molto diversi tra di loro.
In occasione del suo cinquantesimo compleanno, è giusto onorarla proponendo una classifica dei migliori film di Jennifer Connelly, quelli dove ha mostrato tutto il suo talento e carisma.
1. C'era una Volta in America (1984)
Naturalmente non possiamo non partire dal personaggio con cui Jennifer Connelly esordì sul grande schermo. Il ruolo di Deborah in C'era Una Volta in America fu semplicissimo da ottenere, visto che Jennifer assomigliava moltissimo ad Elizabeth McGovern (scelta per interpretare il personaggio adulto). Senza voler mancare di rispetto alla McGovern (autrice comunque di un'ottima prova) la Deborah di Jennifer fu incredibilmente più incisiva, restò molto più fissa nell'immaginario collettivo. Probabilmente fu per la grande abilità con cui la giovanissima attrice dipinse un personaggio che, nonostante l'età, aveva una determinazione ed una sicurezza in sé davvero sorprendenti. La Connelly la rese anche spietata, pragmatica, calcolatrice, una piccola creatura che però già sapeva come dominare Noodles, come catturarlo in una rete in cui una sprezzante indifferenza, era alternata a momenti di grande dolcezza e anche sensualità. Ciò che stupì, fu quanto in C'era una volta in America, Jennifer fosse perfetta nel mostrarci una ragazzina già cosciente di cosa voleva dalla vita e soprattutto di cosa non voleva: Noodles. Che amava, ma era un amore che l'avrebbe solo limitata.
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2. Phenomena (1985)
Dario Argento scoprì (come tutti del resto) Jennifer Connelly nel film di Sergio Leone. Immediatamente pensò che fosse perfetta come protagonista del suo Phenomena, che ancora oggi rivendica come uno dei suoi film preferiti in assoluto. La critica si è sovente divisa su quest'horror del Maestro, che a molti parve non avere quell'energia e creatività, quell'intensità e stile che avevano fatto del cineasta romano un grande rinnovatore del genere. Phenomena a molti parve scritto in modo alquanto supponente, con dialoghi superficiali, ed un iter narrativo alquanto confuso e noioso. Gigantesco, costoso, curatissimo nella confezione, in quel 1985, Argento invece non mancò di coraggio, nel mostrarci una serie di delitti ai danni di belle fanciulle, risolti da una ragazza ed un insetto. Il tutto in un collegio di quella Svizzera che il film dipinse come cimitero di crimini inconfessabili. Un film dalla grande potenza simbolica e politica, spesso sottovalutata. La Jennifer Corvino della Connelly, con il suo sonnambulismo, diventò metafora del risveglio della coscienza, dell'umanità che cercava la verità nella natura e nell'istinto. Circondata da un cast che annoverava interpreti del calibro di Donald Pleasence e della recentemente scomparsa Daria Nicolodi, Jennifer superò la prova a pieni voti, all'interno di un film sicuramente impegnativo e difficile per un'attrice così giovane.
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3. Labyrinth (1986)
Per chi era adolescente negli anni 80, Labyrinth - Dove tutto è possibiledi Jim Henson, è un simbolo con pochi pari di quel decennio pittoresco, fantasioso e dove la settima arte sovente incontrava una sperimentazione molto audace. Jennifer interpretava la giovane Sarah, un'adolescente in preda alle più classiche e normali incertezze di quell'età, con un pessimo rapporto coi genitori e gelosa del fratellino Toby. A causa di una sua avventata "richiesta" alle forze oscure, Sarah si sarebbe vista rapire il fratellino da dei goblin, cappeggiati dal malvagio Jareth (un David Bowie leggendario) e costretta per recuperarlo, a districarsi entro 13 ore in un labirinto. Metafora della scoperta di se stessi e dell'assunzione di responsabilità per le proprie azioni che crescere comporta, Labyrinth dette a Jennifer Connelly, la possibilità di interpretare un personaggio perfettamente connesso alla sua reale età, diventando simbolo di un'intera generazione che, bombardata da mass media invasivi e commerciali, era sempre più confusa ed senza una direzione. Labyrinth rese la giovanissima interprete una teen idol molto diversa dagli altri del suo tempo, sovente connessi a prodotti ripetitivi e ben poco originali.
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4. The Hot Spot - Il posto caldo (1990)
Film tra i più maltrattati dal pubblico nella carriera di Dennis Hopper, The Hot Spot - Il posto caldo, è in realtà un neo-noir appassionante, che abbracciava in toto la dimensione stilistica e narrativa del cinema anni trenta e quaranta. Protagonista era l'avventuriero Harry Madox (Don Johnson), arrivato in una piccola cittadina del Texas e trovatosi coinvolto in un intrigo a base di ricatti, rapine, misteri e sesso. Il cast femminile vedeva da una parte la lasciva e manipolatrice Dolly (una Virgina Madsen sopra le righe in modo anche eccessivo), e a perfetta contrapposizione la giovane, bella e innocente Gloria, a cui Jennifer Connelly donò una sensualità a dir poco travolgente, per quanto connessa ad una dimensione di gioia e scoperta. La Connelly letteralmente stregò la critica, per il suo saper interpretare una ragazza in fondo piena di vita, romantica, magari ingenua ma non debole, e che alla fine, con grande coerenza, lasciava un uomo in cui per troppo tempo aveva visto qualcosa che non esisteva. La sua Gloria, sottoposta ai ricatti del Frank Sutton di William Sadler (il villain del film) era sicuramente un personaggio molto moderno, complesso, soprattutto per quei tempi. Una ragazza incerta sulla sua identità sessuale, desiderosa di abbracciare una libertà osteggiata da una realtà sociale e culturale bigotta e violenta.
5. Dark City (1998)
Senza ombra di dubbio uno dei film di fantascienza più importanti di sempre, capace di segnare un'epoca, quasi quanto quel Matrix che, se da un lato ebbe un successo immensamente superiore, dall'altro non aveva la raffinatezza ed eleganza del film di Alex Proyas. Dark City trascinò lo spettatore in quel 1998, dentro un iter in cui noir, cyber-punk e sci-fi erano fusi in modo assolutamente perfetto, un labirinto notturno bellissimo, dove seguivamo i passi di un incerto e confuso John Murdoch (Rufus Sewell), accusato di una serie di omicidi di cui però non ricorda nulla a causa di un'amnesia. Jennifer Connelly interpretava la bella e dolce moglie del protagonista, a conti fatti il suo vero appiglio all'umanità dentro quella che era in realtà, un'immensa colonia spaziale utilizzata da misteriosi extraterrestri per cercare di comprendere la natura umana. Film distopico, inquietante e bellissimo, Dark City ebbe in lei la perfetta controparte del protagonista; a conti fatti un personaggio molto più umano, meno "soprannaturale" e potente, ma forse per questo più empatico, più affascinante. Simbolo di salvezza e amore, bellissima e malinconica, intensa e fedele fino all'ultimo, fu interpretata dalla Connelly con grande fascino ed eleganza.
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6. Requiem for a Dream (2000)
Forse non la sua migliore interpretazione, ma senza ombra di dubbio quella che l'ha fissata nell'immaginario collettivo, quella per cui sarà ricordata. Requiem for a Dream, diretto da Darren Aronofsky, tratto dal romanzo di Hubert Selby Jr., ancora oggi è uno dei film più famosi di inizio millennio, indicato come una sorta di cult generazionale, un film autoriale che rappresenta un triste e disperato omaggio alle speranze infrante della generazione X. Diviso in tre "stagioni", con un cast che oltre che la Connelly, comprendeva Jared Leto, Ellen Burstyn e Marlon Waynas, Requiem for a Dream è ancora oggi uno dei film più importanti e struggenti mai fatti sull'autodistruzione innestata dalla dipendenza. Una dipendenza che non era solo connessa all'eroina si badi bene, ma anche al cibo, alla televisione, ai sogni, alla fama... Requiem for a Dream era un'odissea terribile e struggente sul concetto di autodistruzione. Jennifer Connelly fu semplicemente magnifica. La sua Marion, ragazza che cerca in tutti i modi un palliativo ad una mancanza d'amore che la distrugge, non compensata dai bene materiali, è forse il personaggio più disturbante di tutto il film. Con la sua interpretazione, la Connelly fece comprendere in modo perfetto, come dietro la tossicodipendenza vi sia sempre stata la volontà di non sentirsi strangolati dall'infelicità, di non pensare a ciò che ci manca, ai disastri della nostra anima. Eppure, nel suo scivolare verso il degrado più estremo, nel fare qualsiasi cosa pur di avere quella polverina, la Connelly non smise di emanare una sensualità prorompente, per quanto connessa ad un mondo di degrado, di sofferenza ed oscurità.
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7. A Beautiful Mind (2001)
Il film grazie al quale ebbe un Oscar strameritato.A Beautiful Mind per Jennifer Connelly è stato il film della consacrazione definitiva, quello che l'ha resa veramente nota al grande pubblico, nei panni di Alicia, la moglie del geniale e tormentato John Nash. Ron Howard in quel inizio di nuovo millennio, fu capace di confezionare un biopic che, per quanto forse un po' agiografico, rappresenta ancora oggi il miglior viaggio dentro una mente malata, in lotta per ritrovare un equilibrio. Se Russell Crowe fu letteralmente spettacolare con il suo Nash irrequieto, goffo, sempre sopra le righe e in preda a tormenti angosciosi, d'altro canto Jennifer Connelly, bella in modo quasi irreale, non fu da meno. La sua Alicia, donna coraggiosa, orgogliosa, sensibile e devota, personaggio molto più realistico e quotidiano rispetto al grande matematico, in diversi momenti rubò la scena al protagonista. L'attrice in A Beautiful Mind, mostrò tutta la sofferenza, i dubbi, i drammi che Alicia aveva dovuto sopportare, così come i suoi continui sforzi di comprendere il male che attanagliava la mente del marito.
8. La casa di sabbia e nebbia (2003)
Altro personaggio triste, perdente e dolente, altra donna distrutta dalla vita e dai sentimenti. La casa di sabbia e nebbia, tratto dall'omonimo romanzo di Andre Dubus III, e diretto da Vadim Perelman, è uno dei film più importanti di questo elenco. La diatriba tra la sua Kathy, e la famiglia dell'ex colonnello iraniano Behrani (Ben Kingsley) su chi avesse davvero diritto a vivere in una casa, altro non era che un espediente mediante il quale Perelman riuscì a parlarci di razzismo, intolleranza, dell'egoismo connesso al tanto sbandierato "american dream", nonché della spinosa questione dell'immigrazione. Kathy, fragile, sul lastrico, senza nessuno a scaldarne l'esistenza se non l'ossessivo e disturbato sceriffo Lester (Ron Eldard), assunse grazie alla bravura della Connelly, a simbolo di quella fetta di società, di umanità, che l'America lascia sempre indietro, strangolata da un sistema in cui contano solo i soldi e l'avidità. Eppure, a dispetto di tutto, ne La casa di sabbia e nebbia, rappresentò in tutto il suo dramma e la sua tristezza, anche una disperata richiesta d'aiuto, di lottare per la propria felicità.
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9. Little Children (2006)
Uno dei film più sottovalutati del decennio scorso. A conti fatti un ritratto dolente e disperato di due coppie infelici, di un'umanità incapace di maturare, di dominare la propria vita e affrontare le proprie debolezze. Tratto dal romanzo di Tom Perrotta, Little Children, diretto da Todd Field, verteva sulla relazione clandestina tra Sarah (Kate Winslet) e Brad (Patrick Wilson), sposati infelicemente rispettivamente con Richard (Gregg Edelman) e Kathy (Jennifer Connelly). Un amore clandestino che sarebbe stato alla base di sviluppi imprevedibili e dolorosi per tantissime persone. Film tragico, dolente ma mai in modo gratuito, su quattro adulti immaturi, incapaci di affrontare la realtà e di cambiare, Little Children era soprattutto l'epitaffio al sogno americano, fatto di successo, famiglie felici e ricchezza. La realtà, nel mondo reale, parlava di persone che avevano fallito, tristi, insicure, persone come la Kathy di Jennifer Connelly, legate ad un uomo che non amano, incapaci di lasciarlo andare via, di capire che non si può edificare la propria felicità sulla pelle degli altri. Misurata, umanissima, imperfetta, madre devota e moglie che improvvisamente realizza l'inganno dentro cui è vissuta, Kathy permise alla Connelly di misurarsi con un personaggio "normale", una donna come tante, una vita come tante, a metà tra paura e rassegnazione.
10. Blood Diamond (2006)
Politicamente e culturalmente, uno dei film più importanti dello scorso decennio, vista la sua capacità di far arrivare al grande pubblico, il dramma del continente africano, depredato sistematicamente dall'Occidente per le sue risorse. I diamanti insanguinati dell'Africa, la tragedia di un paese e di un popolo sottoposto a violenze ributtanti nel silenzio del mondo, rivivevano nel film di Edward Zwick, dove Leonardo DiCaprio era chiamato ad interpretare l'apparentemente cinico e spietato mercenario Danny Archer. Jennifer Connelly in Blood Diamond interpretò un personaggio molto diverso: Maddy Bowen, una giornalista forte, determinata, decisa a far conoscere al mondo il coinvolgimento delle multinazionali occidentali nel disastro africano. Un disastro che riviveva nel dramma familiare del pescatore Solomon (Djimon Hounsou), del figlio costretto a diventare bambino soldato, di un diamente gigantesco che attirava ogni sorta di predatori. La Connelly rese il suo personaggio animato da una profonda rabbia, astuta e manipolatrice magari, ma coerente, un'idealista forse disincantata ma di certo non rassegnata a lasciare le cose come stavano. In tutto e per tutto, un simbolo di ciò che dovrebbe essere una vera giornalista.