Raramente capita di dover trascrivere interviste a chi non c'è più. A qualche settimana dall'uscita nelle sale di Star Trek Beyond, a molti giornalisti è (purtroppo) spettato questo compito. Il 19 giugno è infatti venuto a mancare Anton Yelchin, l'attore ventisettenne di origine russa che nel terzo capitolo della nuova saga interpreta Chekov. Nel suo caso l'età è solo un'indicazione fuorviante. Yelchin non era una giovane promessa. Dal suo primo film, all'età di 11 anni, il giovane interprete aveva lavorato con alcune tra le più grandi star del cinema mondiale, da Anthony Hopkins a Robert Downey Jr., barcamenandosi tra il meglio dell'industria indie e le grandi produzioni con una versatilità fuori dal comune.
Da Alpha Dog a Charlie Bartlett, da Like Crazy a Solo gli amanti sopravvivono, passando per Into Darkness - Star Trek e Fright Night - il vampiro della porta accanto, Anton Yelchin si era fatto conoscere e apprezzare per il coraggio della sperimentazione e un'immagine ben lontana dai classici stereotipi del bellimbusto hollywoodiano, più vicina agli anti-eroi degli anni Settanta che ai supereroi dell'universo Marvel.
Al suo volto angelico che non aveva allontanato poi molto le sue sembianze da quelle del piccolo Bobby di Cuori in Atlantide facevano da contraltare lo straordinario senso dell'umorismo e una cultura cinematografica che non è mai lecito aspettarsi da chi fa il suo stesso mestiere. "Ho sempre pensato di dover portare la barba per apparire un po' più adulto", ci ha confidato ridendo.
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Ad ogni parola, ad ogni sorriso, Anton Yelchin trasudava passione per il suo lavoro. La nostra conversazione è partita da Green Room, atipico punk thriller diretto da Jeremy Saulnier (Blue Ruin), ennesima avvincente sfida di una carriera entusiasmante. Se la vita avesse avuto in serbo per lui un finale meno sorprendente di un film da lui recitato sarebbe stato lui il regista di se stesso. Di Travis, il thriller con Milla Jovovich che aveva anche sceneggiato, non c'è stato invece tempo di parlare...
L'incursione nell'horror
In Green Room fai parte di una band punk che viene assalita da un gruppo di skinhead. Immagino non ti sia mai capitato nulla del genere...
Ovviamente non mi è capitato nulla di tutto ciò ma ho avuto una band anche io e ci siamo esibiti in tanti show di merda. Il nostro pubblico era quasi sempre composto da circa sei persone! Abbiamo suonato insieme per due anni ma non posso dire che prendessimo la cosa seriamente. I momenti più emozionanti erano quelli di condivisione, quando la tensione scompariva e c'era solo tempo per lasciarsi andare.
Le scelte professionali che hai fatto finora fanno pensare che tu sia un amante dei film di genere. Sbaglio?
Siamo tutti consapevoli che dobbiamo costantemente confrontarci con l'ignoto, che può farci ridere nervosamente, divertirci o inquietarci. Credo che sia da quelle sensazioni che debba nascere il cinema di genere. Girare Green Room, ad esempio, è stato triste, l'atmosfera sul set era sconvolgente, c'erano colleghi in lacrime. Ma quando poi l'ho visto in sala con il pubblico ho visto persone sganasciarsi dalle risate, ed ero io il primo a ridere insieme a loro. È lì che sta la potenza del cinema. Adoro la discrepanza che esiste la creazione e la visione.
Star Trek: sul set tra segreti e risate
Com'è stato lavorare con Patrick Stewart in un ruolo diverso rispetto a quello in Star Trek?
C'eravamo già incontrati prima ma non credo che se ne ricordasse. Nonostante ciò ha fatto finta che mi conoscesse con la grande eleganza ed educazione che lo contraddistinguono. So che può sembrare stano ma al primo incontro non abbiamo parlato di Star Trek ma di letteratura russa. È una persona adorabile, gentile e simpatica, ma in generale ho limitato le conversazioni sul set perché volevo rimanere il più concentrato possibile.
Ci spieghi cosa si prova a far parte di un franchise del livello di Star Trek?
È una sensazione grandiosa anche se la produzione non fa che tenerti all'oscuro di tutto. Per uno come me che è abituato a leggere la sceneggiatura, informarsi e prepararsi meticolosamente mesi prima è quasi destabilizzante. Ma il team è costituito da persone così divertenti da rendere l'esperienza esilarante.
Come ti sei sentito leggendo la notizia della morte di Leonard Nimoy?
Triste come tutti. A parte l'impatto culturale che ha avuto sull'immaginario collettivo era una persona piena di talento che, nonostante la popolarità, era riuscito a mantenere un tale candore da sbalordire chiunque lo incontrasse. Ho avuto questa fortuna solo un paio di volte.
Mentori d'eccellenza
Hai lavorato con alcuni tra i maggiori interpreti di Hollywood e con registi iconici come Joe Dante. Quanto sono stati formativi questi incontri?
Amando così tanto il cinema è sempre una gioia confrontarmi con i registi più visionari. Mi fido dell'immaginario che creeranno. Sogno di far parte del mondo di ogni regista che amo. Il modo migliore di apprendere e fare esperienza non è ricevere consigli diretti ma dialogare e osservandoli sul set, l'unico luogo dove sono capaci di comunicare tutta la loro grandezza.
Quali sono i primi film di cui ti sei innamorato?
Quando ho cominciato a recitare i miei genitori mi incoraggiavano a guardarne molti. Quelli di Federico Fellini sono stati fondamentali, poi Un uomo da marciapiede. Quando a tredici anni ho visto Taxi Driver non ho capito più niente. L'ho rivisto talmente tante volte che credo di poter dire che sia il mio film preferito insieme al remake di Cape Fear - Il promontorio della paura.
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L'amore, la violenza e la vita quotidiana
Tutti film terrificanti, come molti dei film in cui hai recitato. In Like Crazy e 5 to 7 ci hai svelato il tuo lato più romantico...
Sì, non amo pormi dei limiti. Raramente mi propongono dei ruoli che potrebbero mettermi a disagio, neanche se particolarmente violenti. Ci sono cose che creano più deliri della violenza al cinema. L'unica cosa che non sopporto sono le storie strappalacrime.
Negli ultimi anni hai tenuto dei ritmi di lavoro davvero impressionanti. Giri un film dopo l'altro?
Mi piace tenermi impegnato ma non riesco a girare un film dopo l'altro perché ho bisogno di tempo e spazio per prepararmi al progetto successivo. Di sicuro non sto mai fermo!
E nel tempo libero?
Mi dedico alla musica e alla scrittura. Ho contribuito alla realizzazione di alcuni corti di un mio amico a Los Angeles. Leggo moltissimo e mi imbuco nei festival per vedere più film possibile.
Hai tempo anche per il binge-watching?
Non guardo mai le serie tv perché ci sono talmente tanti film che voglio vedere che se mi impegnassi a seguire uno show non avrei più il tempo di farlo.
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Ci confermi anche l'interesse per la regia?
Sì, assolutamente. Sono al lavoro sul primo film. È un mio grande desiderio.