Se pensiamo a Zach Braff, la prima immagine che viene alla mente è quella del giovane medico in Scrubs, vessato da colui che però è anche il suo mentore. Invece questo bravo ragazzo di South Orange ha al suo attivo tre lungometraggi e il suo esordio dietro la macchina da presa era quell'interessante esperimento che rispondeva al titolo La mia vita a Garden State. Braff è uno che la realtà la osserva, la analizza, e poi la restituisce dopo averla passata tra i filtri della commedia hollywoodiana. Ma non per questo i suoi racconti perdono di spessore. Decisamente il retrogusto del film indipendente resta dopo aver usufruito del suo nuovo film. Certo la fama gli consente di avere un cast di assi, e l'aver sperimentato il meccanismo produttivo di una serie televisiva dal successo planetario gli rende più semplice la comprensione del meccanismo. Ma è la genuinità a caratterizzare Insospettabili sospetti.
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Tre vecchie volpi
Una riflessione di denuncia sta alla base di questo film. Tre uomini onesti che nella vita hanno lavorato sodo o inseguito un sogno. L'America non è un paese per vecchi, non si prende più cura della sua gente, e il motivo per cui l'azienda per la quale i nostri eroi hanno lavorato per una vita intera non darà più loro la pensione fa pensare che la storia voglia prendere una piega politica, che voglia far capire perché la gente è stufa. E sicuramente lo fa, ma prima di assumere posizioni trumpiste, uno dei nostri chiama il tizio senza scrupoli "Donald". A scanso di equivoci. Certo, è dalla gente comune che nasce il racconto di come Willie, Joe e Albert si siano ripresi in mano le loro vite, proprio quando sembrava troppo tardi. È dal malcontento generale, con una vena polemica divertente, ma assolutamente dolceamara. Quella che descrive come le banche si prendano tutto, come gli imprenditori siano senza scrupoli e di come sia diventato impossibile vivere onestamente e dignitosamente allo stesso tempo. Ed ecco che allora le nostre tre vecchie volpi si imbarcano nell'impresa più assurda che potessero pensare: svaligiare la loro stessa banca. Solo per prendersi ciò che spetta loro: l'ammontare complessivo delle loro pensioni. Il resto sarà dato in beneficienza, perché loro sono furbi, ma non disonesti.
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Un tris di re, con qualche sorpresa
È delizioso vedere tre pezzi da 90 come Michael Caine, Morgan Freeman e Alan Arkin nei panni di tre vecchietti pieni di acciacchi, lenti nei movimenti e sempre uniti. Tre premi Oscar che si riuniscono al circolo bocciofilo (un vero toccasana per la mente e il corpo, dovrebbero riaprirne di più anche da noi), che mangiano nei peggiori diners e che hanno perso la speranza in una vita diversa. Tre interpretazioni una meglio dell'altra, in ruoli tutt'altro che semplici. Accanto a loro, in parti minori, due autentiche leggende: Christopher Lloyd e la ex sex symbol Ann-Margret, ancora bellissima e ironica sulla sua avvenenza.
E poi Matt Dillon, nei grigi panni del tutore dell'ordine, e la promettente Joey King, alla seconda prova con Zach Braff. Un mazzo di carte vincenti, che mette in piedi quello che è uno dei migliori feeling-good movie della stagione, recitando con leggerezza e insieme assoluta profondità. Un film il cui senso civico è la chiave di lettura più importante, che pone delle domande. Dove sono finiti i nostri valori, quelli che hanno reso grande questo paese? Dove sta andando la famiglia? Con quale dignità dovrebbe vivere un anziano? E soprattutto, cosa bisogna inventarsi per vivere, oggi? Domande che stanno benissimo in una Brooklin estiva e sempre assolata, alla quale Braff conferisce una bellezza che ricorda i primi film di Woody Allen, ma che potremmo tranquillamente importare qui da noi, nel nostro assolato Belpaese.
Movieplayer.it
3.5/5